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19/03/2022

I laboratori biologici militari USA in Ucraina, qualche stranezza...

Già due settimane fa, il comandante delle forze russe di difesa radioattiva, chimica e biologica, Igor’ Kirillov aveva parlato dei laboratori biologici di Khar’kov, Poltava e L’vov, che costituiscono solo una parte dei circa trenta siti sponsorizzati dal Pentagono in Ucraina.

Successivamente, considerata l’importanza e il pericolo rappresentato dagli stessi, in particolare con l’inizio delle operazioni militari, la questione era stata portata all’attenzione delle Nazioni Unite.

Su questo giornale, la faccenda era stata toccata anche alcuni anni fa, ricordando come tali strutture di ricerca americane sulle armi batteriologiche operino non solo in Ucraina, ma anche in Georgia, Kazakhstan, Armenia e in diverse altre regioni, tanto che lo scorso 11 marzo il portavoce del Ministero degli esteri cinese Zhao Lijian ha parlato di 336 laboratori, in almeno 30 paesi diversi.

Nello stesso giorno in cui Victoria Nuland, nell’audizione davanti al Senato USA, ammetteva che «in Ucraina ci sono siti di ricerca biologica», Zhao invitava gli Stati Uniti, «quale parte che conosce meglio quei laboratori, a fornire quanto prima informazioni dettagliate, specificando quali virus vi siano conservati e quali ricerche vi siano state condotte».

Giovedì scorso, la Komsomol’skaja Pravda è tornata su quanto diffuso dal Ministero della difesa russo a partire dai documenti USA, venuti ora in possesso di Mosca e risalenti al marzo 2015. In base a quanto scoperto dagli analisti russi, circa l’accordo tra USA e Ministero della sanità di Kiev, i fondi americani (32 milioni di dollari) andavano direttamente ai laboratori militari ucraini, dislocati a Kiev, Odessa, L’vov e Khar’kov, in cui operavano specialisti americani.

A parlare di fronte ai giornalisti, è stato ancora una volta il comandante delle forze russe di difesa radioattiva, chimica e biologica, tenente-generale Igor’ Kirillov, il quale ha detto che i laboratori in questione sono stati a suo tempo selezionati dall’Agenzia del Pentagono per la riduzione delle minacce (DTRA) e dalla società appaltatrice “Black & Veatch”, quale esecutrice del progetto UP-8, per lo studio degli agenti di febbre emorragica del Congo-Crimea, leptospirosi e hantavirus.

L’interesse USA si deve al fatto che questi agenti patogeni hanno focolai naturali, sia in Ucraina che in Russia, e la loro diffusione artificiale, può essere mascherata da focolai naturali.

I militari russi, ha detto Kirillov, hanno esaminato in particolare i documenti relativi al progetto P-781, sulla trasmissione di malattie all’uomo attraverso i pipistrelli, infettati in un laboratorio di Khar’kov, in collaborazione con specialisti del Centro yankee “Richard Lugar” di Tbilisi.

Le ricerche coi pipistrelli sarebbero andate avanti almeno dal 2009, nel quadro dei progetti P-382, P-444 e P-568 e uno dei curatori sarebbe stato il capo del DTRA presso l’Ambasciata USA a Kiev, Joanna Wintrall.

Sarebbero state isolate sei famiglie di virus (compresi i coronavirus) e tre tipi di batteri patogeni (agenti di peste, brucellosi e leptospirosi) resistenti ai farmaci e di rapida trasmissione animali-uomo. Gli studi sarebbero stati condotti su cittadini ucraini, a loro insaputa e, quindi, 5.000 campioni di siero e 773 biologici prelevati da quei cittadini sarebbero stati trasferiti in laboratori in Germania, Gran Bretagna e Georgia.

Al momento della liquidazione del laboratorio di veterinaria a Khlebodarskoe, che interagisce con l’istituto “Mečnikov” di Odessa (ricerche su peste, antrace, colera, tularemia e arbovirus) nel tentativo di coprire le tracce dei rifiuti biologici, questi sono stati portati a 120 km di distanza verso il confine occidentale, nell’area di Tarutino e Berezino.

Anche la fretta di distruggere i documenti nel laboratorio di Kherson, ha detto Kirillov, «sarebbe stata dovuta all’urgenza di eliminare le tracce sull’epidemia di dirofilariosi, una malattia tropicale trasmessa dalle zanzare, verificatasi a Kherson nel 2019».

Prima ancora, nel 2018, gli specialisti del Controllo federale su tutela dei consumatori e benessere (Rospotrebnadzor) avevano registrato una crescita repentina di nuovi ceppi di tubercolosi multiresistenti tra gli abitanti delle Repubbliche popolari di Lugansk e Donetsk, non curabili con farmaci convenzionali; durante l’epidemia nell’area di Peski, (una quindicina di km a nordovest di Donetsk) erano stati rilevati più di 70 casi di malattia, con rapidi esiti letali.

