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02/06/2021

Brusca esce dal carcere in base a leggi che tutti hanno votato in Parlamento

Chi oggi sbraita contro le Leggi sui pentiti che hanno portato alla scarcerazione del mafioso Brusca, dopo 25 anni di carcere in quanto “collaboratore di giustizia”, è un imbroglione di prima categoria, che mente alla società sapendo di mentire anche con se stesso.

Negli ultimi trenta anni ci sono state ben tre leggi sui pentiti approvate quasi all’unanimità dai partiti presenti in Parlamento nel 1980, nel 1991 ed infine nel 2001.

La prima è del 3 febbraio 1980, voluta soprattutto dal gen. Dalla Chiesa contro le BR e le altre organizzazione armate della sinistra. Venne inserita dentro al pacchetto di Leggi Speciali che portano il nome dell’allora presidente del consiglio Cossiga. Dovevano essere leggi d’emergenza ed invece sono diventate leggi permanenti.

La seconda è del 15 marzo 1991, voluta soprattutto da magistrati come Falcone che puntava ad estendere la precedente legge sui pentiti “contro il terrorismo” anche alla mafia. Questa legge introdusse la figura del “collaboratore di giustizia”, come Brusca o Buscetta, dunque.

La terza e ultima è quella del 13 febbraio 2001. Ha introdotto la figura del “testimone di giustizia”. Il testo della legge del 2001 andò a riformare l’originaria disciplina risalente al 1991, infatti, ferme restando le riduzioni di pena e l’assegno di mantenimento concesso dallo Stato.

Tra le modifiche introdotte vi è quella secondo cui il pentito non accede immediatamente ai benefici di legge, ma solo dopo che le dichiarazioni vengano verificate come importanti e inedite. Inoltre il “pentito” detenuto deve scontare almeno un quarto della pena.

L’allora procuratore Piero Grasso attaccò la legge, in una intervista al Corriere della Sera del 18/3/2001, perché “troppo morbida”.

Ma il principio fondativo delle tre leggi sui pentiti è identico: lo Stato rinuncia a esercitare la condanna piena – a vita, in genere – in cambio di informazioni che solo quel “pentito” è in grado di fornire e che possono risultare decisive per smantellare l’organizzazione di provenienza. Moralmente un’infamia, ma proprio per questo vecchia come il mondo. Lasciate perdere le stronzate sulla “sincerità del pentimento”. È uno scambio di merci, fatto in una caserma invece che al mercato.

Lo Stato che accetta di fare questo scambio non può poi dolersi di vedere un “verru” tornare libero, perché ha derubricato “la giustizia” a questione di utilità. E ancor meno possono farlo quei partiti e quei media che hanno invocato e poi plaudito a quella soluzione.

Quando vediamo gli esponenti della destra come Meloni e Salvini, ma anche manettari “di sinistra”, starnazzare contro la scarcerazione di Brusca – anche se è vero che nel 1980 erano appena nati o bambini, o che nel 1991 e nel 2001 erano ancora all’inizio della loro carriera politica – è bene rammentare che i loro partiti (MSI/AN per la Meloni e la Lega per Salvini) votarono a favore di quelle leggi. E altrettanto fece il Pds/Pd.

Per documentazione è bene andarsi a leggere le argomentazioni dei commissari della Commissione parlamentare sulla criminalità e la mafia del 2002. Li ci sono gli interventi di esponenti di AN e di Fi come del Pds che avevano sostenuto la legge sui pentiti approvata nel 2001.

In secondo luogo, alcune personalità ed alcuni parenti delle vittime invocano il “no” alla scarcerazione di Brusca motivandolo con il fatto che i pentiti “non hanno detto quello che si vorrebbe sapere sui mandanti delle stragi di mafia”.

Delle due, l’una: se tra questi mandanti, oltre ai boss mafiosi, ci sono anche esponenti dello Stato, difficilmente un “pentito” che si mette nella mani dello Stato per assicurarsi la sopravvivenza può dire qualcosa – se ne è a conoscenza – contro uomini o apparati dello Stato. Significherebbe finire dalla padella alla brace.

In secondo luogo, se si fanno leggi per ottenere la collaborazione dei pentiti, alla fine o rispetti i patti – per quanto orrendi e riprovevoli essi siano – o di pentiti disposti a collaborare non ne trovi più.

E quando hai da smantellare strutture in crescita e ramificate come la n’drangheta o la mafia, ormai perfettamente inserita nel business legale dopo la trattativa Stato-mafia del 1993, se non arrivano “voci dall’interno” le indagini non vanno lontano.

Dunque chi strepita così tanto contro la “legge sui pentiti”, prima benedetta perché “indispensabile”, fa sorgere il legittimo sospetto che, in nome delle “condanne ostative”, se ne intenda chiedere quanto prima l’abolizione. Proprio uno dei punti che la mafia aveva inserito nella “trattativa”, e non certo in nome dell’orrore che una legge del genere dovrebbe suscitare in uno Stato di diritto.

Non sarebbe del resto la prima volta che dietro la bandiera della forca si nascondono, perfettamente a loro agio, i beneficiari del “voto di scambio”...

Resta infine la sfera morale. Rimettere in giro uno che – tra l’altro – ha sciolto un ragazzino nell’acido è moralmente impossibile da accettare. Ma a questo punto la cosa non dipende dalla giustizia dei tribunali. Per alcuni c’è quella divina, per altri quella della coscienza umana.

Entrambe non sono di competenza dello Stato.

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