Il finale di partita prima di una possibile tregua nella guerra in Ucraina si giocherà probabilmente nel Donbass.
Il fronte militare
La Russia “sta ammassando le truppe per nuovi attacchi nel Donbass e ci prepariamo per questo” ha detto il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, in uno dei suoi discorsi televisivi. Mosca aveva annunciato ieri un riposizionamento dei suoi soldati per la “liberazione completa” del Donbass.
Le autorità russe hanno affermato che il 54 per cento della regione di Donetsk e 93 per cento di quella di Luhansk sono sotto il proprio controllo. Se confermati sono dati che mostrano come questa sia l’area dove sono stati raggiunti i risultati più importanti dell’operazione militare russa. Al 24 febbraio scorso, data dell’inizio della guerra, infatti i separatisti controllavano circa un terzo dell’intera regione del Donbass. Secondo le informazioni fornite dai servizi di intelligence occidentali, la Russia ha inviato dieci nuovi gruppi tattici per partecipare all’offensiva militare, di cui la maggior parte dovrebbero essere di stanza nel Donbass.
Il portavoce del ministero della Difesa russo, Igor Konashenkov ha affermato che le unità delle forze armate della Federazione Russa, hanno preso il pieno controllo del villaggio di Zolotaya Niva, superando il fiume Kashlagach e che le truppe della Repubblica di Lugansk, dopo aver completato il controllo di Zhytlovka, sono avanzate di cinque chilometri e stanno combattendo con le forze ucraine alla periferia di Kremenna.
Mariupol
Il ministero della difesa russo ha annunciato un cessate il fuoco locale a Mariupol per consentire l’evacuazione dei civili dalla città portuale assediata dell’Ucraina. Lo riporta la France-Presse. Un corridoio umanitario da Mariupol a Zaporizhzhia, attraverso il porto di Berdiansk controllato dai russi, è stato istituito dalle 10 del mattino (7 Gmt), ha detto il ministero. “Affinché questa operazione umanitaria abbia successo, proponiamo di realizzarla con la partecipazione diretta dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e del Comitato Internazionale della Croce Rossa”, si legge nella nota.
“Questa sera abbiamo ricevuto un messaggio dal Comitato Internazionale della Croce Rossa sulla conferma da parte della Russia di essere pronta ad aprire un corridoio umanitario da Mariupol con transito per Berdyansk” ha affermato la vice prima ministra Iryna Vereshcuk su Telegram, annunciando l’invio da parte di Kiev di 45 autobus verso Mariupol.
La città portuale di Mariupol, facente parte della regione di Donetsk, da settimane si trova sotto assedio. La presenza in città del battaglione Azov, ha costretto i militari russi e gli uomini delle milizie della Repubblica di Donetsk a estenuanti scontri “casa per casa”, uno scenario tipico del conflitto in teatro urbano. I miliziani del battaglione Azov sono asserragliati in tre sacche all’Acciaieria, al porto e in un altro quartiere. La fuoriuscita dei civili da Mariupol, di fatto, faciliterebbe le operazioni russe per prendere il controllo della città.
Chi spara sulla Croce Rossa?
L’Ansa nel primo pomeriggio di ieri sparava un titolone in prima pagina sul fatto che a Mariupol era stato bombardato un edificio della Croce Rossa, fortunatamente senza vittime, anche perchè si trattava di un magazzino. Un atto ingiustificabile sicuramente, sempre sperando che nessun uomo armato o postazione armata fosse arbitrariamente presente nel magazzino. La notizia è stata diffusa dalla Pravda ucraina ma era stata ripresa solo da pochissimi media internazionali con il medesimo lancio uguale su tutte le testate.
Lo stesso portavoce della Croce Rossa in Ucraina ha confermato che le immagini circolate sui social media di un edificio distrutto erano magazzini appartenenti all’organizzazione a Mariupol.
La fonte della foto sono i miliziani del battaglione Azov.
Lo stesso battaglione Azov nel Twitter che ha diffuso la foto così commentava il ruolo della Croce Rossa Internazionale: “È necessario sottolineare che il CICR ha cooperato più strettamente con i russi recentemente. In particolare, aiutano la deportazione forzata degli ucraini nel paese aggressore e progettano di aprire un centro di accoglienza per gli ucraini a Rostov, in Russia”. (testuale dal loro profilo Twitter)
Occorre aggiungere però che nei giorni scorsi gli attacchi più duri alla Croce Rossa erano venuti proprio dalle autorità ucraine ferocemente contrarie ad aprire dei campi della Croce Rossa in Russia per i profughi che dall’Ucraina si sono rifugiati lì.
