Il direttore del dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo, Alexei Paramonov, in una intervista all’agenzia Ria Novosti, ha avuto parole dure contro il governo italiano accusandolo di “aver dimenticato trattati, accordi e la natura speciale dei nostri legami” sull’onda dell'”isteria anti-russa”. Dito puntato soprattutto sul ministro della Difesa italiano Guerini accusato di avere chiesto aiuto alla Russia nei giorni drammatici della crisi pandemica e di esser diventato poi un “falco anti russo”.
L’alto funzionario di Mosca ha ricordato gli aiuti forniti dalla Russia all’Italia nei giorni dell’emergenza pandemica e minaccia un cambio di atteggiamento sul fronte delle forniture di gas se l’Italia dovesse continuare ad appoggiare le sanzioni decise dall’occidente dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca.
E poi ha aggiunto che “Le sanzioni non sono una nostra scelta. Non vorremmo che la logica del ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire, che ha dichiarato la “una guerra totale finanziaria ed economica” alla Russia, trovasse seguaci in Italia e provocasse una serie di conseguenze irreversibili”. Infine ha evocato l’avvertimento più temuto: “l’Italia dipende dalla Russia per il 40% del suo fabbisogno di gas, ma le cose potrebbero cambiare nel caso in cui il nostro Paese confermasse la sua linea dura”.
Nel pomeriggio, la Farnesina ha replicato definendo quelle di Paramonov “dichiarazioni minacciose”. A questa si è aggiunto lo stesso Draghi che ha espresso “piena solidarietà” al ministro Guerini definendo “inaccettabili” le parole che arrivano da Mosca. “Esprimo piena solidarietà al Ministro della Difesa vittima di attacchi da parte del Governo russo – dice Draghi – il paragone tra l’invasione dell’Ucraina e la crisi pandemica in Italia è particolarmente odioso e inaccettabile. Guerini e le forze armate sono in prima linea per difendere la sicurezza e la libertà degli italiani. A loro va il più sentito ringraziamento del Governo e mio personale”.
Fin qui un prevedibile botta e risposta, anche se viene da precisare a Draghi perchè mai le forze armate italiane dovrebbero andare in guerra lontano dai confini e già sono disseminate in Africa e Medio Oriente. Ma al di là delle cronache, visto che il governo Draghi ci sta trascinando in guerra e nella recessione economica, la questione merita qualche considerazione in più.
1) In primo luogo dobbiamo chiederci – ma anche risponderci – se ormai siamo finiti in mano al governo della “Vispa Teresa”.
2) Come potevano pensare Draghi, Di Maio, Guerini che le scelte di emettere le sanzioni e inviare armi contro la Russia sul fronte della guerra in Ucraina sarebbero rimaste senza conseguenze?
3) Se il governo italiano ha un minimo di buonsenso, cosa aspetta a “destinare ad altre funzioni” o mettere la museruola al ministro degli Esteri Di Maio che sembra confondere la politica estera con il bar dello sport? Possibile che nessuno abbia spiegato a Di Maio che il suo ministero, in casi come questi, è uno dei più delicati e che l’uso ponderato delle parole e del linguaggio è decisivo nella diplomazia e nelle relazioni internazionali?
4) Se un governo adotta sanzioni contro un altro governo, invia armi per combatterlo e i suoi ministri ne insultano sguaiatamente il presidente, perché mai sorprendersi se quello comincia a iscriverti tra i paesi “ostili” e non più tra gli “interlocutori”?
Infine, ma questa non è più una domanda, l’Italia nel XXI Secolo è già riuscita a dilapidare il suo patrimonio di credibilità e interlocuzione con il mondo arabo/mediterraneo accumulato nei quaranta anni precedenti (e con risultati importanti).
Oggi l’Italia viene percepita in un mondo fino a ieri ben disposto né più né meno che come una qualsiasi altra arrogante – ma più debole – potenza occidentale. Motivo per cui non è riuscita ad avere alcun ruolo neanche nella Libia che ha contribuito a destabilizzare con il tradimento del Trattato di amicizia e i bombardamenti nel 2011. Spedire soldati in giro in decine di missioni militari in Africa e Medio Oriente, non sta facendo affatto recuperare credibilità, al contrario.
Con una politica estera di totale allineamento all’Unione Europea e alla Nato, l’Italia non riesce neanche a comprendere che il mondo è cambiato, che il mondo è assai più vasto di Europa e Stati Uniti e che gli spazi di autonomia diplomatica giocati in passato si sono paurosamente assottigliati.
Invertendo questa tendenza all’insipienza e alla subalternità, si potrebbero ricostruire molte interlocuzioni nel mondo, e soprattutto se si guarda ad un mondo più vasto ma inevitabilmente diverso da quello occidentale.
Ma in tal caso il primo atto dovuto da fare è quello di rimuovere il ministro Di Maio da un ruolo così rilevante e sostituirlo anche con l’ultimo impiegato della Farnesina con dieci anni di servizio. Avrebbe maggiore senso di responsabilità e del proprio ruolo.
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