Tutti ricordiamo le immagini dei profughi afgani, uomini, donne, bambini, anziani, trasferiti con i voli speciali e approdati in Italia. L’Italia, pochi mesi fa si preparava ad accogliere 1200 profughi: ”vi accoglieremo e faremo di tutto per aiutarvi” questo il refrain nell’autunno del 2021.
I profughi sono arrivati e finiti nel calderone dell’accoglienza italiana: lunghe attese per il riconoscimento dello status, 75 euro al mese di pocket money, soluzioni abitative non proprio confortevoli, corsi di lingua italiana e poco altro.
Queste persone in fuga sono finite, in Italia, nel limbo dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Parlo con un mio amico afgano, ci stiamo salutando, dopo sei mesi il sistema di accoglienza ha deciso di trasferire lui ed altri afgani dal Sud al Centro-Nord, eppure queste persone in sei mesi avevano costruito le loro reti, si erano ambientate, avevano delle relazioni, pensavano di restare, e invece no, ora – mi spiegava – "si dice che bisogna svuotare le strutture di accoglienza perché stanno arrivando altri profughi dall’Ucraina".
Questo sta avvenendo non solo in Italia, ma anche in altri paesi europei. In Germania, a Berlino ad esempio, per liberare posti nel sistema d’accoglienza nazionale, si spostano i profughi afgani, tra cui bambini che intanto stavano frequentando la scuola, in comuni periferici.
Anche in questo caso, alla luce delle partenze forzate causate dalla guerra in corso, non sono mancate le dichiarazioni di rito e quelle che suonano come false promesse: accoglienza, inserimento, protezione per i profughi ucraini.
Welcome but not willing, questo è in sintesi il commento di chi si è ritrovato nella macchina dell’accoglienza; prima si costruisce un immaginario ”positivo” diffondendo immagini rassicuranti – gli arrivi, i primi ristori, i bimbi accolti nelle scuole, etc – poi, finito il clamore, anche nel caso dei profughi ucraini, donne e bambini, in particolare, inizieranno i problemi: quelli di dover continuare la propria vita altrove, procurarsi da vivere, per un tempo che è difficile da definire al momento.
Il governo italiano, le regioni, i comuni si preparano ad accogliere, così dicono, oltre 700mila persone. In Calabria, la Regione ha stanziato 5,2 milioni per l’accoglienza dei profughi, ma la maggior parte di questi, 4 milioni, verranno spesi per riqualificare le case e le possibili strutture abitative, in piccoli paesi in via di spopolamento; quello che resta, un milione e duecentomila euro andrà, invece, alla Protezione Civile sotto la voce ”prime spese”.
C’è da chiedersi se le abitazioni saranno presto disponibili per rispondere alle esigenze dettate dall’emergenza, e se le ”prime spese” saranno adeguate alle esigenze di chi arriva.
A Milano, il sindaco Sala, ha reso noto che sono stati stanziati 900mila euro, confidando nell’aiuto di altri fondi, perché il comune è già al collasso. Intanto, il governo italiano, così come in UK, sta pensando di stanziare altre risorse per l’accoglienza e fondi per le famiglie che accolgono i profughi.
Prima dell’esodo, in Italia, le statistiche ufficiali (Istat) 2021, registravano 235.953 persone ucraine, nella maggior parte donne (77,9). Le presenze si concentrano prevalentemente in 5 regioni italiane: in Lombardia 54.754 persone, in Emilia Romagna 33.164, Campania 41.075 mila, nel Lazio 24.149, in Piemonte 10.383.
L’inserimento nel mercato del lavoro – dati Istat 2021 – riguardava per il 65% il settore della cura, il 15% lavorava nel turismo, il 9% nell’industria, nei trasporti il 9%, e solo il 2% in agricoltura.
Una parte delle persone in fuga, quelle più ”fortunate”, hanno in Italia amici e parenti, ma gli altri? Per il momento gli imprenditori del turismo, hanno fiutato l’opportunità di sostituire una parte dei lavoratori italiani, oramai stanchi di subire lo sfruttamento, i bassi salari del lavoro stagionale, le 10 e più ore di lavoro giornaliero, con quelli ucraini, ”sparando” la disponibilità ad accogliere e dare lavoro a ben 10.000 ucraini, per il lavoro stagionale della prossima estate.
La stessa proposta è stata fatta in Grecia, per la stagione estiva, dagli imprenditori turistici.
È così che per le persone in fuga, questa finta beneficenza coprirà la quota mancante della forza lavoro autoctona, migrata nella fase pandemica verso altri settori, ed aumenterà lo sfruttamento per lavori dequalificati e sottopagati. L’esercito industriale di riserva è sempre utile. Profughi spediti come pacchi postali da una regione all’altra.
Welcome but not willing, solo sfruttati.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento