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11/09/2021

Dite il suo nome: è la Terra

di Massimo Zucchetti
Questa mattina ho scattato la foto che vedete in questo pezzo: sole un po’ ipertrofico, colori strani ma molto belli, calorino favoloso per metà settembre. Ah, la Terra!

Questo è il piccolo pianeta dove ha avuto origine la nostra specie, dove ha avuto origine la vita, e si è evoluta straordinariamente (almeno fino alla nascita di Bossi, ovviamente).

Una straordinaria concatenazione di eventi e condizioni che, man mano che esploriamo il Cosmo, ci rendiamo conto essere estremamente fortunata e improbabile.

Non ci sono pianeti abitabili, nel nostro sistema e in quelli vicini. Ci sono ipotesi, frutto di speranze, perlopiù, ma poche certezze: tranne mondi fatti di gas, o di sassi, con temperature e radiazioni intollerabili.

La Terra è stata invece un’incubatrice perfetta. Non miracolosa, per intervento di una o più divinità, come abbiamo pensato nei secoli passati, quando ci era ancora impossibile capire l’infinità dei mondi: oggi, si stima il numero di stelle dell’universo osservabile in 300.000 trilioni (3×10^23), in 2000 miliardi (2×10^12) di galassie.

Questi numeri non sono per una mente umana realmente concepibili, tranne forse per quella di Giordano Bruno. Qualcuno ha detto: “anche tu, ateo, puoi chiamare Dio tutto ciò che non conosci o non puoi capire.”

E questo ci può stare: “Dio” è l’universo stesso, infinito e “divino” in quanto inconcepibile per noi abituati a contare con dieci dita (io, poi, toccandomi la punta del naso con i polpastrelli, ma tralascio il racconto della mia infanzia difficile da bimbo disgrafico).

Mi spiego meglio, cerco di spiegarvi “Dio” (ho istintivamente guardato in alto per vedere se mi arrivava un fulmine in testa, ma niente, “Dio” è casuale e quindi misericordioso). Pensiamo di lanciare per aria 70 monete (sorvolo anche qui sulla barzelletta ebraica collegata): qual è la probabilità che tutte e 70 caschino su “testa” (chiamiamolo Magic70 Event)? Praticamente zero, no? Quante volte dovresti provarci? Praticamente infinite volte, vero? Beh, quel “praticamente” infinite è giusto, ma si può calcolare siano 1,2×10^21 volte: se quindi su ogni stella dell’universo si lanciassero per aria 70 monete, in circa 300 posti nell’Universo le 70 monete cadrebbero tutte e 70 su “testa”.

Incredibile? No, solo così improbabile che non possiamo comprenderlo, quindi possiamo chiamarlo miracolo, evento divino, perché no?

Per la vita, per la nostra specie, si è verificato un Magic70 su questo pianeta. La Terra: ripetete il suo nome, perché è questo il pianeta sul quale “Dio”, che notoriamente non gioca a dadi con l’Universo (cit: Albert Einstein), ha però giocato per noi una partita a testa o croce straordinariamente fortunata, con 70 monete, e son tutte venute testa.

In altri 299.000 trilioni di partite che ha giocato, ha perso (fa anche lui quel che può) ma sulla Terra, no: ha vinto, e sono arrivati i cieli azzurri, una temperatura miracolosamente mite, l’atmosfera, l’evoluzione, e una straordinaria incredibile varietà di specie viventi.

Una di queste specie – l’uomo – è in grado, pur fra molte incertezze, di capire perché sia andata così, perché siamo arrivati fin qui: lo abbiamo visto sopra, e possiamo sintetizzarlo con un termine scientifico-cosmogonico-religioso:

“Una straordinaria botta di culo che può capitare poche volte in tutto l’universo mondo!”.

Una fortuna sfacciata davvero: l’incubatrice perfetta, proprio per noi.

Quella stessa specie, però, pur essendo arrivata a capire alcuni meccanismi dell’incubatrice, oltre ad aver coscienza di sé, la sta manomettendo, l’incubatrice.

Il cambiamento climatico sta portando la Terra verso un clima che l’uomo non ha mai affrontato. La concentrazione di CO2 in atmosfera sta rapidamente crescendo verso i livelli di 50 milioni di anni fa, quando la temperatura media era più alta di 14°C rispetto alla media preindustriale.

Invece che l’incubatrice perfetta, la Terra allora era un’instabile fornace, la “Hot-house Earth”, ben lontana dalle condizioni che hanno permesso lo sviluppo della specie e della civiltà umana.

Essendo ormai accertata la causa antropogenica, la responsabilità per la sopravvivenza della civiltà umana come la conosciamo oggi è (probabilmente ancora per poco) nelle nostre mani.

Perché “probabilmente ancora per poco”?

Perché a breve il sistema climatico rischia di superare i cosiddetti “punti di non ritorno” ed evolvere irrimediabilmente verso un nuovo equilibrio climatico, nuovamente una “Hot-house Earth”.

