Il mito dell’esercito statunitense è in forte declino all’interno di una federazione dove si moltiplicano invece le milizie paramilitari. L’esercito potrebbe non raggiungere il suo obiettivo di reclutamento per almeno il 25% degli obiettivi che si era dato nel 2022.
La diminuzione sarebbe di 10 mila reclute per l’anno in corso, rispetto alle 60 mila previste e di circa 20 mila nel 2023.
Christine Wormuth, portavoce della Difesa, ha spiegato al Congresso che l’obiettivo finale previsto di 476 mila soldati per l’esercito a stelle e strisce non è realizzabile.
Il punto è che non si tratta di problemi di budget che, al contrario, sembra crescere all’infinito per il Pentagono. Le spese di bilancio federali per le guerre successive all’11 settembre includono molte spese ben oltre gli stanziamenti diretti di guerra del Congresso.
I circa 2300 miliardi di dollari di stanziamenti del Congresso durante l’anno fiscale 2022 per “Operazioni di emergenza all’estero”, che includono il combattimento nelle zone di guerra post-11 settembre e l’assistenza internazionale attraverso il Dipartimento di Stato, sono solo la punta di un iceberg.
Altre spese direttamente correlate alla Guerra al Terrore includono aggiunte al budget “di base” del Pentagono, circa 900 miliardi di dollari per tutto il 2022.
Eppure il Pentagono offre un bonus di arruolamento fino a 50 mila dollari. Ma molti degli aspiranti quando si presentano non superano i test di idoneità fisica e mentale.
Gli analisti hanno iniziato ad accorgersi del problema inizialmente ritenendo che la crisi fosse dovuta alla chiusure delle scuole in seguito al covid, durata quasi due anni. Le scuole superiori erano da sempre un bacino di pesca per l’esercito. Ma ora che questa scusa non è più valida con la riapertura, si sono trovati dinanzi a una crisi profondamente sociale del rapporto dei cittadini con il proprio esercito.
Sono stati resi noti ai media, ad esempio, i messaggi crittografati in cui ufficiali dell’esercito lo scorso anno deploravano, in merito al ritiro dall’Afghanistan, di essere stati costretti a lasciare indietro gli statunitensi.
“Siamo un fottuto re che abbandona i cittadini americani”, ha scritto un colonnello dell’82esimo distaccamento aviotrasportato. Secondo quanto riferito, le truppe regolari erano contrariate dal fatto che non fosse loro permesso di andare a salvare i cittadini statunitensi, come hanno fatto le forze britanniche e francesi.
I rapporti dell’epoca rivelarono una vera e propria rabbia tra le truppe per il modo in cui venivano usate. Un gruppo di alti ufficiali militari in pensione ha chiesto le dimissioni del Segretario alla Difesa Lloyd Austin. I membri del servizio hanno apertamente deriso il generale Mark Milley, presidente dei Joint Chiefs, l’organismo dei più alti dirigenti in uniforme all’interno del Dipartimento della Difesa.
L’esercito deve quindi affrontare adesso la peggior crisi di reclutamento da quando è diventato soltanto volontario, nel 1973.
Ne approfittano naturalmente i conservatori per attaccare il presidente Joe Biden, accusato per le sue aperture alla presenza di persone Lgbtqi di aver “demascolinizzato” l’esercito (sic!). In realtà una parte dell’astio dei repubblicani più retrivi si è manifestato per l’obbligo del vaccino contro il covid imposto da Biden a tutto l’esercito, che ha comportato 1100 espulsioni tra i soldati, 800 in aeronautica, mille in Marina e 2 mila espulsioni tra i marines.
La realtà è come sempre più materiale. Il mercato del lavoro negli Usa è diventato più competitivo poiché il tasso di disoccupazione è sceso al 3,6% e in particolare il settore privato è diventato più competitivo. Aziende come Amazon e Starbucks offrono 15 dollari l’ora per i nuovi dipendenti, rendendo questi lavori più attraenti per i giovani.
E senza rischiare di morire in battaglia, che non è un elemento da sottovalutare.
C’è infine un’ultima considerazione da fare riguardo al calo di patriottismo che innegabilmente prescinde, visti i numeri, dalle questioni materiali.
Gli Usa non sono più la potenza vincente dai tempi del Vietnam, lo shock dell’11 settembre, il fallimento in Afghanistan, i focolai di guerra rimasti irrisolti in Iraq e in Siria. Dal 2008, anno dell’elezione di Obama, al 2012, il numero dei gruppi definiti quali “patriottici” è cresciuto dell’813%, passando da 149 a ben 1360.
Sono gruppi paramilitari armati e si oppongono tutti al centralismo del governo federale. Tra i miliziani si nascondono spesso gli autori di stragi come quella di Oklahoma e nelle scuole negli ultimi dieci anni.
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