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18/03/2022

Manifesto dell’interventismo: dal “Belgio eroico” del 1914 alla “eroica Ucraina” del 2022

Il partito della guerra oggi in Italia si chiama PD. Tra i suoi esponenti nazionali, se ne distinguono alcuni particolarmente votati a propagandare il delirio secondo cui la guerra la si possa fare e la si debba fare. E la si possa anche vincere (in ogni caso, l’industria delle armi la vincerà), ovviamente, secondo il libro dei salmi atlantisti, in nome della “civiltà occidentale”, che non è né un concetto culturale, né geografico, ma semplicemente un precetto coloniale, tant’è che l’aggettivo di “occidentale” varia di latitudine e longitudine in base alla guerra che si intende condurre.

Accanto a quegli esponenti del PD, ci sono poi gli “ascari”, che intruppano sia ogni sorta di “ex”, di qualunque colore si fossero dipinti nel recente passato, sia altri “più coerenti”, cioè: anticomunisti da sempre. I quali ultimi, è bene averlo in mente, anticomunisti lo sono sempre stati: sono tra quelli che ci davano lezioni dalle tribune del PCI.

Nella gara interventista sembra ambire al primato l’on. Andrea Romano, lo stesso che, per il centenario della “Vittoria”, accusava gli allora avversari di Lega-Cinque Stelle, di sostenere che «quel conflitto non fu scatenato dal fallimento della diplomazia», mentre oggi la parola diplomazia è scomparsa ed egli snocciola il rosario del «Parlamento italiano» che «sostiene la resistenza dell’Ucraina».

L’esponente del PD bellicista afferma che «Qui non c’è nessuno che vuole la guerra, qui non c’è nessun guerrafondaio. Qui c’è un Parlamento che, rappresentando l’Italia, ha risposto alla minaccia» di Putin «con strumenti di pace (come il rafforzamento dell’Unione europea, quella casa comune che mai come ora ci appare indispensabile anche come garanzia di sicurezza)».

Tacendo ovviamente di quanto il Parlamento rappresenti davvero in questo momento la maggioranza del Paese, omettendo di menzionare il «fallimento della diplomazia» che quattro anni fa gli stava così a cuore e a cui invece ora il PD sta lavorando.

E lo fa in nome di quel “Slava Ukraini! Gloria all’Ucraina!”, che è la prima parte del saluto in auge nell’Ucraina post-2014, cui si risponde con «Gerojam slava!» (Gloria all’Ucraina – agli Eroi gloria), cioè il saluto che, negli anni dell’occupazione nazista, distingueva i collaborazionisti di OUN-UPA, ricalcato sul saluto nazista “Heil Hitler! Sieg Heil!”.

Un saluto che potrebbe campeggiare benissimo accanto a quel «rafforzamento dell’Unione europea... indispensabile anche come garanzia di sicurezza»: sicurezza di poter espandere in misura globale le pretese dell’imperialismo targato Bruxelles.

L’on. Romano sostiene che «la resistenza che la popolazione e l’esercito dell’Ucraina hanno opposto all’aggressione del regime di Putin... è stata anche il modo più efficace per opporsi alla guerra, per fermare la strage». Ne è testimonianza, il razzo “Točka U” ucraino che lunedì scorso ha fatto strage nel centro di Donetsk.

Dunque, si debbono inviare quante più armi possibile a chi «sta difendendo l’integrità territoriale del proprio paese, e in questo modo sta difendendo uno dei principi cardine della pace e della sicurezza internazionale».

Inutile ricordare all’ex salesiano on. Romano che, tra quei «principi cardine», campeggia anche quello della autodeterminazione dei popoli che, se vale nei confronti di «un criminale di guerra come Putin», vale anche nei rapporti tra Kiev e le Repubbliche popolari del Donbass.

Certo, se molti dei principi leninisti risultavano ostici a tanti mandarini del PCI, al PDS li rigettavano in blocco.

