di Michele Giorgio – il Manifesto
Invitati, con ogni probabilità, dall’Autorità Nazionale a non calcare la mano, i tre giornali dei Territori occupati – Al Quds, Al Ayyam, Al Hayat Al Jadida –
ieri titolavano con moderazione sulla batosta subita mercoledì dalla
causa palestinese alla riunione dei ministri degli esteri della Lega
araba. Più che la clamorosa bocciatura della risoluzione di
condanna della normalizzazione dei rapporti tra Emirati arabi e Israele
avanzata dal ministro degli esteri dell’Anp Riad al Malki, i tre
quotidiani hanno scelto di evidenziare i pochi aspetti positivi di una
giornata che avrà riflessi importanti: il no dalla Lega araba
ai piani di annessione a Israele di porzioni di Cisgiordania e
l’appoggio confermato dal consesso arabo al piano saudita del 2002 che
condiziona la normalizzazione con Israele al suo ritiro dai territori
arabi e palestinesi che occupa dal 1967. Ma non è bastato per nascondere
sotto al tappeto quanto è accaduto mercoledì, peraltro ampiamente commentato e condannato dai cittadini palestinesi sui social.
I retroscena emersi sulle fasi che hanno preceduto il meeting dei ministri degli esteri della Lega, parlano di scontro
aperto tra i palestinesi e alcuni dei paesi del Consiglio di
cooperazione del Golfo (Ccg) che riunisce le sei petromonarchie sunnite. «L’Oman e il Bahrain hanno stretto i ranghi con gli Emirati e hanno fatto forti pressioni su Riad al Malki, sono volate parole grosse. Anche
loro intendono normalizzare al più presto le relazioni con Israele e
vedono come un ostacolo i diritti dei palestinesi e l’iniziativa saudita
del 2002», ci spiegava ieri un giornalista palestinese con
buoni contatti ai vertici dell’Anp. Circostanze confermate
indirettamente dallo stesso Al Malki.
«Siamo rimasti sorpresi che un Paese arabo si sia opposto alla nostra
richiesta. Lo Stato di Palestina si è spinto troppo oltre nel chiedere
di tenere una riunione di emergenza? Ha attraversato le linee rosse?»,
ha dichiarato il ministro degli esteri palestinese riferendosi con ogni
probabilità al Bahrain più volte indicato nelle scorse settimane come il più disposto a seguire le orme degli Emirati. L’8 settembre il giornale Al Quds Al Arabi –
di proprietà del Qatar da anni in rotta di collisione con l’Arabia Saudita e gli Emirati – aveva scritto di una «guerra nascosta» ai
palestinesi scatenata dalle parti che «cercavano di salire sul carro
degli Emirati». Il Segretario generale del Ccg, Nayef al-Hajraf,
avrebbe usato parole di fuoco intimando ai palestinesi di scusarsi con
le monarchie del Golfo pronte a normalizzare le relazioni con Israele.
Indiscrezioni e rivelazioni a parte, quanto è accaduto mercoledì – a pochi giorni dal 15 settembre in cui alla Casa Bianca Israele ed Emirati firmeranno l’accordo di pace – è
la rappresentazione corretta di quel mondo arabo diviso di cui ha
spesso parlato con palese soddisfazione il premier israeliano Netanyahu
annunciando la normalizzazione in tempi stretti dei rapporti con alcuni
Stati del Medio oriente. Più di tutto completa l’isolamento dei palestinesi
che non riescono più a tenere compatti gli arabi dietro il principio
della pace in cambio del ritiro israeliano dai territori occupati.
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