Ad un mese dall’inizio delle proteste in Colombia le repressioni da parte delle forze dell’ordine contro i manifestanti non cessano. Il Presidente della Repubblica Ivan Duque ha deciso di schierare l’esercito per tentare di mettere fine alle manifestazioni nella città di Cali.
Venerdì il Presidente della Repubblica colombiana in visita nella città di Cali, nel dipartimento della Valle del Cauca, ha dichiarato di voler schierare l’esercito per fermare le manifestazioni in questa città.
Cali è diventata il centro delle proteste che dal 28 aprile si susseguono senza sosta nel paese sud americano e per questo Ivan Duque ha deciso di schierarvi l’esercito. Con questa decisione, secondo quanto da lui affermato, le forze dell’ordine verranno triplicate.
Intanto nella notte tra venerdì e sabato a Cali sono state uccise due persone e ferite almeno una ventina. Oltre alle classiche forze dell’ordine ovvero la polizia e la squadra mobile anti-sommossa, ESMAD, adesso anche “civili” hanno iniziato a dare manforte agli agenti.
Infatti molte testimonianze riportano che persone in abiti civili e dotate di armi da fuoco hanno iniziato a sparare contro i punti di blocco creati dai manifestanti per le strade. La parte sud di Cali è stato l’epicentro degli scontri avvenuti la scorsa notte.
La decisione di Duque di schierare l’esercito avviene dopo che il Senato con un ampia maggioranza aveva respinto la mozione di censura contro il Ministro della Difesa Diego Molano, votata un paio di giorni fa. Con questa votazione il Senato aveva fatto quadrato attorno all’operato del Ministro autorizzando di fatto l’uso della mano dura contro i manifestanti ed autorizzando quindi il Presidente a prendere qualunque provvedimento ritenesse necessario compreso lo schieramento dell’esercito.
Per tentare di fermare la violenza, dato che la comunità internazionale, a parte degli scarni comunicati, non prende alcun provvedimento, è stata redatta una lettera firmata da pensatori, donne, leader sociali, sindaci, consiglieri, deputati e leader politici nella quale si condanna l’uso indiscriminato della forza per sedare le manifestazioni.
Nel testo si legge che questa pratica è un “brutale giro di vite contro i manifestanti e una palese violazioni dei diritti umani del popolo colombiano, che si sta mobilitando in tutto il paese contro le misure economiche, sociali e politiche del governo di Ivan Duque”.
Gli oltre cento firmatari della lettera, di diversi paesi delle Americhe e dell’Europa, hanno espresso nel loro documento la convinzione che la politica estera statunitense nei confronti della Colombia “si traduce in un clima di maggiore violenza”.
I firmatari della dichiarazione ritengono “che la militarizzazione della Colombia contribuisca solo ad aggravare la situazione di violenza che il Paese già vive”. Chiedono inoltre che vengano condotte indagini che portino alla scoperta della verità e che puniscano i responsabili delle violenze.
Tra i firmatari figurano, tra gli altri, Enrique Dussell (Argentina), Iñaki Gil De San Vicente (Euskadi), Nestor Kohan (Argentina), Fernando Buen Abad (Messico), Ramón Grosfoguel (Porto Rico).
Ad oggi, organizzazioni per i diritti umani come Temblores, registrano in Colombia, 3.405 violenze della polizia, 59 vittime, 47 persone con ferite agli occhi e 22 casi di violenza sessuale da parte della forza pubblica. Ma i dati sono sottostimati, secondo gli stessi manifestanti sarebbero almeno una cinquantina le persone uccise durante le manifestazioni.
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