L’argomento dei giornali di ieri è stata la commemorazione dei fatti di Acca Larentia, ovvero l’uccisione di due militanti del Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano, nella Roma del 1978. Un appartenente di un’altra sezione della capitale sarebbe poi rimasto ucciso in seguito agli scontri con la polizia seguiti a una protesta.
Insomma, la notizia che ha rimbalzato tra canali televisivi e carta stampata è stato il ricordo organizzato di questi “martiri del fascismo”.
Ma ovviamente quel che ha destato l’attenzione non è il fatto che a fare gli onori siano stati il Presidente della regione Lazio, Francesco Rocca, e l’assessore alla Cultura del comune di Roma, Miguel Gotor. Il primo esponente di centrodestra, il secondo di centrosinistra.
Tutte le voci dell’informazione si sono concentrate sul «dito» piuttosto che sulla «luna», ovvero su un gruppo piuttosto nutrito di fascisti (circa 200 persone) che hanno poi ricordato i loro defunti camerati con il “presente” e il saluto romano.
I finti democratici e progressisti hanno subito gridato allo scandalo, e hanno così trovato il modo di affermare – solo a parole – una qualche differenza tra il governo e le “opposizioni”. Basti ricordare la presenza di Gotor, “dietrologo” di centrosinistra, per capire quanta poca distanza ci sia…
Lasciamo da parte il fatto in sé. Quei 200 fascisti andrebbero naturalmente perseguiti per l’esaltazione dei crimini che il fascismo (non solo nel Ventennio, ma anche dopo) ha commesso.
Ma non c’è nessun “nuovo” scandalo: basta una rapida ricerca su Google, e vediamo come questa scenetta si ripeta ogni anno. Qualsiasi sia il governo, chiunque amministri la Regione Lazio. Se è sempre avvenuto, è perché nessuno ha mai voluto impedire che accadesse.
A parte i sinceri antifascisti, si intende. Quelli che appunto sanno bene che lo sdoganamento del fascismo è avvenuto già da tempo, che è stato portato avanti sistematicamente dall’attuale classe dirigente, che all’interno di essa, pur non essendo monolitica, non vi sono differenze sostanziali.
La vera notizia è che due rappresentanti delle istituzioni hanno commemorato dei fascisti.
Uno appartenente a una destra ancora ambigua, uno del centrosinistra che urla ai quattro venti di essere antifascista… Tutti e due hanno portato corone per dei fascisti. L’atto estetico del saluto romano, alla fin fine, era previsto e scontato.
Non è insomma un caso che solo su questo si può scatenare la “polemica” del giorno dopo, ad esclusivo uso dei media. Per ciò che riguarda la sostanza, son tutti d’accordo, sulle apparenze si possono scornare in pubblico per poi seguire tutti pedissequamente le linee euroatlantiche.
Del resto, pur con le differenze dovute alla distanza nel tempo, quelle linee sono le stesse dei membri del MSI. Sono tutti dalla stessa parte, e perciò Rocca e Gotor non hanno problemi a ricordare dei fascisti e a rendere la loro morte parte di una memoria collettiva che vorrebbero “condivisa”.
Vogliono – entrambi – far passare quei tre militanti come “martiri” di una stagione di violenza politica “scatenata dalla sinistra”, durante la quale in tanti sono rimasti vittima degli «opposti estremismi».
La realtà è che la democrazia nel nostro paese è sempre stata sotto scacco dell’eversione nera guidata dagli apparati NATO, attraverso esponenti politici e forze armate nostrane.
Era la “democrazia protetta” di De Gasperi, il Piano Solo, il golpe Borghese, e poi appunto la “strategia della tensione”. Le bombe piazzate dai fascisti, i contatti coi servizi segreti e gli esplosivi dell’alleanza atlantica, tutto per contrastare il movimento dei lavoratori che alzava la testa.
Se si vanno a leggere le più recenti ricostruzioni storiografiche del periodo (quelle oneste, chiaramente…), si apprende che in pratica quasi tutti gli episodi di violenza politica tra la fine degli anni Sessanta e la metà del decennio successivo sono stati opera fascista. Chiunque ha poi cercato di garantire al paese un’alternativa a questo sistema di guerra e sfruttamento è stato etichettato come “nemico dello stato”.
Non ci può essere memoria condivisa di quel periodo. Primo, perché non abbiamo da spartire alcunché con degli stragisti, secondo perché la «pacificazione» è stata piuttosto una vendetta. La classe dirigente posa corone per i fascisti, che da sempre sono stati la loro manovalanza; mai per i tanti compagni uccisi nelle piazze (dalla polizia) o in agguati fascisti.
Da decenni, in maniera bipartisan, si sono impegnati a riabilitare i fascisti. Li hanno derubricati a nostalgici, i politici li hanno legittimati incontrandoli nelle loro sedi, gli si è dato spazio sui canali di informazione.