Non volendo annoiare i lettori, rispondendo parola per parola alle meraviglie patriottardo-interventiste dell’on. Romano (talmente sfacciato è il suo urlo di guerra, che chiunque non ha difficoltà a ribattere punto su punto), aggiungiamo soltanto che non crediamo a una sua “cecità”, quando afferma che quello ucraino «non è lo scontro tra due imperialismi o tra due nazionalismi militareschi».

Pensiamo si tratti piuttosto della disonestà politica di chi grida agli effetti, ma tace artatamente su origini e cause di uno scontro cui a Washington e Bruxelles si è dato il via oltre trent’anni fa (per quanto riguarda Washington, anche sessant’anni fa) affinché attraverso la piazza d’armi ucraina, NATO&UE si espandano über alles.

Qui, a proposito di PD, ci fermiamo davvero: non meritano nemmeno attenzione le ritrite giaculatorie su «pace, sicurezza, umanitaria ed economica», su «democrazia ucraina», consolidata da formazioni neo-naziste, omicidi di comunisti, stragi di civili a Odessa e in Donbass, vessazione dello stesso popolo ucraino, il tutto benedetto con genuflessioni agli altari di anticomunisti e liberali come Sakharov e Naval’nyj.

È così che i prodi guerrieri fautori di «democrazia e libertà» clerico-reazionaria, si dichiarano «pronti a partire per l’Ucraina» (Serracchiani), anche mentre i loro caporali di giornata escogitano soluzioni di intercessione confessionale: tutti loro, ovviamente, uniti nell’evitare di organizzare un movimento che, qui in Italia, faccia muro contro gli interessi della propria grande borghesia più legata alle mire espansionistiche del polo imperialista europeo.

Non sia mai che si amplifichi l’appello delle realtà più o meno organizzate dei lavoratori, a boicottare le omelie sull’“oro alla patria” (Ucraina), a contrapporre un sano e organizzato odio di classe nei confronti di quei grossi gruppi industrial-finanziari che, in Italia, mandano a casa migliaia e miglia di lavoratori e che, sul fronte europeo, vanno alla carica di nuovi mercati e nuove risorse da sottrarre al polo imperialista concorrente.

Molto più facile, più televisivo, più eroico «andare a Kiev», magari facendosi fotografare con quei bravi ragazzi di Ajdar, Donbas, Azov.

Tutto questo rappresenta, per così dire, il lato “spall’arm e avanti march” dello schieramento bellicista o “alternativo”. Nelle retrovie, operano i reparti incaricati di “diffondere il verbo” delle foto-notizie a senso unico e, ancora più indietro, abbastanza al sicuro nelle retrovie, i plotoni della controffensiva “culturale”.

Tra questi ultimi, da un po’ di tempo abbiamo scoperto distinguersi i novelli “Corridoni”, i redivivi “Bissolati”, i rinnovati “de Ambris” del moderno Avanti!! interventista.

Qualche giorno fa, il direttore Mauro Del Bue ha “intervistato” il «responsabile dell’Osservatorio Ucraina Massimiliano Di Pasquale, autore dei due libri “Abbecedario Ucraina”», presentato nientepopodimeno che come «l’interlocutore ideale per rispondere alle accuse che gli ambienti filo-russi, anche in Italia, rivolgono all’Ucraina».

Ora, lasciamo alla (in)coscienza dei signori Del Bue e Di Pasquale cosa intendano per «ambienti filo russi» e quali organizzazioni, gruppi, semplici individui essi pretendano di affastellare in tale categoria. Qui, non ci interessa analizzare chi e come mescoli in una medesima nozione, indistintamente, Russia sovietica, Russia borghese...

Qui interessa semplicemente vedere come quei signori “rispondano” a quanti ricordino il ruolo di USA, NATO, UE nella crisi globale che, per ora, ha come epicentro l’Ucraina; ruolo passato sotto silenzio, ignorato o addirittura negato da quanti, da decenni o appena da mesi, proclamano i “valori occidentali” quale Vangelo della democrazia borghese.

