Il problema del precariato è uno dei mali endemici della scuola italiana, che nessun governo ha mai voluto risolvere e le mobilitazioni degli insegnanti precari si succedono con cadenza regolare ormai ogni anno.
Quest’anno la lotta dei precari della scuola per una rapida e doverosa immissione in ruolo trova un sostegno e un consenso rinnovati anche a causa della situazione particolare causata dalla pandemia che impone misure di sicurezza adeguate per la ripresa dell’attività didattica in presenza.
Una realtà testimoniata anche dalla quantità di adesioni – trentacinque – di associazioni e movimenti di carattere non soltanto sindacale alla manifestazione che si è tenuta il 2 settembre a Roma, indetta dal Comitato Nazionale Precari della Scuola.
La situazione è davanti agli occhi di tutti ed è preoccupante, poiché a una decina di giorni dalla riapertura in presenza delle scuole si palesa che si dovrà ricorrere ad almeno 200.000 docenti precari per coprire le necessità di organico delle scuole, senza conteggiare in questa cifra le necessarie riduzioni del numero di allievi per classe imposte dalla pandemia. Inoltre, non si sa quando tali docenti potranno essere nominati, poiché le graduatorie provinciali per le supplenze a cui le scuole dovrebbero attingere, al momento della loro pubblicazione, sono risultate clamorosamente colme di errori nell’attribuzione dei punteggi.
Grottesche le situazioni di un insegnante che si è trovato attribuita un’anzianità di servizio di 52 anni (per la cronaca non li ha nemmeno d’età) e di un altro inserito nelle graduatorie di francese, lingua di cui non conosce una parola. Un pasticcio di non facile soluzione nei pochi giorni disponibili.
Tutto ciò avrebbe potuto essere evitato, poiché circa 70.000 docenti precari hanno almeno tre anni di servizio, hanno maturato una solida esperienza didattica e avrebbero potuto essere immessi in ruolo senza ricorrere al concorso riservato, di cui non si conosce ancora la data, imposto dalla ministra Azzolina dopo nottate di vertici di maggioranza, psicodrammi meritocratici e ventilate crisi di governo.
È evidente però che a tale concorso accederà personale già in servizio, quindi non aumenterà l’organico complessivo delle scuole e nemmeno ciò avverrà con il successivo concorso ordinario di cui nulla è ancora dato conoscere. Giova ricordare, comunque, che i precari con tre anni di servizio avrebbero diritto all’immediata immissione in ruolo anche in seguito alla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 24 novembre 2014, che dichiara illegittima la continua reiterazione di contratti a termine nella pubblica amministrazione.
Una sentenza che, ai tempi della “Buona scuola” obbligò il governo Renzi all’immissione in ruolo dei precari che avevano maturato tale diritto, ma che fu spacciata come un beneficio della suddetta legge.
Mentre si rende evidente che anche l’invenzione delle chiamate rapide non risolverà i problemi d’organico, il capolavoro dell’attuale gestione di viale Trastevere è stata l’invenzione di una nuova tipologia di precari, quelli a gettone, che andranno in cattedra (o nelle segreterie delle scuole se ATA) ma saranno licenziati se si dovrà tornare dalla didattica a distanza. Una figura professionale di incerto inquadramento e di dubbia legittimità legale.
Un capitolo a parte è quello rappresentato dalle cattedre di sostegno. La situazione in questo settore è particolarmente drammatica, fatto testimoniato anche dalla quantità di mancate nomine nello scorso anno scolastico. Non si sa come e con quale personale le scuole potranno sopperire alla mancanza di insegnanti di sostegno. Si conta che saranno circa 80.000 le cattedre occupate da personale supplente con nessuna possibilità di stabilizzazione.
Inoltre, un gran numero di queste cattedre – si calcola il 70% – sarà occupato da docenti non specializzati, a fronte della presenza di quasi 15.000 docenti specializzati che reclamano la loro assunzione in ruolo dopo avere frequentato un duro corso di qualificazione. In questo caso la questione non è solo sindacale, ma anche culturale e pedagogica.
Infatti, è noto che l’inclusione dei disabili nella scuola statale è uno dei punti d’orgoglio del nostro sistema scolastico, che lo distingue positivamente da altri paesi europei, dove esistono ancora classi differenziali e scuole speciali e dove, anche quando esiste, l’istituto del sostegno non ha la stessa qualità ed estensione numerica. Si tratta quindi di un dato pedagogico rilevante che va salvaguardato e non svilito e degradato dall’incuria ministeriale.
La mobilitazione degli insegnanti e delle associazioni che si occupano di scuola è dunque partita e si allargherà nelle prossime settimane e mesi, andando a mettere in discussione tutti i temi che riguardano la scuola anche oltre a quello del precariato. Temi che saranno oggetto del prossimo sciopero indetto dai sindacati di base per il 24 e 25 settembre e della manifestazione del movimento “Priorità alla scuola” del 26.
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