Sin dalla fine della Seconda guerra mondiale, vari nazisti hanno aiutato la NATO a combattere l’Unione Sovietica. La UE ha ormai “equiparato” comunismo e nazismo, si vuole far passare il genocidio dei palestinesi per “autodifesa” e i nazisti ucraini sono diventati “combattenti per la libertà”.
Fingono di scandalizzarsi per l’ennesimo braccio teso, ma hanno sdoganato e riabilitato ogni singolo fascista, passato e presente.
E questo perché i governanti della filiera euroatlantica e i fascisti fanno parte tutti della stessa «famiglia», quella dei camerieri del capitale; un gioco delle parti in cui finché le cose vanno bene allora ci si vanta della “democrazia”, ma quando le cose vanno male si sguinzagliano i picchiatori neri.
Almeno in Occidente, il movimento dei lavoratori non ha ancora la forza di impensierire il grande padronato, ma la crisi lo sta mettendo a dura prova.
Si irrigidiscono sempre di più le condizioni della dialettica sociale (basta pensare alle precettazioni degli scioperi, sempre più frequenti); e qualcuno ritiene che sia bene preparare l’opinione pubblica anche all’uso dei fascisti, se necessario.
Una classe dirigente che va cacciata via per sviluppare un’alternativa, davvero antifascista.
Insomma, la notizia che ha rimbalzato tra canali televisivi e carta stampata è stato il ricordo organizzato di questi “martiri del fascismo”.
Ma ovviamente quel che ha destato l’attenzione non è il fatto che a fare gli onori siano stati il Presidente della regione Lazio, Francesco Rocca, e l’assessore alla Cultura del comune di Roma, Miguel Gotor. Il primo esponente di centrodestra, il secondo di centrosinistra.
Tutte le voci dell’informazione si sono concentrate sul «dito» piuttosto che sulla «luna», ovvero su un gruppo piuttosto nutrito di fascisti (circa 200 persone) che hanno poi ricordato i loro defunti camerati con il “presente” e il saluto romano.
I finti democratici e progressisti hanno subito gridato allo scandalo, e hanno così trovato il modo di affermare – solo a parole – una qualche differenza tra il governo e le “opposizioni”. Basti ricordare la presenza di Gotor, “dietrologo” di centrosinistra, per capire quanta poca distanza ci sia…
Lasciamo da parte il fatto in sé. Quei 200 fascisti andrebbero naturalmente perseguiti per l’esaltazione dei crimini che il fascismo (non solo nel Ventennio, ma anche dopo) ha commesso.
Ma non c’è nessun “nuovo” scandalo: basta una rapida ricerca su Google, e vediamo come questa scenetta si ripeta ogni anno. Qualsiasi sia il governo, chiunque amministri la Regione Lazio. Se è sempre avvenuto, è perché nessuno ha mai voluto impedire che accadesse.
A parte i sinceri antifascisti, si intende. Quelli che appunto sanno bene che lo sdoganamento del fascismo è avvenuto già da tempo, che è stato portato avanti sistematicamente dall’attuale classe dirigente, che all’interno di essa, pur non essendo monolitica, non vi sono differenze sostanziali.
La vera notizia è che due rappresentanti delle istituzioni hanno commemorato dei fascisti.
Uno appartenente a una destra ancora ambigua, uno del centrosinistra che urla ai quattro venti di essere antifascista… Tutti e due hanno portato corone per dei fascisti. L’atto estetico del saluto romano, alla fin fine, era previsto e scontato.
Non è insomma un caso che solo su questo si può scatenare la “polemica” del giorno dopo, ad esclusivo uso dei media. Per ciò che riguarda la sostanza, son tutti d’accordo, sulle apparenze si possono scornare in pubblico per poi seguire tutti pedissequamente le linee euroatlantiche.
Del resto, pur con le differenze dovute alla distanza nel tempo, quelle linee sono le stesse dei membri del MSI. Sono tutti dalla stessa parte, e perciò Rocca e Gotor non hanno problemi a ricordare dei fascisti e a rendere la loro morte parte di una memoria collettiva che vorrebbero “condivisa”.
Vogliono – entrambi – far passare quei tre militanti come “martiri” di una stagione di violenza politica “scatenata dalla sinistra”, durante la quale in tanti sono rimasti vittima degli «opposti estremismi».
La realtà è che la democrazia nel nostro paese è sempre stata sotto scacco dell’eversione nera guidata dagli apparati NATO, attraverso esponenti politici e forze armate nostrane.
Era la “democrazia protetta” di De Gasperi, il Piano Solo, il golpe Borghese, e poi appunto la “strategia della tensione”. Le bombe piazzate dai fascisti, i contatti coi servizi segreti e gli esplosivi dell’alleanza atlantica, tutto per contrastare il movimento dei lavoratori che alzava la testa.
