È una pura illusione l’idea che la strage provocata in Lombardia dalla dismissione dei servizi sanitari pubblici e dall’affidamento ai privati di prestazioni fondamentali possa avere insegnato qualcosa alla coppia Fontana-Moratti.
Infatti, il 26 maggio la giunta regionale lombarda ha approvato il piano per la sanità privata 2021, un vero regalo ai grandi gruppi del settore e una campana a morte per il servizio sanitario pubblico.
Il finanziamento previsto, per ricoveri e visite ambulatoriali presso strutture private aumenta enormemente sino a 7,5 miliardi ed è la cifra più alta mai stanziata. Per poter fare un confronto con il passato, si consideri che nel 2019 il finanziamento fu di 2 miliardi.
Questo ulteriore spostamento di fondi verso il privato significa, per converso, tagli ai piccoli ospedali e alle strutture territoriali pubbliche. Molti reparti di ospedali pubblici chiusi a causa della pandemia, quindi, non riapriranno oppure, in altri casi, lo faranno, ma saranno dati in affitto ai privati, come per esempio è già accaduto a Passirana, nella città metropolitana di Milano. I privati appalteranno quindi pezzi di pubblico a loro esclusivo vantaggio.
Dei finanziamenti resi disponibili per i privati, circa 3 miliardi riguardano tra l’altro servizi socio-assistenziali sul territorio, vale a dire attività che dovrebbero per definizione essere pubbliche, ma che in Lombardia sono già preda dei privati.
Non dimentichiamo che le strutture private hanno già lucrato offrendo servizi – il più delle volte a tariffe molto salate – come i tamponi o i pacchetti per le cure domiciliari del Covid che erano introvabili nel disastrato settore pubblico.
Questa è la lettura che Fontana e Moratti propongono della “Case della comunità” previste dal PNRR.
In Lombardia si prefigura così una sanità in cui sempre più i cittadini saranno costretti a rivolgersi ai privati, in genere meno efficienti e più costosi di almeno il 20% rispetto a quelli pubblici. Ma soprattutto interessati al loro profitto e non alla salute pubblica.
Gravissima anche l’impostazione della bozza di revisione della legge 23/2015, vera pietra miliare della privatizzazione della sanità lombarda, che ha terminato la sua sperimentazione e che deve essere aggiornata.
In tale bozza non c’è traccia di servizi di medicina del lavoro e si giunge persino a ipotizzare l’istituzione di un welfare aziendale convenzionato con la Regione. Di fatto, la cancellazione del Sistema Sanitario Nazionale e il ritorno al vecchio sistema delle mutue, con un salto indietro di una cinquantina d’anni.
Rispetto alla legge 23/2015 il governo Conte aveva espresso alcune osservazioni critiche assolutamente insufficienti, che non affrontavano il tema principale, cioè la commistione di pubblico e privato e la presenza del privato nelle strutture pubbliche.
Ora, il governo Draghi addirittura tace completamente e il ministro Speranza, formalmente il più “a sinistra” nel governo, non si discosta da questo atteggiamento.
Spetterà, come sempre, ai movimenti per la salute dare una risposta netta e decisa ai piani di Fontana e Moratti.
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