Partiamo da due votazioni all'ONU che sono una significativa introduzione al discorso che segue.
24 novembre 2014.
All'ONU la Russia propone una condanna del nazismo. Ucraina, USA e Canada votano contro. L'Italia (governo Renzi) si astiene, assieme alla UE. L'Occidente era coerente: come faccio a condannare il nazismo se in Ucraina devo sostenere Settore Destro, Svoboda e banderisti e nazisti assortiti? Non si può.
18 novembre 2021.
La Terza Commissione dell’ONU approva una risoluzione che vieta la glorificazione del nazismo con 125 voti a favore, 53 astenuti (tra cui l'Italia, governo Draghi) e i voti contrari di Stati Uniti e Ucraina. Stesso copione. Come faccio a votare a favore quando so che devo glorificare i nazisti ucraini del battaglione Azov e del battaglione Donbass assieme ai volontari nazisti provenienti da mezzo mondo? Non si può.
Durante la prima settimana di guerra, in Russia c'era sconcerto e preoccupazione. Poi la situazione è cambiata. Non a causa di leggi restrittive (che sono giunte dopo – e in Ucraina è anche peggio: 11 partiti di fatto fuorilegge e la TV sotto legge marziale), non a causa di imponenti campagne di PR, di informazione o disinformazione, sia perché i mezzi per attuarle sono in mano occidentale, sia perché i Russi, al contrario degli occidentali, comunque non sono capaci di farle; a parte qualche barlume creativo sono rimasti fermi all'Unione Sovietica, sono grezzi (poco più di un burocratico briefing ministeriale, niente di psicologicamente sofisticato, capacità di marketing politico e di pubbliche relazioni a livelli elementari).
E quindi? E quindi, ed è solo un apparente paradosso, la situazione si è rovesciata grazie alla nostra capacità di manipolazione delle masse e per la precisione grazie alla combinazione di due cose: a) la glorificazione occidentale di forze notoriamente naziste e dedite a crimini di guerra e ad altre violenze, b) una forsennata campagna occidentale d'odio contro tutto ciò che è russo: artisti, musicisti, registi, cantanti, scrittori, lingua, tutto. Una campagna di stampo razzista, che ogni russo sente sulla propria pelle, lo disgusta e gli ha fatto tornare in mente una delle periodiche crociate dell'Occidente contro la “Madre Russia”.
In sintesi, i Russi si sono trovati alle porte dei nuovi cavalieri teutoni, con la svastica sugli scudi, che premono verso Mosca al grido di “Cancelliamo la Russia!”. Questa è oggi la loro percezione e noi abbiamo fatto di tutto perché l'avessero, dall'Errore Fatale dell'espansione a Est della Nato, denunciato 25 anni fa da George Kennan, all'Idiozia Fatale dell'ubriacatura russofobica corrente.
Il fatto è che noi ci siamo scordati che i Russi una campagna come questa l'hanno già subita otto decenni fa. Ma loro non lo hanno mai dimenticato, perché non possono dimenticare 27 milioni di morti in quattro anni di guerra.
Il risultato congiunto di Errore Fatale e Idiozia Fatale è stata una crescita costante del consenso per le scelte, obtorto collo sempre più radicali, del Cremlino (così come lucidamente previsto da Kennan nel 1997). Se prima c'erano possibilità modeste di minare la base di consenso per Putin, in questo momento sono pari a zero.
Se il liberista Putin che voleva entrare nella UE e nella Nato si alienava una grande fetta della società russa (il Partito Comunista Russo è ampiamente il primo partito d'opposizione, non, come ci vogliono far credere, quella sorta di minuscola filiale del Dipartimento di Stato americano che è “Russia del Futuro” di Navalny - esempio di sconnessione cognitiva occidentale), attorno all'a-liberista Putin (non so come altro definirlo), attorno al Putin non solo non ammesso al club occidentale ma odiato perché ha ridato alla Russia dignità nazionale e un inizio di benessere (sulla cui distribuzione c'è molto da discutere e da eccepire), attorno al Putin che pensava di potere fare gli interessi (liberisti) della Russia mettendosi con l'Occidente e poi si è trovato costretto dall'Occidente a doverli fare contro di esso (cosa che qualifica questo scontro come un classico conflitto mondiale da crisi sistemica capitalista, dove non c'è nessun "valore" in gioco, ma solo "interessi"), ebbene attorno a questo Putin si è ricucito e compattato quel consenso che si è potuto toccare palmarmente nel recente grande show cremlinesco allo stadio di Mosca davanti a centomila persone che lo acclamavano, in occasione dell'ottavo anniversario della riunificazione della Crimea alla Federazione Russa.
