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22/03/2022

La “smarronata” di Zelig Zelenskij

C’è un senso nella sfilza di plenarie parlamentari, nelle capitali occidentali, dedicate all’ascolto di Volodymir Zelensky, il presidente ucraino. E non è affatto tranquillizzante.

Lo scopo appare infatti quasi trasparente: creare un’opinione pubblica occidentale favorevole all’intervento nella guerra in Ucraina. Poi la scelta starà ai vertici politici e militari, che sanno benissimo come si stia camminando sul filo del rasoio.

Già il mandare armi a Kiev è pericoloso. Non solo perché infrange la “legalità” apparente della Nato (l’Ucraina non appartiene all’alleanza, dunque non c’è nessuna giustificazione legale per il sostegno militare), ma soprattutto per i rischi “pratici”.

Un convoglio di mitragliatrici, cannoni di piccola taglia, missili antiaerei “a spalla”, munizioni, ecc., può facilmente arrivare alla frontiera camuffato da “convoglio umanitario”, come stava avvenendo all’aeroporto civile di Pisa (anche il luogo di partenza serve a nascondere la natura militare dell’operazione). Poi, una volta consegnato agli ucraini, ne avverrà quel che deve avvenire, senza problemi per lo “spedizioniere”.

Tutt’altra cosa è mandare armi “importanti”, come aerei, elicotteri, mezzi blindati. Queste cose “si vedono”, dai satelliti o con i radar. Il rischio di “incidente” – piloti Nato intercettati in cieli ucraini da caccia russi – è altissimo. E dalle conseguenze catastrofiche, perché si tratterebbe di uno scontro tra potenze nucleari.

La costruzione di una “senso comune” pro-guerra, tra l’altro, è vista anche come un potente narcotico per le tensioni sociali ormai inevitabili dopo due anni di pandemia (gestita in modo criminale in tutto l’Occidente, per garantire la continuità della produzione), il rincaro pazzesco di tutte le materie prime e dunque un’inflazione galoppante che si divora salari e pensioni che erano già prima sotto il livello della sopravvivenza.

Avere un presidente-attore, in grado di sostenere “professionalmente” diverse parti in commedia, deve essere sembrato ai vertici Nato un’occasione imperdibile per scassinare le coscienze, “delle masse” come dei pallidi “onorevoli” seduti sugli scranni da cui si votano gli aumenti delle spese militari.

E in effetti Zelenskij si sta rivelando un autentico Zelig – personaggio creato da Woody Allen – ossia uno che assume qualsiasi faccia a seconda dell’interlocutore, grazie a sceneggiatori probabilmente di scuola Hollywoodiana.

E dunque è antinazista parlando al Bundestag, giocando sul complesso di colpa che giustamente affligge i tedeschi da quasi 80 anni. È per la libertà (di impresa) dappertutto, ma soprattutto parlando al Congresso Usa, dove solletica l’animosità con i paragoni con Pearl Harbour.

Anglosassone “senza se e senza ma” comiziando a Westminster, e infine – in attesa di esibirsi a favore del Parlamento italiano – in veste di ebreo vittima di un nuovo Olocausto davanti alla Knesset di Tel Aviv.

E proprio qui ha sbagliato la parte, oppure – che è lo stesso – gli sceneggiatori hanno esagerato con le metafore storiche tirate fuori “a pen di segugio”.

Ha detto infatti che “i russi stanno usando contro l’Ucraina termini come “la soluzione finale”, gli stessi usati 80 anni fa dai nazisti”. E che Putin “vuole distruggere tutto ciò che rende ucraini gli ucraini: ecco perché uso il confronto con la vostra storia”.

Per poi scendere sul più concreto terreno della richiesta di armi per l’Ucraina e sanzioni per la Russia, come sta facendo tutto il resto dell’Occidente.

Curioso – o rivelatore – che abbia sbagliato la parte proprio nel luogo e nel ruolo che doveva risultargli più facile. Zelenskij è in effetti di origine ebraica, così come il suo oligarca ucraino di riferimento, Igor Kolomoiskij, casualmente anche principale finanziatore del battaglione Azov (i nazisti armati che controllavano Mariupol e bombardavano il Donbass), pur risiedendo abitualmente proprio in Israele.

Insomma, avrebbe dovuto sapere per cultura familiare che per la comunità ebraica c’è solo un paragone che è vietato fare: quello con l’Olocausto.

E immediata è arrivata la bacchettata furiosa del ministro israeliano delle comunicazioni, Yoaz Hendel, a nome del governo e della Knesset: Israele “apprezza il Presidente dell’Ucraina e sostiene il popolo ucraino nel cuore e nei fatti, ma è impossibile riscrivere la terribile storia dell’Olocausto. Genocidio commesso anche sul suolo ucraino. La guerra è terribile, ma il confronto con gli orrori dell’Olocausto e la soluzione finale è scandaloso”.

Si può naturalmente discutere, storiograficamente, sul fatto che l’Olocausto non è stato soltanto lo sterminio di 6 milioni di ebrei, ma anche di altri milioni di zingari, omosessuali, comunisti (a cominciare da Ernst Thälmann, segretario del partito tedesco, ucciso a Buchenwald), ecc. E dunque del fatto che la “soluzione finale” di Hitler doveva comprendere anche gli untermeschen slavi (gli stessi ucraini, insomma, a meno che non fossero collaborazionisti come Stepan Bandera).

Ma è comunque giusto distinguere nettamente gli orrendi massacri di civili che avvengono in ogni guerra – e l’Occidente “liberale” a guida Usa ne ha provocati centinaia, negli ultimi 80 anni – dallo sterminio pianificato di esseri umani “segnati” dalla fede religiosa, dalle convinzioni politiche, dalle preferenze sessuali o ancor più semplicemente su base etnica.

Quella di Zelenskij è stata insomma una “smarronata” che chiarisce come il suo “tour” nei parlamenti occidentali sia un’operazione di comunicazione a beneficio dei rispettivi vertici politico-industrial-militari, per “incentivare” la fidelizzazione di massa alle scelte pro-guerra.

Una smarronata che non produrrà comunque grandi effetti, visto che gli “operatori dell’informazione” sono stati immediatamente messi all’opera per ridurre al minimo il disturbo creato dall’“incidente” alla Knesset.

Anche perché lo stesso Stato Ebraico (uno stato non laico, ma su base confessionale, come stabilito di recente nella sua costituzione, al pari di alcuni altri con religioni diverse...) non ha alcun interesse a tirarla per le lunghe (altre guerre, e interlocutori ben più importanti, premono alle sue porte).

Però, chi si muove anche in questo paese per una pace vera, ha l’occasione per memorizzare un modo di funzionare del potere in questa parte del mondo. E di corazzarsi anche rispetto alle prossime ondate di disinformazione istituzionalizzata che sgorga dal sistema mediatico più asservito del mondo.

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