Oggi Il Messaggero pubblica un’editoriale a firma di Alessandro Campi in cui svela lo scontro Usa-Cina in Italia, non solo per la vicenda del 5G – la tecnologia Huawei è più avanzata e meno costosa dei potenziali concorrenti Usa e Ue – ma anche per i porti italiani.
In particolare sembra che la Cina sia interessata ai porti del Mezzogiorno. La notizia non stupisce. Già nel 1997 i cinesi volevano rilevare la piattaforma logistica di Taranto, ma furono fermati. Non si arresero fino a quando, dato l’ostracismo italiano a guida statunitense (una parte del porto di Taranto è base militare Nato), non ripiegarono sul Pireo, che in pochi anni è diventato uno dei principali porti europei.
Ora tornano alla carica e la visita di Mike Pompeo serve ancora a bloccarli. Oggi la piattaforma logistica di Trieste passerà, in maggioranza assoluta, al Porto di Amburgo.
Come si può vedere, insomma, l’Italia è da decenni mira di conquiste estere (occidentali) all’unico scopo di frenare l’avanzata cinese nel Mediterraneo, che dovrebbe diventare, dopo 5 secoli, il nuovo fulcro dei commerci marittimi mondiali.
Negli anni '90, il mega hub di Gioia Tauro passò ai tedeschi per una sola ragione: non farlo decollare e favorire così il “Northern Range” (i porti di Rotterdam, Amburgo e Brema), che hanno fatto per secoli la fortuna dei paesi del nord Europa con la rotta atlantica.
Lo sviluppo travolgente dell’Asia, unito al raddoppio del Canale di Suez, sposta però l’epicentro del commercio mondiale nel Mediterraneo, con l’Italia al centro.
L’acquisizione di Trieste da parte dei tedeschi ha dunque la stessa finalità di Gioia Tauro, non farlo decollare. Va ricordato che il porto calabrese, dopo decenni di diatribe, è passato alla MSC di D‘Aponte, macroniano, ultras Usa e ferocemente anticinese. Con questo gli americani hanno provato a bloccare l’avanzata della Cina nel Tirreno. Rimangono Palermo, Augusta e Taranto, oltre che Napoli.
È una guerra. L’interesse cinese, che viene fatto passare per militare con la paranoia del 5G, ha uno scopo soprattutto economico. È notorio che i cinesi, prima ancora della firma del Memorandum con l’Italia, vogliano sviluppare il Mezzogiorno, vera piattaforma protesa verso l’Asia, assieme al Maghreb, Israele, Turchia, Grecia ed Egitto.
Non negano che hanno intenzione di spostare il 15% del loro apparato manifatturiero in Asia e nel Mediterraneo. Altresì è noto che nei prossimi decenni la rotta Europa-Asia esploderà e il Mezzogiorno ne è il centro.
Da qui le battaglie, volte chi a depotenziare i porti italiani, come i tedeschi, chi, come gli americani, allo scopo di mettere caselle per frenare i cinesi, entrambi senza una benché minima idea di sviluppo (non gli importa). E i cinesi, che hanno uno scenario globale di commercio internazionale.
I giornali e le tv sparano paranoie sui cinesi con i porti italiani, ma questi ultimi, intanto, sono acquisiti da altri, intenzionati però a bloccarne il decollo.
Media tafazziani.
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