[Appunti per un altro post.Tornando a noi, viene il forte sospetto che in Russia lascino vedere tutti i media occidentali proprio per ottenere questi risultati. Perché noi in realtà la Russia e i Russi non li conosciamo e suppliamo alla nostra ignoranza con una overdose di arroganza, siamo convinti che tutti i popoli del mondo pensino come noi e che se non pensano come noi devono con le buone o le cattive pensare come noi. Questo è parte integrante della sindrome da sconnessione cognitiva. A dire il vero, il vecchio impero britannico era molto attento a rimanere in contatto con la realtà (per piegarla efficacemente ai suoi voleri). Il fenomeno della sconnessione cognitiva ha preso piede in Occidente con l'impero americano e con un andamento esponenziale. È una questione di condizioni storiche frammiste a forme mentali che orientativamente definirei “disorganizzate”, non sistemiche. Un intreccio complesso di cui qui non parlerò.
Sapere se tale consenso, in questa o altre forme, durerà o meno è tutto da scoprire. Dipende dall'andamento della guerra, dipende dalle sanzioni e da come verranno assorbite e ciò a sua volta dipende da cosa vuol dire quel termine “a-liberista” che per ora ho usato come segnaposto. Esemplifico: Putin ha appena confermato Elvira Nabiulina, una liberista e “integrazionista atlantica”, a capo della Banca Centrale Russa nonostante siano in corso feroci polemiche sul fatto che la Nabiulina abbia lasciato gran parte delle riserve valutarie russe in Occidente (che se le è ovviamente inquattate, come è d'uso fare), cosa che per qualcuno è una sorta di “tradimento”. Ma contemporaneamente ha anche nominato Sergei Glazyev (che se non ricordo male era già oggetto di sanzioni occidentali ad personam e sembrava sparito dai radar) come Ministero per l'Integrazione e la Macroeconomia dell'Unione Economica Eurasiatica. Due atti che sembrano in diretta contraddizione. Ma è proprio così? Interesseranno ancora, e dove, le riserve valutarie in dollari ed euro? Interesserà ancora, e dove, fare o non fare default? Certo interessa ai nostri “esperti” ma bisogna vedere se interesserà nella nuova configurazione del sistema-mondo in quella che ho deciso di chiamare “era post-contemporanea” (se c'è il “metaverso” ci può essere anche un'epoca “post-contemporanea”, no?), che segue quell'era contemporanea che nella mia personale periodizzazione inizia con la vittoria dei Nordisti nella Guerra Civile Americana.
Se saremo ancora vivi ne riparleremo. Se non saremo più vivi vuol dire che era anche inutile parlarne, tanto non potevo fare nulla per convincere qualcuno a fermare la corsa verso l'abisso.
Fine degli appunti]
Dicevo “lo stadio di Mosca”. Ma Putin non doveva essere in un bunker segreto in Siberia perché i carri armati di Kiev stavano assediando il Cremlino e gli 007 dissidenti assieme a ricconi e oligarchi inviperiti per le sanzioni gli davano la caccia per eliminarlo? No, stava facendo un bagno di folla. Ma i nostri media non hanno perso l'occasione di dar sfogo alla loro ormai irrefrenabile voglia di raccontare frottole: per loro tutte quelle persone erano “ovviamente pagate”. Questa è ovviamente una balla o una pia illusione (e disprezzo per il proprio pubblico). Ora, il punto è che credere alle proprie bugie aumenta, appunto, la sconnessione cognitiva, cioè la difficoltà di interpretare correttamente la realtà e quindi di incidere su di essa. Come se io pensassi di sconfiggere sul ring un pugile di 100 chili ripetendomi come un mantra “tanto è un pallone gonfiato”. Sai come va a finire! Ma questi sarebbero fatti miei. È invece criminale se la sconnessione cognitiva rischia di mettere a repentaglio la vita sulla Terra.