E dunque. I novelli “Bissolati” ci assicurano che in Ucraina «Nel 2014 non c’è stato alcun colpo di stato» e che «Pravy Sektor e Svoboda... non sono nazisti. Sono nazionalisti. C’è differenza tra nazionalisti e nazisti. Solo i russi li confondono. Per la propaganda sovietica, chiunque rivendicasse nei decenni trascorsi l’indipendenza era giudicato nazista».

Gli “indipendentisti”, anche quelli di “sinistra” (torneremo in altra occasione su questi aspetti storici) che dopo la Rivoluzione d’Ottobre non ne volevano sapere dell’unità tra proletariato ucraino e russo e proclamavano invece l’unione con la borghesia nazionalista ucraina, confluirono poi nelle formazioni che durante la guerra operarono da Polizei al servizio dei nazisti: in epoca sovietica non «li confondono», ma li giudicavano per quello che erano e avevano fatto.

Allo stesso modo, «Le stragi nel Donbass» sarebbero state provocate dalla Russia e da Putin che «Col riconoscimento delle due repubbliche ha mostrato il suo spirito che è animato dalla cabala. Era il 22.02.2022, quando invase la Georgia era lo 08.08.2008. Nel Donbass non c’è una guerra etnica. In Ucraina c’è un esempio di stato tollerante e multi etnico».

Qui è difficile distinguere tra smarronate editoriali, superstizioni dell’autore e direttive di via Guido d’Arezzo a Roma. Quanto alla “tolleranza” dello «stato multietnico», pensiamo si debba ascoltare il parere non solo della “minoranza” russofona, ma anche di quelle polacca, ungherese, rumena, ecc., in particolare dopo l’adozione della legge sull’ucraino quale unica lingua di stato.

Si parla poi del Battaglione Azov, che «ha al suo interno anche elementi di estrema destra dalle simpatie fasciste. Ma è un battaglione di circa 2000 uomini su un numero di centinaia di migliaia di militari». Le foto e i video che testimoniano della amenità di tali “pargoli” sono troppo conosciute, perché sia necessario riproporle.

Dopo tali delizie, per le quali si portano prove su… quanto funzioni l’Ambasciata ucraina in Italia, nessuno stupore che anche la strage alla Casa dei sindacati a Odessa, il 2 maggio 2014, venga descritta con questa “sequenza”: «prima i filo russi attaccano una marcia pacifica a sostegno dell’unità ucraina» e poi... «è impossibile identificare la fonte dell’incendio che ha provocato la morte di 42 attivisti filo russi».

Certo, la procura generale ucraina aveva addirittura incolpato «il forte vento che soffiava quel giorno a Odessa»: peccato che le televisioni di tutto il mondo abbiano mandato in onda, il giorno successivo, i filmati di come poliziotti e nazisti sparassero dalla piazza antistante l’edificio contro coloro che si affacciavano alle finestre cercando di mettersi in salvo dal fuoco e di come chi riusciva a uscire dal palazzo venisse finito a bastonate.

Sul referendum che sanciva il ritorno della Crimea nella compagine russa, ovvio che «l’interlocutore ideale» si indigni con uno sbotto «E sarebbe regolare un’annessione prima risultato di un’occupazione e poi di una consultazione incontrollata e vigilata dagli occupanti?». Ma, non era stato il Kosovo dei tagliagole del UCK a far scuola?

Nei loro testi sacri è scritto “Non seguirai la maggioranza per agire male e non deporrai in processo per deviare verso la maggioranza, per falsare la giustizia” (Esodo). Ma quello era il vecchio testamento; oggi, ci si adatta ai tempi di guerra.

PS. Avete presente una delle ultime “eroine” della «resistenza dei russi contro Putin»? Sì, la ragazza con il cartello apparsa “improvvisamente” sul Primo canale TV russo. Ebbene, la solita “propaganda filo russa” ha il coraggio di scrivere che Marina Ovsjannikova (è il cognome da sposata: il marito è russo ) è ucraina, originaria della regione di L’vov e di cognome fa Luponos, vive in Russia dal 2012 e lavorava lei stessa al Primo canale; contemporaneamente lavorava anche per un canale occidentale. La sua apparizione in TV è coincisa con il bombardamento ucraino di Donetsk; sarà stato un caso?

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