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16/09/2020

“Lo smacco di Cina e Cuba all’occidente è il fantasma che non vogliono vedere”

In una intervista a Mauro Casadio della Rete dei Comunisti si accenna alla crisi sistemica del capitale alla luce della pandemia di coronavirus. Un prima e un dopo che fa registrare ancora uno “stallo” tra gli imperialismi in competizione, ma riapre lo spazio per una ipotesi di cambiamento politico e sociale radicale. Su questo spazio i comunisti possono lavorare efficacemente.

DOMANDA: L’autunno che si approssima sarà un arco temporale complicato e complesso. Una condizione nuova ed inedita in Italia e non solo. La persistenza della crisi pandemica Covid, gli effetti materiali della crisi che inizieranno a palesarsi al di là degli interventi/tampone da parte degli stati e l’accentuata ripresa dei fattori della competizione globale tra le potenze stanno caratterizzando questo periodo. Nel contempo, però, emergono, con più nettezza, le storture, l’irrazionalità e i limiti del modello di sviluppo capitalistico. Quanto può giovarsi, seppur in tendenza, la necessità della rottura di questi rapporti sociali – la prospettiva Socialista – con la congiuntura storica e politica attuale?

RISPOSTA: Da tempo parliamo di crisi sistemica del Modo di Produzione Capitalista e quello che si sta palesando è appunto il carattere di questa crisi. La sconfitta di fine XX secolo non è rimasta senza conseguenze nemmeno per il capitale, che certamente ha usufruito dei margini di crescita quantitativi verificatisi a livello mondiale con il crollo dell’URSS e l’apertura del mercato cinese, ma la tendenza a crescere del capitalismo, oggi sta riproponendo quei limiti che si volevano responsabilità dei comunisti e che invece sono profondamente strutturali del presente modo di produzione.

L’odio del nostro nemico di classe si è accanito in questo ultimo trentennio non solo verso lo sfruttamento, qui ed ora, della forza lavoro, ma anche contro le conquiste sociali che il movimento operaio ha strappato con le lotte internazionali nel ‘900. Non è certo un caso che la crisi parta dalla distruzione dello stato sociale, sanità ma anche scuola e trasporti, insomma laddove il capitale ha ricavato profitti indicibili. Se è questa la realtà non è difficile prevedere che la necessità del cambiamento, della rivoluzione, sarà sempre più impellente e non necessariamente a partire dai paesi imperialisti, in quanto la globalizzazione ha costruito legami produttivi e finanziari difficili da recidere.

DOMANDA: La Rete dei Comunisti nell’analizzare la dinamica dello scontro inter/imperialistico ha, recentemente, utilizzato la categoria dello stallo per evidenziare l’attuale qualità degli indici di confronto (finanziari, economici e militari) tra i vari poli imperialistici. Uno stallo che – come ben chiarito nel Convegno dello scorso autunno a cui rimandiamo per un approfondimento – non significa che le contraddizioni non continuino a crescere e stressare la situazione generale continuando ad incubare ed accumulare materia sociale. Sulla base di tale situazione internazionale e delle accelerazioni che la Pandemia globale sta provocando come ritieni possa essere interpretato il nesso dialettico tra stallo e oggettiva politicizzazione di tutto l’arco delle contraddizioni che potentemente si alimentano in tale contesto?

RISPOSTA: Come è storicamente verificabile il capitale ha il merito storico di sviluppare al massimo delle sue possibilità le forze produttive rompendo lacci e lacciuoli ed anche i confini degli stati nazionali. Questo processo accelerato negli ultimi trent’anni ha permesso lo sviluppo non solo dei paesi imperialisti ma anche di molti altri soggetti statuali a cominciare dalla Cina. Si è avverata in sostanza quella interdipendenza, auspicata e favorita dal venduto Gorbaciov a fine anni ’80, che però ora sta mostrando i suoi frutti avvelenati per i “vincitori”. Questo è accaduto soprattutto sul piano finanziario che ha legato creditori e debitori, le borse a livello mondiale e i fondi finanziari producendo un legame dal quale nessun paese può chiamarsi fuori come ha dimostrato la crisi del 2007.