Chi infatti in preda alla sconnessione cognitiva era troppo occupato a tentare di denigrare l'evento cremlinesco come una messinscena, non poteva capire la rilevanza di quel che diceva Putin. Gli sarà sfuggito ad esempio questo passaggio:
«L'obiettivo principale e la ragione dell'operazione militare che abbiamo lanciato nel Donbass e in Ucraina è alleviare queste persone dalla sofferenza, da questo genocidio. A questo punto, voglio ricordare le parole delle Sacre Scritture: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici”.»
Sapete cos'è questa? È né più né meno che la proclamazione di una “Grande Guerra Patriottica” come quella con cui l'Unione Sovietica sconfisse la Germania nazista.
A chi non sa mai a che ora è la lezione della Storia, ricordo che durante la Grande Guerra Patriottica, Stalin mise di lato l'ideologia socialista, tirò fuori le icone sacre, e coinvolse i pope. Perché una Grande Guerra Patriottica è per la Russia una guerra per la sopravvivenza da combattere fino all'ultimo respiro da parte di tutti indistintamente. Lì non si moriva per Stalin ma per la Madre Russia.
Se non si capisce questo si va incontro al disastro.
Putin da anni ripeteva all'Occidente: “Fermatevi! Negoziamo! Noi non abbiamo più lo spazio per arretrare, nemmeno se lo volessimo. Attenzione che i Russi hanno molta paura della guerra, ma sono pronti a combatterla”.
E così è stato. E se non fossi un credente mi verrebbe in bocca una bestemmia. Perché sto pensando a tutta la gente che muore e che soffre e a quella che soffrirà e morirà.
A questo punto è indispensabile che l'Occidente capisca che non può vincere contro chi combatte una guerra che è percepita come lotta per la sopravvivenza e che combatterà fino all'ultima goccia di sangue. È necessario che l'Occidente capisca che se i Russi hanno attaccato con uno svantaggio di 1 a 3 (o addirittura 1 a 6) invece che con un vantaggio di 3 a 1 o di 5 a 1 come prescrivono i manuali di guerra, è perché il grosso dell'esercito russo, cioè i 3 milioni e 300 mila soldati che non sono andati in Ucraina assieme ai loro 100mila commilitoni, è in patria ad aspettare un attacco della NATO. E se lo aspetta vuol dire che pensa che possa accadere di tutto. E può accadere di tutto perché come ha dichiarato Putin ai Russi non interessa un mondo senza la Russia. Non occorre essere scienziati politici per capire cosa vuol dire.
Durante la Seconda Guerra mondiale, i nazisti hanno imparato a carissimo prezzo, a partire da Stalingrado, la differenza tra una guerra di conquista (la loro) e una guerra di sopravvivenza (quella sovietica).
Si dice che al contrario speculare dei Russi, gli occidentali non hanno paura della guerra, ma non sono pronti a farla. E si noti un'altra cosa: a differenza della Russia, gli Stati Uniti non hanno mai combattuto una guerra per la propria sopravvivenza. È una differenza storica, psicologica e culturale, prima ancora che politica, fondamentale.
La Storia ha insegnato che una guerra fatta a 10.000 chilometri di distanza (Afghanistan, Corea, Iraq, Vietnam) prima o poi si perde, non per la lontananza fisica, ma per la “lontananza morale”, anche se si tenta di convincere con mille mezzi e in mille modi diversi che la sicurezza della propria casa è situata a 10.000 chilometri di distanza. Al contrario, una guerra combattuta davanti a casa, prima o poi la si vince. Oppure la casa crolla, ma con tutti i Filistei dentro.
Speriamo quindi che gli Occidentali non siano veramente pronti a fare la guerra. Perché in Russia ci aspettano, siamo riusciti a disgustarli, e a deluderli, come peggio non potevamo.
Brecht diceva che rapinare una banca era un crimine, ma che fondare una banca era un crimine ben maggiore. Allo stesso modo, iniziare una guerra è un crimine, ma provocarla ostinatamente e scientemente è un crimine più grande.
Rischiare di trasformarla in una guerra nucleare è un crimine che non ha fine e non ha perdono.
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