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23/03/2022

Russia: un punto di vista semiufficiale sulla guerra in Ucraina

Qualche giorno fa, ROTFront (Fronte unito russo del lavoro) riportava una dichiarazione del RKRP (Partito Comunista Operaio Russo) a proposito della guerra in Ucraina, che iniziava con queste parole:
«Il mondo guarda con preoccupazione all’estremo inasprimento delle relazioni tra la Federazione Russa e i paesi occidentali, a partire da USA e membri della NATO. Il RKRP ha appoggiato il riconoscimento delle repubbliche del Donbass e la repressione del fascismo da parte delle forze armate russe e delle milizie del Donbass.

A questo proposito, molti nostri compagni stranieri pongono la domanda: “è possibile percepire Putin e la Federazione Russa come una forza antimperialista, una difesa dei lavoratori dai dilaganti nazisti e fascisti?”

In risposta a tali domande, il Centro Stampa del CC del RKRP è autorizzato a dichiarare: “un tale punto di vista è erroneo. Il fatto che il governo russo, proteggendo gli interessi del proprio imperialismo, stia adempiendo un lavoro positivo di repressione delle bande fasciste in Donbass e Ucraina, il che risponde agli interessi dei lavoratori, non lo rende per questo progressista.”

La Federazione Russa persegue una politica interna ed estera inequivocabilmente reazionaria. Ne è testimonianza l’azione punitiva del regime, il 6 gennaio 2022, a Mosca, nei confronti dei partecipanti al picchetto a sostegno della lotta dei lavoratori del Kazakhstan», ecc, ecc.
Questa è grosso modo una posizione comune a molte (non a tutte) organizzazioni comuniste russe.

Come guardino alla situazione attuale molti russi lontani dalle posizioni dei comunisti e che, in altre condizioni, sono anche abbastanza critici nei confronti della leadership russa, può essere esemplificato dalla sintesi che riportiamo, in cui si esplicitano posizioni inequivocabilmente filo-putiniane e, altre che, pur non dichiaratamente pro-governative, giudicano le operazioni militari russe in Ucraina una pietra miliare dell’attuale fase storica mondiale.

Riportiamo, senza commenti, una breve sintesi degli interventi di politologi e osservatori russi nel corso di una trasmissione televisiva ancora molto seguita (anche se non come in passato) in Russia, il cui conduttore, Vladimir Solov’ëv, è tra le persone sottoposte a sanzioni occidentali per (ca va sans dire) per difendere le posizioni del Cremlino.

Per essere chiari: forniamo informazioni che possono essere utili a farsi un’opinione (visto quel che passa sui media mainstream occidentali), non il nostro punto di vista.

*****

Le operazioni militari russe in Ucraina dovranno concludersi con un nuovo sistema politico nel paese. Se i nazisti rimarranno al potere, si può fare piazza pulita dell’intera infrastruttura militare ucraina, ma ciò non avrà alcun significato. Queste le parole pronunciate dal politologo russo Sergej Mikheev nel corso del talk show svoltosi domenica scorsa sul canale Rossija 1, condotto ormai da anni dal “Bruno Vespa” russo, Vladimir Solov’ëv.

Se la Russia ottiene la vittoria militare e, però, lascerà che al governo a Kiev rimangano personaggi usciti dal golpe del 2014, che siano Zelenskij o altri, allora sarà come se, nel 1945, Mosca avesse detto «Bene, la Germania è sconfitta, abbiamo eliminato il nazismo; ora noi ci ritiriamo e al governo può andare Goebbels, oppure Ribbentrop»

Sarebbe una disfatta: una sconfitta là, che si rivolgerebbe immediatamente anche qua. Tutte le vittime sarebbero state vane. La denazificazione, senza cambiare il potere politico, è impossibile. Rimane da decidere chi dovrà condurre la denazificazione.