Se si vanno a leggere le più recenti ricostruzioni storiografiche del periodo (quelle oneste, chiaramente…), si apprende che in pratica quasi tutti gli episodi di violenza politica tra la fine degli anni Sessanta e la metà del decennio successivo sono stati opera fascista. Chiunque ha poi cercato di garantire al paese un’alternativa a questo sistema di guerra e sfruttamento è stato etichettato come “nemico dello stato”.
Non ci può essere memoria condivisa di quel periodo. Primo, perché non abbiamo da spartire alcunché con degli stragisti, secondo perché la «pacificazione» è stata piuttosto una vendetta. La classe dirigente posa corone per i fascisti, che da sempre sono stati la loro manovalanza; mai per i tanti compagni uccisi nelle piazze (dalla polizia) o in agguati fascisti.
Da decenni, in maniera bipartisan, si sono impegnati a riabilitare i fascisti. Li hanno derubricati a nostalgici, i politici li hanno legittimati incontrandoli nelle loro sedi, gli si è dato spazio sui canali di informazione.
Sin dalla fine della Seconda guerra mondiale, vari nazisti hanno aiutato la NATO a combattere l’Unione Sovietica. La UE ha ormai “equiparato” comunismo e nazismo, si vuole far passare il genocidio dei palestinesi per “autodifesa” e i nazisti ucraini sono diventati “combattenti per la libertà”.
Fingono di scandalizzarsi per l’ennesimo braccio teso, ma hanno sdoganato e riabilitato ogni singolo fascista, passato e presente.
E questo perché i governanti della filiera euroatlantica e i fascisti fanno parte tutti della stessa «famiglia», quella dei camerieri del capitale; un gioco delle parti in cui finché le cose vanno bene allora ci si vanta della “democrazia”, ma quando le cose vanno male si sguinzagliano i picchiatori neri.
Almeno in Occidente, il movimento dei lavoratori non ha ancora la forza di impensierire il grande padronato, ma la crisi lo sta mettendo a dura prova.
Si irrigidiscono sempre di più le condizioni della dialettica sociale (basta pensare alle precettazioni degli scioperi, sempre più frequenti); e qualcuno ritiene che sia bene preparare l’opinione pubblica anche all’uso dei fascisti, se necessario.
Una classe dirigente che va cacciata via per sviluppare un’alternativa, davvero antifascista.
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I saluti romani di Acca Larentia, la polizia tedesca: “Se fosse accaduto da noi saremmo intervenuti e sarebbero scattate le denunce”
I saluti romani di Acca Larentia, la polizia tedesca: “Se fosse accaduto da noi saremmo intervenuti e sarebbero scattate le denunce”
Se fosse successo in Germania? “Ci sarebbe stato l’intervento delle forze dell’ordine e conseguenze a livello penale“.
È quanto afferma un portavoce della polizia criminale tedesca (Bka) commentando a LaPresse i saluti romani e il “presente” delle centinaia di persone schierate in formazione militare durante la commemorazione di Acca Larentia il 7 gennaio a Roma.
In Germania, infatti, “l’esibizione di simboli che richiamano al fascismo o al nazismo è perseguibile penalmente“. E “non solo durante una manifestazione”, assicura il portavoce della polizia tedesca.
“Se vengono mostrati i cosiddetti saluti hitleriani o simboli come la svastica, è automatica la denuncia penale, perché sono simboli vietati dalla Costituzione e la polizia deve intervenire immediatamente per identificare gli autori“, sottolinea il portavoce della polizia criminale ricordando che “gli articoli 86 e 86a del Codice penale vietano espressamente questo tipo di simboli”.
In Germania, infatti, chi fa il “saluto hitleriano” è punibile con una multa e rischia fino a tre anni di prigione. E può essere anche condannato per incitamento all’odio.
Tra l’altro l’Ufficio federale per la protezione della Costituzione (Bfv), aggiorna costantemente l’elenco delle associazioni o organizzazioni considerate estremiste o messe al bando e quello dei simboli vietati.
Una normativa, quella tedesca, molto rigida e a farne le spese sono anche i turisti. Nel settembre scorso due italiani di 24 anni sono stati fermati dalla polizia perché, durante i festeggiamenti dell’Oktoberfest di Monaco di Baviera, hanno teso le braccia al cielo per fare il saluto nazista. Sono stati denunciati per aver utilizzato simboli anticostituzionali.
Due turisti cinesi nel 2017 sono stati arrestati davanti al Reichstag di Berlino e hanno dovuto pagare una multa di 500 euro a testa per essersi messi in posa con il saluto romano per una foto-ricordo. All’inizio del 2018 un 27enne di Augusta è stato condannato per aver fatto il saluto hitleriano a degli agenti di pattuglia e ha pagato una sanzione di 2.700 euro.
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