Con la puntualità di una bomba a orologeria è giunto il rapporto della missione d’inchiesta sul Venezuela, nominata nove mesi fa dal presidente del Consiglio dei diritti umani. La prima cosa da notare è che, sebbene i media si sforzino di presentare tale rapporto come espressione delle Nazioni Unite tout-court, si tratta in realtà del parto di uno specifico e limitato gruppo di lavoro, composto da tre individui che, a quanto pare, non hanno mai messo piede su territorio venezuelano e si sono limitati a qualche testimonianza de relato, raccolta per giunta in buona parte su di un apposito sito web, studiato apposta per garantire l’anonimato dei testimoni.
I tre non sembrano essere personalità di grande spessore o celebrità, né sembra essi possano vantare grandi meriti in materia di diritti umani. Una, Marta Valiñas, è un’oscura giovane praticante portoghese. Il secondo, Paul Seils, è stato direttore dell’Istituto per la giustizia transizionale e di lui si conosce un recente articolo sulla Colombia, sorprendentemente focalizzato sui “crimini” delle FARC, proprio nel momento in cui la giustizia colombiana ha arrestato l’ex presidente Uribe per il suo ruolo nella promozione dei crimini dei paramilitari e settori della destra militare, paramilitare e civile di quel Paese che sono impegnati per neutralizzare ogni possibile ruolo positivo delle Nazioni Unite nella soluzione del conflitto, giungendo fino al punto di assassinare un funzionario onesto come Mario Paciolla.
Forse il più noto è il terzo componente del gruppo, tale Francisco Cox Vial, avvocato cileno, noto per la sua difesa d’ufficio del governo Piñera, in procinto a sua volta di essere denunciato alla Corte penale internazionale per le sanguinose repressioni dei moti sociali e politici dell’autunno scorso.
Cox, inoltre è stato socio d’affari dell’ex Sottosegretario alla Giustizia di Piñera, Juan Ignacio Piña, il quale in una recente intervista ha difeso a spada tratta la repressione delle manifestazioni cilene, sostenendo che “non vi deve essere dicotomia tra difesa dell’ordine pubblico e difesa dei diritti umani”. Come si vede proprio dei campioni dei diritti umani.
Il rapporto di cui si parla, del resto, è, a quanto se ne può giudicare dalla sintesi pubblicata dall’Alto Commissariato dei diritti umani delle Nazioni Unite, proprio ben poca cosa. Esso intende fare riferimento a un periodo di oltre sei anni, dal 2014 ad oggi, mettendo insieme impropriamente operazioni contro la criminalità e il terrorismo e la presunta repressione del dissenso. Sebbene la sintesi del rapporto si concluda con un appello alla Corte penale internazionale affinché intervenga contro il governo Maduro, la fragilità delle accuse è confermata dal fatto che, ad oggi, tale Corte è impegnata soprattutto a investigare sui crimini contro l’umanità commessi contro il popolo venezuelano dagli autori delle sanzioni disumane che lo stanno affliggendo, primo fra tutti il governo Trump.
L’elemento da sottolineare con grande nettezza è tuttavia che la carta delle Nazioni Unite viene giocata oggi spregiudicatamente dai nemici del Venezuela e della pace, proprio nel momento in cui sta avendo successo la strategia del governo Maduro per giungere a una pacificazione definitiva del Paese che sarà sancita dalla partecipazione dei settori maggioritari dell’opposizione alle prossime elezioni in programma per il 6 dicembre.
C’è tutto uno schieramento di cui fanno parte personaggi come l’oramai totalmente screditato Segretario dell’OSA Almagro che ha puntato tutto sulla sconfitta di Maduro. Di fronte al fallimento del pagliaccio Guaidò, isolato e abbandonato anche dai suoi più stretti sodali, il fronte internazionale contrario al chavismo e al popolo del Venezuela rilancia proprio sul terreno delle Nazioni Unite.
Un esito paradossale, per un’Organizzazione nata per promuovere la pace e i diritti umani, ma il cui logo viene oggi strumentalizzato dai nemici dell’una e degli altri, mentre sinistramente il Segretario di Stato statunitense Pompeo continua a minacciare l’invasione e la guerra aperta, tentando di mobilitare gli stanchi e svogliati alleati brasiliani e colombiani, che di gatte da pelare ne hanno già moltissime. Che Trump voglia servire ai suoi potenziali elettori, oggi per molti versi sconcertati, una bella invasione di quello che fu un tempo il cortile di casa di Washington? Può darsi, ma le Nazioni Unite che c’entrano con gli Stati Uniti?
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