In Ucraina, ha detto Mikheev, è stato condotto un esperimento psico-politico su scala nazionale... una sacralizzazione di fatti, cose, momenti che, tra le persone normali, sono giudicate sbagliate. Ogni popolo ha i propri più e meno. Ecco, sembra che in Ucraina tutto quanto vi era di negativo, sia stato elevato a “unica ricetta” valida per l’intero popolo ucraino.

Se guardiamo ai comportamenti sfacciati di molti profughi ucraini, si ha l’impressione che in tutta la popolazione abbiano instillato il dogma della razza eletta, ariana.

Con la cultura, l’istruzione, i media, hanno formato una generazione il cui orgoglio si è espanso in misura incredibile, tanto da trasformarsi in boria, arroganza; si è creato un ego ucraino tale da giustificare la convinzione che tutto ti sia permesso... questo è quello che noi definiamo nazificazione... una nuova forma di satanismo... il bianco è diventato nero e il contrario...

Tra parentesi, giornalisti americani hanno messo in evidenza come tra le varie simbologie in Ucraina vi sia anche il sole nero, die schwarze Sonne della Germania hitleriana... nei confronti di noi russi ogni cosa è loro consentita, a loro, ariani provenienti dal cosmo... se non interverremo sul sistema mediatico, sull’istruzione, sulla cultura, essi in breve tempo trasformeranno la sconfitta militare in vittoria morale e politica.

È insomma necessario un cambio di sistema, con persone nuove al potere... Dobbiamo renderci conto che, conducendo trattative con gli attuali rappresentanti ucraini, noi stiamo legittimando l’attuale potere ucraino... può darsi che i colloqui non portino a nulla, ma in ogni caso, noi, conducendoli, stiamo legittimando gli attuali capi... Chi siede all’altro capo del tavolo dei colloqui? Siedono nazisti, persone ugualmente responsabili dei crimini che noi condanniamo.

E Solov’ëv: «Perché dovremmo condurre trattative con loro, coi nazisti, su altri punti che non siano l’unico punto con cui è lecito trattare con loro? Vale a dire, la questione dei corridoi umanitari. Perché dovremmo trattare la questione della denazificazione con dei nazisti?».

Nella stessa trasmissione, Oleg Morozov, presidente del comitato della Duma per il controllo, ha spostato il discorso sulla prospettiva occidentale: «Come è vista la situazione in Occidente? Per bocca del portavoce di Erdogan, İbrahim Kalın, in Occidente si dà questa rappresentazione del momento attuale: Putin, ha detto Kalın, non parla più di sostituzione di Zelenskij, prende atto della realtà, che Zelenskij è il leader del popolo ucraino, gli piaccia o meno; come risultato, proprio Putin porrà fine a questa guerra, quando egli deciderà di aver ottenuto da essa ciò che voleva: compromesso, concessione, accomodamento”.

Vale a dire, ha detto Morozov, questo è quello che vogliono da noi: si attendono che noi, dopo aver vinto la guerra, cominciamo a giocare di nuovo secondo le regole ammesse dall’Occidente collettivo, cioè torniamo al 15 dicembre, quando abbiamo presentato le nostre richieste di sicurezza e cominciamo di nuovo a discuterle. Ad esempio, il non ingresso dell’Ucraina nella NATO; ma questo andava bene prima del 24 febbraio».

E Solov’ëv insiste: come possiamo garantire il non ingresso dell’Ucraina nella NATO? Dovremo impiantare una base militare russa al poligono di Javorov, dovremo assicurare la presenza russa fino al mar d’Azov, al mar Nero e fino alla Transnistria...

Soltanto ora, ha detto Morozov, sia in Ucraina che in USA parlano che non si è mai detto di ammettere l’Ucraina nella NATO. In Ucraina, arrivano addirittura a sostenere che è tutta colpa di Porošenko, che fosse stato lui a insistere per l’adesione alla NATO, che loro, oggi, non hanno mai detto nulla del genere, ecc. In realtà, prima del 15 dicembre parlavano in altro modo.

