Da circa un mese – sostanzialmente dall’inizio della guerra nel cuore dell’Europa – si registrano, nel dibattito pubblico, boutade e intemerate di ogni tipo che, spesso, durano il tempo del loro “lancio in agenzia”. Un fenomeno (decadente) che possiamo tranquillamente ascrivere nel banale e noioso politicantismo che appesta le cronache dell’Italietta e che – da tempo – caratterizza lo stato dell’arte della Politica nelle nostrane latitudini.
Con l’approssimarsi del voto parlamentare circa l’aumento delle spese militari, nell’ambito del generale riarmo imperialista europeo, quel vecchio esponente del neofascismo – convertito da tempo al chiacchiericcio edonista dei salotti televisivi – che risponde al nome di Ignazio La Russa (attualmente in Fratelli d’Italia), si è prodigato nell’ennesima provocazione: “Utilizziamo i fondi del Reddito di Cittadinanza per finanziare l’aumento delle spese militari”.
Avremmo ignorato tale dichiarazione se questa cosiddetta proposta/suggerimento all’Esecutivo non suonasse come una gravissima offesa alla dignità delle centinaia di migliaia di persone – collocate particolarmente nel Meridione d’Italia, ma anche nelle periferie delle aree metropolitane del Nord – le quali letteralmente sopravvivono con l’ausilio del Reddito di Cittadinanza (che, sia detto con estrema nettezza, è uno strumento limitato, parziale e assolutamente insufficiente, dal punto di vista delle modalità di accesso e della scarsa dotazione finanziaria, a far fronte all’attuale crescente costo di tutti gli indicatori economici di una vita civile).
Emerge ancora una volta – oltre la superficialità stilistica di queste provocazioni antipopolari – la profonda concezione classista, razzista e scopertamente punitiva verso i poveri che questi personaggi squadernano ogni volta che la contingenza politica offre loro la possibilità di mettersi in mostra.
Un vero e proprio Odio di Classe contro un settore sociale che dopo la devastante crisi pandemica globale e sotto i primi effetti dell’economia di guerra è in espansione al Sud come al Nord.
Basta non solo leggere le periodiche indagini statistiche del comparto che indicano un aumento assoluto delle nuove povertà, ma già uno sguardo alle file quotidiane alle Mense Sociali, ai Caf, ai Patronati e alle Parrocchie, basta per cogliere il carattere di massa e diffuso dei variegati fenomeni di povertà e di indigenza che stanno aumentando con tassi di crescita ben al di sopra dell’ordinario.
Ed è in questo contesto – in tale tragedia sociale – che le boutade alla La Russa o di qualsivoglia altro soggetto dovrebbero suscitare un sussulto di rabbia degna per far ingoiare tali insulti.
Intanto – però – tocca a tutti noi, alle organizzazioni anticapitaliste e al sindacalismo conflittuale tentare di rintuzzare, colpo sul colpo, a questo osceno martellamento.
Dobbiamo liberarci da una nefasta subalternità – prima culturale e poi politica – ad una narrazione “lavorista” (di sfruttamento, per dirla giusta) la quale si nutre concretamente di lavoro atipico, malsano e malpagato ed affermare il sacrosanto diritto a campare indipendentemente dalle compatibilità vigenti e dall’insieme dei dispositivi su cui si regge il moderno mercato del lavoro materiale ed immateriale.
L’aver lasciato, sostanzialmente, il monopolio della gestione politica della questione Reddito di Cittadinanza al Movimento 5 Stelle e aver – magari inconsapevolmente – auspicato in una “tenuta politica” di questa forza ha, di fatto, indebolito il già limitato provvedimento legislativo, ma ha contribuito anche all’affermarsi di una schifosa campagna di discriminazione e di colpevolizzazione coatta verso i percettori del RdC, che vengono spesso etichettati con aggettivi di scuola lombrosiana.
Sarebbe ora di non lasciare senza risposte immediate le provocatorie avvisaglie contro il RdC, ricominciando a discutere su come articolare ed intrecciare la questione Reddito con la lotta per il Salario Minimo e con la necessaria mobilitazione contro gli aumenti di prezzi e tariffe.
È ora di prendere parola, di toglierla a chi non ha la legittimità di intervenire e di ritrovare un protagonismo collettivo ed organizzato.
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