È stata una decisione logica quella di Papa Francesco di non incontrare Mike Pompeo, il Segretario di Stato voluto da Trump. Pompeo aveva farneticato sul fatto che il Vaticano avrebbe perso la sua “autorità morale” se avesse deciso di confermare l’accordo tra la Santa Sede e la Cina sulle modalità di nomina dei vescovi. Si tratta di più di un’ingerenza, del tentativo di arruolare la Chiesa nel fronte della guerra. Durante il suo Pontificato, Francesco ha difeso con grande vigore il multilateralismo e il dialogo. L’approccio di Trump nei confronti della Cina va, al contrario, verso una nuova guerra fredda di cui il mondo, soprattutto oggi, alle prese della pandemia, non ha alcun bisogno.
Il Papa ha dimostrato fortemente la propria autorità morale, che certo non può essere messa in discussione da chi fa parte di un’amministrazione che dice di voler separare le madri dai propri figli al confine degli Stati Uniti o impiega continuamente una retorica razzista e suprematista nei confronti degli afroamericani e di qualsiasi minoranza, arrivando a giustificare le violenze della polizia nei loro confronti.
La politica di Pompeo e Trump è contraria all’etica cristiana. Abbiamo visto l’utilizzo indiscriminato di bombe o droni, contro chi non si può difendere. Abbiamo assistito, in questi anni, all’imposizione di sanzioni e blocchi criminali, che hanno privato uomini, donne e bambini di cibo, medicinali e cure di base.
La domanda che retoricamente sarebbe da porre a Pompeo è piuttosto un’altra: quale autorità morale avrebbe avuto il Papa se avesse deciso al contrario di incontrarlo? Papa Francesco ha caratterizzato il suo magistero denunciando la società dello scarto. Pompeo è il numero due di un’amministrazione che impone le più spietate forme di darwinismo sociale. Francesco ha più volte avvertito contro i rischi del riscaldamento climatico, ponendosi a difesa della Casa Comune. Pompeo fa parte di un’amministrazione che nega questo rischio, arrivando perfino ad uscire dall’accordo di Parigi sul clima.
Papa Francesco ha sempre ammonito contro le iniquità e le diseguaglianze. Oggi gli Stati Uniti sono la società più diseguale del mondo. Chiaramente, il valente popolo nordamericano non ha nessuna colpa. Invero, Trump non ha nemmeno vinto le elezioni. Tuttavia, l’amministrazione di cui Pompeo fa parte ha tagliato le tasse ai ricchissimi, inondando di liquidità Wall Street, che è ai massimi storici durante la pandemia.
Sul virus, poi è noto l’atteggiamento negazionista dell’amministrazione Usa, in questo simile a Bolsonaro. Recentemente il presidente americano ammetteva candidamente di conoscere da tempo la pericolosità del virus nel mentre invitava le persone a non prenderlo sul serio, disdegnando perfino le mascherine. E che dire, poi, degli atteggiamenti sleali? La volontà di requisire presidi sanitari e comprare brevetti? Come avrebbe fatto il Papa a incontrare Pompeo senza perdere la propria autorità morale?
Da decenni gli Stati Uniti tentano di ricattare la Santa Sede. Lo hanno fatto al tempo delle due guerre del Golfo, che Giovanni Paolo II tentò di scongiurare in ogni modo, ed anche dopo l'11 settembre, quando il Papa polacco non voleva gli attacchi in Afghanistan. Ogni volta minacciando – nemmeno tanto velatamente – di varare leggi che potevano addossare alle autorità vaticane le responsabilità civili e penali degli abusi sessuali laddove i vescovi nominati da Roma non erano intervenuti in modo adeguato, cioè sempre o quasi.
Ma quel che più infastidisce la Sede Apostolica è il tentativo subdolo della Casa Bianca di trovare all'interno della Chiesa Cattolica quinte colonne da utilizzare per condizionare il Papa: cardinali di curia come Raymond Leo Burke, episcopati legati alle oligarchie capitalistiche come in Venezuela e, infine, anche la Chiesa sommersa della Cina, capeggiata dal cardinale Zen Ze Kiun che in questi giorni, opportunamente, Papa Francesco ha preferito non ricevere.
Sì perché la Chiesa – anche in Cina – non deve cercare lo status di perseguitata ma il modo migliore di incarnare il Vangelo in un determinato contesto, mettendosi al servizio del popolo che è chiamata a servire. Che, a ben vedere, è precisamente lo scopo per il quale Papa Francesco e il suo segretario di Stato Pietro Parolin hanno stipulato l'accordo con Pechino che ora verrà rinnovato.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento