A fine 2021 Il Post annunciava l’assegnazione dei lavori per la prima fase della costruzione della Darsena Europa come un’opera decisiva per Livorno, capace di portarla al centro del sistema portuale mediterraneo. Il tema chiave di quei giorni, selezionato da un dibattito istituzionale durato oltre dieci anni, è quello della profondità dei fondali in grado, una volta completata l’opera, secondo l’attuale dirigenza dell’autorità portuale, di risolvere i problemi strutturali dello scalo livornese.
Pochi giorni dopo, con lo svolgimento della gara d’appalto, venivano assegnate la costruzione delle opere di protezione della nuova imboccatura Nord del porto di Livorno, il nuovo bacino portuale della Darsena Europa con il relativo canale di accesso, la realizzazione di nuove vasche di contenimento e le attività di dragaggio connesse. Nel dettaglio si prevede la realizzazione di una nuova diga foranea esterna di 4,6 km e di altre interne per 2,3 km. Il dragaggio, di circa 15,7 milioni di metri cubi, servirà all’imbasamento delle nuove opere, all’approfondimento dei fondali del canale di accesso e alla realizzazione dei bacini e delle darsene interne.
La seconda fase, quella della costruzione vera e propria della Darsena, vedrà un processo successivo di assegnazione, decisivo per la qualificazione dell’opera. Ogni modo, il giorno dell’assegnazione dei lavori della prima fase, il presidente della regione Toscana prevede “cantieri entro la metà del 2022”.
L’opera, che riguarda un particolare rapporto complesso tra finanza e costruzione d’infrastrutture, è comunque entrata nel dibattito della riforma delle autorità portuali per le quali si prefigura la possibilità d’investire, da parte delle autorità riformate, nelle aree demaniali. Allo stesso tempo, vista la particolare tematica delle possibili infiltrazioni mafiose negli appalti, recentemente è stato firmato il patto per la sicurezza dei lavoratori e contro le organizzazioni criminali.
Siamo quindi alla fase della firma del contratto di appalto per il porto di Livorno che, come sostiene il Sole 24 Ore, rappresenta il segnale “per cambiare il volto (e le potenzialità) del porto di Livorno, uno dei principali porti italiani che nel 2021 ha movimentato 34,3 milioni di tonnellate di merce (+8,1% sul 2020, -6,5% sul 2019) e 791mila container da 20 piedi (+10,5% sul 2020, +0,2% sul 2019). Il progetto, a cui è affidato il rilancio della costa toscana, prevede di raddoppiare i traffici accogliendo le grandi navi”. Allo stesso tempo però, sempre secondo il Sole, i lavori potrebbero partire, se tutto va bene a fine 2022 correggendo, da subito, le previsioni del presidente Giani.
In questo contesto si inserisce il lavoro di analisi di Potere al Popolo! che recentemente è intervenuta, anche sulla stampa cittadina sull’argomento. La ricerca di PaP si concentra soprattutto su una delle aziende assegnatarie dei lavori, la Fincosit che, come ricorda il report citato, risulta essere amministrata dai liquidatori giudiziali ed è rimasta coinvolta nelle criticità dei lavori di Colle di Tenda, del terzo valico e della tramvia fiorentina e, soprattutto, nella vicenda Mose.
Le questioni che emergono dal report sono semplici. È in grado una azienda del genere di svolgere i lavori senza finire in contenziosi giudiziari? Ricordiamo che il “sistema” Darsena Europa è complicato e la prima fase dei lavori, se rallentata, rischia di compromettere l’esecuzione della seconda.
Questo in attesa dell’effettivo riscontro del posizionamento della Darsena nel mondo dello shipping, e del finanziamento legato alla portualità, che si appresta a subire nuove, grandi trasformazioni grazie al conflitto in corso.
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