L’invocazione di giustizia per Giulio Regeni rinnovata tre giorni fa dai genitori di Regeni a Draghi, rimarrà probabilmente senza risposta. Non in tempi di guerra e non con una Italia a caccia di gas con cui sostituire quello russo, una caccia che coinvolge pienamente l’Egitto.
Dopo l’accordo da nove miliardi di metri cubi annui firmato in Algeria, l’Egitto si è aggiunto alla lista dei paesi ai quali l’Italia sta chiedendo maggiori forniture di gas per fare a meno di quelle russe.
A garantire l’operatività dei patti che il nostro paese sta stringendo all’estero è l’Eni, ovvero l'autentico ministero degli Esteri.
L’accordo ufficiale tra Eni e la compagnia di Stato egiziana Egas, già partner del gruppo in numerosi progetti, mira a promuovere l’esportazione di gas egiziano verso l’Europa, e in particolare verso l’Italia.
Il Fatto Quotidiano riporta che il presidente di Egas, Magdy Galal, e il direttore generale Natural Resources di Eni, Guido Brusco, hanno infatti firmato un accordo che, insieme a quello siglato per il riavvio dell’impianto di liquefazione di Damietta lo scorso anno, fornirà carichi di Gnl per volumi complessivi fino a 3 miliardi di metri cubi nel 2022 per il portafoglio Eni diretto in Europa e in Italia.
Le due parti hanno deciso di valorizzare le riserve di gas egiziane aumentando le attività gestite congiuntamente e identificando opportunità per massimizzare la produzione di gas a breve termine. Eni ottimizzerà inoltre le campagne esplorative nei blocchi esistenti e nelle aree di nuova acquisizione nelle regioni del Delta del Nilo, del Mediterraneo Orientale e del Deserto Occidentale.
Il giacimento egiziano di gas marino di Zhor, scoperto da Eni, è considerato la più grande scoperta di gas mai realizzata in Egitto e nel Mar Mediterraneo e l’approccio integrato utilizzato ha permesso all’Eni di mettere in produzione il primo gas in meno di 2 anni e mezzo dalla sua scoperta, un tempo record per questa tipologia di giacimento. Zohr si trova all’interno della concessione Shorouk, a circa 190 chilometri a nord della città di Port Said. Nel blocco l’Eni detiene una quota di partecipazione del 50% . Gli altri partner sono proprio una società russa – la Rosneft – con il 30%, la BP con il 10% e la Mubadala Petroleum con il 10%.
Si chiudono i rubinetti del gas dalla Russia in nome del diritto internazionale, si aprono quelli con l’Egitto in nome della necessità. L’ipocrisia domina le scelte di politica internazionale del nostro paese.
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