Ed anche ieri c’è stato un nuovo attacco: “Stiamo assistendo al cattivo esempio della Croce Rossa internazionale che sta aprendo un ufficio a Rostov sul Don” città russa a meno di 150 chilometri dal confine con l’Ucraina “e questo è il teatro dell’assurdo”. Lo ha dichiarato il sindaco di Leopoli, Andriy Sadovyi, nel suo intervento al gruppo di lavoro sull’Ucraina del Comitato europeo delle regioni. “Non sappiamo dove vadano a finire tutti i soldi donati alle organizzazioni internazionali”. Insomma chi ha sparato veramente sulla Croce Rossa?
Negoziati
David Arakhamia, rappresentante della delegazione ucraina, ha annunciato ieri sera che i colloqui di pace fra Kiev e Mosca riprenderanno domani in formato di videoconferenza. Arakhamia ha spiegato che, nel corso dell’ultimo incontro con la delegazione russa a Istanbul, i rappresentanti ucraini hanno proposto di organizzare un incontro fra i presidenti Zelensky e Putin. La delegazione di Mosca, tuttavia, ha respinto per il momento la proposta, affermando che è prematura e che è necessario lavorare ulteriormente per concordare una bozza di accordo di pace prima che i due capi di Stato si possano incontrare. Zelensky ha affermato ieri sera che i negoziati non hanno ancora portato ad accordi concreti, ma che sia innegabile che le proposte messe sul tavolo da ambo le parti abbiano quantomeno sbloccato lo stallo delle prime tornate negoziali.
Potrebbe volerci almeno un anno prima che l’Ucraina tenga un referendum sulla sua neutralità. Lo ha affermato il capo della delegazione ucraina ai colloqui di pace con la Russia, stando a quanto scrive la BBC. La neutralità ucraina è una richiesta fondamentale della Russia per porre fine alla guerra.
Sanzioni ed economia: il rublo recupera sul dollaro
Il rublo recupera sul dollaro e torna di slancio ai valori pre-aggressione russa contro l’Ucraina, attestandosi a quota 76 (-5,263%): per l’acquisto di un dollaro, in altri termini, servono adesso 76 rubli, contro gli 84,95 del 24 febbraio e i 139,7 registrati il 7 marzo nel momento di massima debolezza. Il trend rialzista ha beneficiato dell’ipotesi non esclusa dalla Cina di usare rubli o yuan nel commercio di fonti energetiche, in base a quanto riportato dalla Tass, citando il ministero degli Esteri di Pechino, secondo cui “gli operatori del mercato sono liberi di scegliere la valuta negli accordi bilaterali”.
L’India ha annunciato l’intenzione di raddoppiare le importazioni di carbone russo. Pochi giorni fa la Russia aveva sollecitato l’India a valutare investimenti nelle sue società energetiche dopo la fuga di soci occidentali. Secondo quanto scrive l’agenzia Bloomberg, le raffinerie cinesi, soprattutto quelle indipendenti, stanno acquistando sempre più petrolio russo, il greggio chiamato “Urals” che in questa fase si trova sul mercato a prezzi molto vantaggiosi. L’India è uno dei 35 paesi che si sono astenuti nella votazione Onu sulla risoluzione contro l’invasione in Ucraina e non sembra molto sensibile alle pressioni occidentali. Il commercio potrebbe anche essere potenziato da un accordo di scambio rublo-rupia. La Russia potrebbe iniziare a offrire prezzi più competitivi agli acquirenti cinesi e indiani dopo il calo dei flussi verso l’Europa.
Le Borse sono sull’altalena condizionate dalle notizie discordanti su una possibile tregua nella guerra in Ucraina. Ieri il Cremlino ha ridimensionato le attese su un accordo di tregua fra Ucraina e Russia, dopo che i colloqui di Istanbul di martedì avevano aperto spiragli di pace. Il portavoce Dmitry Peskov ha dichiarato che la Russia non ha notato “nulla di promettente”, mentre, a sorpresa, il ministro degli Esteri di Mosca, Serghei Lavrov ha definito i colloqui russo-ucraini un "significativo progresso”, aggiungendo che “Kiev capisce che Crimea e Donbass sono questioni chiuse”. Su quest’ultimo punto, però, le autorità ucraine sono divise, a dimostrazione che la strada verso una tregua resta in salita
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