Il Sistema Terra è infatti un sistema complesso, caratterizzato da una serie di elementi interdipendenti che permettono il mantenimento della sua temperatura media e dell’attuale stato climatico.

Uno di questi elementi sono i gas serra, un altro è l’estensione dei ghiacci; poi, la nuvolosità sugli oceani. Poi le grandi foreste, che potrebbero perdere il loro ruolo di assorbitori di anidride carbonica. Poi il permafrost in Artide, lo strato di terreno perennemente (anche in estate) ghiacciato che mantiene “al sicuro” enormi quantità di metano, un gas serra peggiore dell’anidride carbonica.

L’alterazione, controllabile, del primo di questi fattori, può condurre all’alterazione di uno degli altri e così via, innescando una serie di processi a cascata che portano tutti a un’unica conseguenza: una Terra più calda, molto più calda, anche se l’iniziale causa scatenante rimanesse invariata – anche se ad un certo punto smettessimo di emettere gas climalteranti.

È un effetto domino in cui un processo rinforza se stesso: il “punto di non ritorno” è superato quando il fenomeno si autoalimenta e rinforza altri processi finché anch’essi si autoalimentano.

Un punto di non ritorno del clima (climate tipping point) è quando un piccolo cambiamento fa una grande differenza e cambia lo stato o il destino di un sistema: potrebbe non essere possibile mantenere uno stato di equilibrio con temperature medie terrestri costanti e superiori di 2°C: una volta superata la soglia di attivazione dei meccanismi citati, la Terra sarebbe destinata a franare più o meno velocemente verso temperature medie ben superiori anche se smettessimo di emettere gas serra.

Non esisterebbero cioè gli scenari climatici intermedi, caratterizzati da emissioni solo parzialmente ridotte e da un aumento di temperatura proporzionale alle stesse. Superata una certa soglia di temperatura ci ritroveremmo irrimediabilmente negli scenari peggiori.

Negli ultimi vent’anni l’IPCC ha progressivamente corretto la stima della soglia, prima considerata sopra i 5°C di riscaldamento, ma nell’ultimo rapporto del 2018 anche fra gli 1 e i 2°C. Molti dei meccanismi autoalimentanti e interdipendenti, infatti, sono stati “implementati” nei nostri modelli climatici solo di recente.

Un esempio è dato dalla recente osservazione della velocità di fusione dei ghiacciai groenlandesi maggiore di quanto previsto. Questo è il fenomeno che personalmente mi preoccupa maggiormente al breve termine: non è più soltanto uno scenario da film catastrofico quello di compromettere la corrente del Golfo con questo scioglimento, ed allora – prima di lamentarci globalmente per il caldo – potremmo dover trovarci a patire parecchio, localmente, per il freddo.

Parigi è alla stessa latitudine di Stalingrado, Bruxelles di Calgary, Napoli di New York: lasciamo al lettore immaginare.

Potremmo, insomma, stare innescando in questi decenni questo effetto domino e, in sostanza, stare condannando la Terra a procedere verso uno stato climatico ben più caldo e ben diverso da quello attuale.

Sappiamo che la civiltà umana si è da sempre collocata all’interno di una ben definita nicchia climatica. Negli scenari peggiori, luoghi oggi densamente popolati saranno presto caratterizzati da una temperatura annuale media ben al di fuori di questa nicchia, una temperatura che oggi è tipica di alcune aree del deserto del Sahara.

Negli scenari migliori, quelli dove si agisce subito e pesantemente per la decarbonizzazione forzata, tutto questo succede ugualmente, ma più lentamente, lasciandoci più tempo per adattarci.

Pensiamo quindi alla Terra come ad un “miracolo”, del quale anche noi facciamo parte. Qualcosa di estremamente improbabile, e che ora è messo in grave pericolo proprio dal “Re del Creato” (sempre stato repubblicano, anche per questo).

Molti miei amici e amiche fraterni e sorelle che lavorano con me a questi scenari sostengono che forse non ne vale la pena, di salvare questo mondo. Mi citano le recenti manifestazioni di piazza, mi citano Trump, mi citano quelli che insultano Gino Strada (cui dedico questo articolo). Meglio sparire, dicono.

Però. Però pensate al vostro gatto, che un attimo prima è seduto sul pavimento e un attimo dopo – silente e senza rincorsa – è sul termosifone a muro, altezza mt. 1,30, lui che è alto 15 cm.

Pensate a Cecilia Strada e a Emergency, che mentre Gino ci lasciava stavano salvando vite nel Mediterraneo e in Afghanistan. Pensate ai due goal di Maradona contro l’Inghilterra. Alla prima risata di vostro figlio, quando aveva pochi mesi, tutta di gola, irrefrenabile. Alla forma degli stormi di uccelli in volo, e a questi fottutissimi coccodrilli che sono sopravvissuti, incazzati come rettili, per milioni di anni, uguali a se stessi, e adesso potrebbero sparire per sempre.

Non è accettabile non provare a far qualcosa. È per lei, per la Terra: pronunciate il suo nome.

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