Il generale ha collegato le ricerche del Pentagono anche a una serie di focolai di malattie in Russia, risultate particolarmente onerose dal punto di vista economico: «Solo nel 2021, a causa dell’influenza aviaria ad alta patogenicità, sono stati distrutti 6 milioni di capi di pollame e il danno economico ha superato 1,7 miliardi di rubli; nello stesso periodo, in vari paesi europei, le perdite per l’industria agricola sono ammontate a circa 2 miliardi di euro».

Kirillov ha collegato quei focolai con il progetto americano FLU-FLY-WAY, nell’Istituto di medicina veterinaria di Kharkov: «Le attività di tale istituto» ha detto, «dovrebbero essere oggetto di indagine internazionale».

Mosca, ha concluso Kirillov, richiama l’attenzione dell’intera comunità mondiale sul fatto che, in «conformità con la Convenzione sulla proibizione delle armi biologiche e tossiche, gli Stati membri devono presentare all’ONU informazioni dettagliate sugli oggetti e sulle attività biologiche in corso. Ma USA e Ucraina non l’hanno mai fatto! I progetti UP-4, UP-8 e P-781 vanno avanti dal 2016, senza che siano stati presentati rapporti. Questo conferma che sono stati effettuati nell’interesse del Pentagono, con un obiettivo segreto: la creazione di un arsenale di armi biologiche».

Sulla questione, è intervenuto ieri anche il Quotidiano del popolo cinese, titolando che I “doppi standard” minano solo la credibilità degli Stati Uniti. Dopo che la Russia aveva pubblicato una serie di documenti originali con cui si accusano gli Stati Uniti di aver violato la “Convenzione sulla proibizione delle armi biologiche”, all’inizio, gli americani avevano definito le accuse «informazioni false», per poi sostenere che «la Federazione Russa intende utilizzare armi biologiche e chimiche contro l’Ucraina».

Resasi della fragilità dell’imbroglio, Washington ha tentato di «salvare la situazione», affermando che la posizione degli Stati Uniti «è sempre stata aperta e trasparente», che Washington «segue pienamente le disposizioni della Convenzione sulla proibizione delle armi biologiche e quella sulle armi chimiche».

Gli Stati Uniti, scrive il Renmin ribao hanno anche pubblicato una cosiddetta “carta informativa” per “giustificare” le loro attività biologiche militari in Ucraina e nel mondo; hanno però omesso molti dettagli, e anche le «informazioni di base sui laboratori in Ucraina sono estremamente contraddittorie».

“Indagini e ispezioni” sono parole che compaiono spesso nella diplomazia americana, scrive l’organo del PCC: «Per decenni, gli Stati Uniti sono costantemente intervenuti in vari paesi, con il pretesto della “preoccupazione” per il rispetto dei trattati e pretendendo il consenso di altri stati ad accettare indagini».

Quando però si tratta di accuse contro gli Stati Uniti, Washington non ha il coraggio di «guardare in faccia la realtà, e usa solo la frase “abbiamo seguito le regole”. Questo è un tipico esempio di doppio standard».

Così, ricorda il Quotidiano del popolo, nel 1993, molto prima dell’entrata in vigore della Convenzione sulle armi chimiche, gli USA sostennero che la nave portacontainer cinese Yinhe stava trasportando sostanze chimiche. Senza «alcuna base giuridica, intercettarono con la forza una nave mercantile di un paese sovrano, impegnata in normali attività di navigazione in alto mare, col risultato, infine, di non avere altra scelta che ammettere che non c’erano sostanze proibite sulla Yinhe».

Lo stesso si verificò nel febbraio 2003, con la famosa fialetta di polvere bianca dell’ex segretario di Stato Colin Powell; anche in quel caso, «Washington seguì una logica ipocrita. I tempi cambiano, ma la logica ipocrita degli Usa resta la stessa. Gli USA richiedono solo agli altri Paesi di attenersi a quanto previsto dalle convenzioni, mentre loro non accettano indagini e verifiche».

In quanto paese depositario della Convenzione sulle armi biologiche, conclude il quotidiano cinese, «gli USA sono chiaramente consapevoli dei propri obblighi ai sensi di quel documento. Per 20 anni, per l’opposizione USA alla “Convenzione sulle armi biologiche”, il relativo meccanismo di verifica non è stato creato e la comunità internazionale non ha modo di verificare se gli Stati Uniti stiano violando le disposizioni. Tuttavia, il quinto e il sesto comma della “Convenzione sulla proibizione delle armi biologiche” sulla risoluzione dei conflitti sono ancora in vigore. Di conseguenza, gli Stati Uniti sono tenuti a dare spiegazioni alla comunità internazionale».

A questo punto, pare legittimo tornare a sollevare seri dubbi anche sulla reale origine della pandemia che imperversa da oltre due anni.

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