Ciò è palesemente accaduto anche per l’apparato produttivo interconnesso a livello mondiale, ed è accaduto anche per il settore militare dove lo sviluppo delle forze produttive e delle reti ha permesso l’armamento anche nucleare a paesi che prima non potevano fare questo passo. L’insieme di questi legami sono la corda alla quale l’imperialismo si sta impiccando per l’affermazione di una condizione vincolante per tutti.

Questa è lo stallo, cioè l’impossibilità di rompere complessivamente l’equilibrio dei rapporti di forza che oggi esistono a livello mondiale. Tale equilibrio produce la velocizzazione delle forme fenomeniche della competizione globale comportando instabilità ma non soluzioni. Un altro effetto è la politicizzazione dello scontro tra imperialismi e tra le classi. Poiché possibilità positive di crescita generalizzata non se ne vedono, dentro questo scontro vengono coinvolti anche i settori di classe oggi impotenti e condannati a recedere nei propri diritti e condizioni di vita.

DOMANDA: In questi anni la Rete dei Comunisti ha lavorato sistematicamente e con varie modalità d’intervento nei vari fronti della lotta di classe. Sul piano strategico la RdC ha mantenuto vivo il filo rosso di una elaborazione teorica di qualità per sostanziare la vigenza di una riqualificata soggettività comunista organizzata adeguata ai compiti del XXI° Secolo. Sul versante della lotta politica, sociale e sindacale i militanti della RdC hanno dato un contributo allo sviluppo del sindacalismo indipendente e di classe e sul piano della rappresentanza politica degli interessi dei settori popolari contribuiscono alla costruzione di una esperienza politico/sociale in netta discontinuità con il vecchio mondo della “sinistra” sempre più subalterno alle compatibilità capitalistiche. Alla luce, però, delle modificazioni strutturali in atto e di una – oggettiva – accelerazione delle contraddizioni politiche e sociali che posizionamento strategico (ed operativo) di tipo nuovo deve assumere la Rete dei Comunisti per meglio assolvere alla funzione di una moderna Organizzazione comunista in un paese come il nostro?

RISPOSTA: Come formazione politica siamo stati sempre con i piedi per terra, caratteristica che ci ha fatto sedimentare nel tempo forze e organizzazione, velleità antagoniste non ne abbiamo avute ed abbiamo sempre misurato le possibilità con i caratteri, positivi o negativi, del conflitto e dei rapporti di forza tra le classi nel nostro paese nei diversi momenti storici. Sappiamo bene di essere in un polo imperialista, la UE, che ha una forte possibilità di orientamento ed egemonia anche tra i nostri referenti sociali ma, nonostante la marea di miliardi che le banche centrali stanno riversando a livello mondiale, si vede che le storiche contraddizioni dello sviluppo capitalista stanno uscendo dai libri marxisti e si stanno manifestando nella realtà.

Lo smacco che Cuba e la Cina hanno dato all’occidente sulla vicenda del coronavirus è la materializzazione di un fantasma che le classi dirigenti ed i riformisti avrebbero preferito non vedere. Dunque si riaffaccia, e non poteva essere altrimenti, la necessità del cambiamento radicale, ma questo deve far entrare in ballo una nuova variante che è una nuova soggettività politica, adeguata al contesto storico attuale, la quale deve rompere con la storia degenerata della sinistra e deve riqualificare l’obiettivo di come procedere verso il socialismo.

La RdC non si candita certo a guidare un tale processo, conoscendo bene i propri limiti, ma certamente vuole muoversi decisamente in questa direzione lavorando per l’obiettivo strategico dell’accumulo delle forze sociali, politiche e teoriche per contribuire a dare vita ad una soggettività che dovrà essere capace di raccogliere le contraddizioni che l’attuale assetto sociale sta sempre più manifestando.

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