Vivere nel terremoto non è esattamente la condizione normale per chi di mestiere fa il banchiere centrale. Ovvero per chi – per statuto mentale e compito istituzionale – è alla ricerca della “stabilità”. Dei prezzi, ossia di tutto (non vedono altro, in linea di principio).
Ma questi sono tempi di terremoti frequenti, lunghi, di magnitudine mai vista. E solo i ciechi non si sono accorti che da anni questi presunti “onniscienti” stanno camminando in territorio sconosciuto, prendendo di fatto decisioni che sconsiglierebbero ad altri.
E naturalmente questo modo di procedere facilita l’emersione di contrasti anche radicali, proprio nel gruppo di decisori che dovrebbe essere monolitico per definizione.
Non si era mai visto – neanche nei momenti di più acuto contrasto tra il governatore della Bundesbak, Jens Weidmann, e il presidente della Bce, Mario Draghi – che arrivassero “soffiate” a una delle principali agenzie specializzate del mondo (Bloomberg) pochi minuti prima della conferenza stampa ufficiale del presidente in carica.
La cosa ha sorpreso anche i più coriacei “europeisti” – come Federico Fubini, vicedirettore del Corriere – rivelando visioni differenti e ambizioni egemoniche teoricamente incompatibili con la retorica comunitaria. Al punto da dover confessare che “i falchi” (Germania, Olanda e gli alti “frugali con i soldi degli altri”) con questa mossa inusuale hanno inteso lanciare un chiaro segnale ai mercati, oltre che ai supposti partner: la Bce non si azzardi a seguire la linea adottata dalla Federal Reserve.
Una linea che in molti dell’establishment continuano a minimizzare come una “modesta novità”, a che rappresenta invece una rottura netta con 40 anni di monetarismo neoliberista: il tasso di inflazione al 2% annuo non è più l’obbiettivo fisso su cui manovrare la politica monetaria.
In pratica, la Fed ha dichiarato esplicitamente che per diversi anni lascerà i tassi di interesse a zero, anche se il tasso di inflazione dovesse salire sopra il vecchio limite, perché quel 2% sarà calcolato su una media mobile di diversi anni (senza neanche dire quanti).
Insomma: denaro a costo zero, a lungo, perché l’obbiettivo principale è far cresce l’occupazione statunitense e quindi prima di tutto l’economia reale di quel paese.
Le conseguenze sono state immediate: il dollaro ha ripreso a svalutarsi, e quindi a rendere più costose le importazioni di merci provenienti da altri paesi. Una mazzata sui denti per quelle macroaree – come l’Unione Europea – che negli ultimi 30 anni hanno fatto carte false e sforzi inauditi di “austerità” per trasformare il “modello sociale europeo” in una macchina votata alle esportazioni basate su bassi salari e diminuzione della spesa pubblica.
Una mazzata sui denti, per la precisione, a chi più di tutti ha voluto questa trasformazione – la Germania – per ridisegnare la divisione europea del lavoro in funzione delle proprie filiere produttive.
In astratto, un’area mercantilista come la Ue dovrebbe rispondere alla mossa della Fed con una mossa identica, fotocopiata. Dall’inizio dell’anno, infatti, il dollaro si è svalutato di quasi il 10%, con una forte accelerazione dopo la svolta della Fed.
Come si fa infatti ad esportare negli Usa (e altrove), specie nel bel mezzo di una crisi spaventosa, con prezzi crescenti a causa di una moneta che si rivaluta?
Peggio ancora: come si fa a inseguire un tasso di inflazione al 2% (obbiettivo anche della Bce) se le importazioni di merci a costo più basso (denominate in dollari) comprimono la dinamica dei prezzi (deflazione)?
Tutto, insomma, congiurerebbe a spingere la Germania a pretendere dalla Bce una politica monetaria ancora più espansiva, non meno.
Ma dio acceca coloro che vuol perdere... così Weidmann e gli altri “frugali” premono sulla debolissima Christine Lagarde perché non faccia proprio questo. Di fatto, preferiscono completare l’opera di distruzione/sussunzione di altre economie continentali, anche a rischio di prolungare all’infinito la crisi attuale. Che riguarda anche la Germania, come dicono tutti i dati...
È la stessa logia imposta/suggerita alla Commissione europea. Il “patto di stabilità”, e le relative misure di “austerità”, dovrebbe secondo i tedeschi essere immediatamente ripristinato non appena l’epidemia di Covid-19 sarà sconfitta. Anche se l’economia europea, a quel punto, sarà ben lontana dai livelli di Pil raggiunti in precedenza.
Con una “direzione politica” siffatta non si va lontano. E, per i paesi euromediterranei (Francia compresa) non c’è speranza.
La follia finale di questo “ordoliberismo triste” è che tanta ferocia nel tentativo di controllare le politiche monetarie e quelle di spesa dei singoli Stati viene esibita nel momento in cui le stesse banche centrali devono fare i conti con una minaccia mai vista al loro potere: le criptomonete di Stato, oltre a quelle “private”.
Tutti i poteri che sentono franare il terreno sotto i piedi reagiscono allo stesso modo...
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