Con l’Occidente, in particolare con l’Europa, ha aggiunto Mikheev, bisogna parlare in modo aspro, perché capiscono solo quel linguaggio: se intervenite, riceverete un batosta nucleare... E, a proposito di compromessi cinici, per usare le parole del consigliere presidenziale turco, il quadro ideale per Mosca sarebbe l’intera Ucraina “amica della Russia”.

Ma il quadro reale a questo punto delle operazioni può però prevedere una variante con un saliente da Kharkov alla Transnistria, senza Kiev, che ci assicuri mar d’Azov e mar Nero. Un’altra variante: una linea da Žitomir a Vinnytsa, includendo Kiev. Per quanto riguarda l’Ucraina occidentale, lasciamo che siano i polacchi, che hanno molti conti in sospeso coi banderisti, a denazificarla.

Nel corso del programma è stato mostrato un frammento dell’intervista di Aleksandr Lukašenko al canale TV giapponese TBS, nel corso della quale il bats’ka bielorusso ha detto di ritenere che Zelenskij controlli poco i processi che accadono in Ucraina, anche prima della guerra.

Ora a Kiev ci sono concrete persone, ha detto Lukašenko, che dirigono la situazione, anche quella al fronte. Ci sono uomini dell’Occidente che hanno preso il controllo delle operazioni militari, oltre a continuare a inviare armi; lui, Zelenskij, non dirige nulla, non tanto perché non può, quanto perché non gli danno modo di dirigere...

Per far cessare la guerra, oggi è necessario un segnale dell’ONU, dell’Occidente a Zelenskij e la guerra cesserà dalla mattina alla sera.

Lo scrittore Zakhar Prilepin, veterano della guerra di Cecenia a fine anni ’90, ha riassunto l’atteggiamento delle forze russe nei primi giorni delle operazioni in Ucraina e del mutamento di tattica successivo. Ma la questione che, a suo modo di vedere, è quella più urgente, a partire dai territori già sotto controllo russo, è quella di garantire la sicurezza di tutti quegli esponenti ucraini che, nelle cittadine e nei villaggi, hanno il coraggio di prendere il posto degli amministratori nazisti.

Lo spunto è dato dalla notizia che il 20 marzo, a Kherson, già sotto controllo russo, è stato ucciso l’attivista politico Pavel Slobodčikov, che si era detto pronto a collaborare con le autorità russe.

È sinora mancata una decisione politica sulla questione, ha detto Prilepin. In vari casi le persone favorevoli alla Russia hanno chiesto il sostegno delle nostre truppe, hanno chiesto che gli vengano fornite armi, hanno chiesto protezione: ma non è stato fatto nulla.

Mancando una decisione politica da Mosca, i comandi militari in loco non hanno garantito la sicurezza a queste persone, e così è stato ucciso Slobodčikov, così come sono stati uccisi altri esponenti locali in zone non controllate dalle truppe russe, solo perché avevano espresso dubbi nei confronti di Kiev.

È dunque urgente, ha detto Prilepin, lanciare un preciso appello ai cittadini ucraini, che li rassicuri. Va bene la demilitarizzazione, va bene la denazificazione, ecc., ma a livello statale non è stato detto nulla, del tipo «noi non vi lasciamo soli, non ce ne andiamo».

In quale forma sia meglio concretizzare quel “non ce ne andiamo” è da elaborare, ma intanto diciamolo e diciamolo soprattutto a quelle persone disposte a farsi carico del nuovo potere; persone che altrimenti, temendo di esser lasciate sole una volta partite le forze russe, rischiano di essere assassinate dai nazisti ucraini.

Forse sarebbe il caso di dar vita, nelle zone liberate, a amministrazioni militari-civili, in modo da garantire la sicurezza di tutte quelle figure disposte a lavorare per la Russia, ma che temono, una volta partiti i nostri soldati, di venir passate per le armi dai nazisti rimasti. Dobbiamo dar loro una certa sicurezza che, ora che noi siamo arrivati, nulla e nessuno li minaccia più.

Intanto le operazioni vanno avanti e, parafrasando il Luca evangelico, si può azzardare che «Verranno giorni nei quali, del nazismo che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».

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