La Conferenza sulla sicurezza di Monaco è un evento annuale che riunisce i leader della sicurezza e della difesa di tutto il mondo occidentale. Anche quest’anno, come di consueto, si svolgerà a Monaco di Baviera, in Germania, dal 16 al 18 febbraio. La Russia e l’Iran ovviamente non risultano invitati. La Cina ancora si.
Ma la Conferenza di Monaco di quest’anno sembra riservare diverse amare sorprese per gli stati e le leadership del blocco euroatlantico. Il primo dato che colpisce è che l’Indice di Sicurezza di Monaco 2024 (una sorta di security index globale) rivela che la percezione della Russia come minaccia nei paesi del Gruppo dei Sette (G7) e dei BRICS (ad eccezione della Russia) è diminuita significativamente rispetto alla medesima indagine dello scorso anno.
Dal 2021, il sondaggio viene condotto annualmente prima della Conferenza sulla sicurezza di Monaco (MSC) per comprendere meglio la percezione del rischio globale. MSC e Kekst CNC, una società di consulenza globale per la comunicazione strategica, hanno intervistato 12.000 persone provenienti da 12 paesi su come vedono i 32 principali rischi. Questi paesi sono Italia, Giappone, Francia, Stati Uniti, Regno Unito, Brasile, Sud Africa, Germania, Canada, India e Cina. Anche in Ucraina è stato condotto un sondaggio con domande selezionate. Le interviste per elaborare l’indice di sicurezza di Monaco 2024 si sono svolte dal 24 ottobre al 16 novembre dello scorso anno.
Secondo il rapporto di quest’anno, quasi tutti gli indicatori legati alla guerra della Russia contro l’Ucraina sono diminuiti, compreso il rischio dell’uso di armi nucleari da parte di un aggressore e le interruzioni dell’approvvigionamento energetico.
Nel precedente sondaggio condotto nell’ottobre 2022, la Russia era considerata il rischio più elevato tra i cinque paesi del G7, mentre solo gli intervistati nel Regno Unito e in Giappone la pensavano così ancora alla fine del 2023.
La Russia adesso è scesa alla settima più grande preoccupazione. Nonostante le posizioni fortemente antirusse dei propri governi, gli intervistati tedeschi e quelli italiani la classificano come addirittura come la dodicesima.
Tra i Paesi del G7, la minaccia di Mosca era passata dall’essere la 15a più grande preoccupazione nel 2021 alla principale preoccupazione nel 2022, ma è scesa al quarto posto nel 2023, secondo i risultati del sondaggio.
“Nel frattempo, la percezione dei rischi non tradizionali rimane elevata. Le persone di tutto il mondo continuano ad essere più preoccupate per le minacce ambientali, mentre la percezione del rischio di migrazione di massa a causa della guerra o del cambiamento climatico, del terrorismo islamico e della criminalità organizzata è aumentata”, ha scritto l’MSC.
L’Ucraina è ancora considerata un alleato in tutti i Paesi intervistati, soprattutto nelle nazioni del G7, si legge nel rapporto, ma in misura minore rispetto al 2022.
In secondo luogo è estremamente interessante leggere la lunga introduzione al Munich Security Report (composto da 8 capitoli) che ha preparato la Conferenza sulla Sicurezza di Monaco di quest’anno.
Secondo il report “l’ottimismo del secondo dopoguerra è svanito da tempo”. Oggi, invece di promuovere un’efficace governance globale, la comunità internazionale è “bloccata in una colossale disfunzione globale” e “non è pronta o disposta ad affrontare le grandi e drammatiche sfide della nostra epoca”.
“Gli iniziali progressi liberaldemocratici sono stati invertiti: il numero di democrazie liberali è diminuito da 44 nel 2009 a 32 nel 2022, e quasi tre quarti (72%) della popolazione mondiale vive in autocrazie rispetto a meno della metà (46%) di un decennio fa”.
Le potenze occidentali e i loro pensatori appaiono decisamente ossessionati dalla competizione tra i modelli di governance liberali con quelli cosiddetti autocratici e legano gli arretramenti e gli insuccessi della supremazia liberale allo scontro geopolitico.
“Invece di adottare norme liberali, i leader autocratici hanno sfruttato l’ordine liberale per rafforzare il proprio potere in patria e all’estero. Le tensioni geopolitiche tra le grandi potenze sono aumentate costantemente, poiché diverse potenze non occidentali si sono scagliate contro il percepito dominio occidentale e l’ordine che gli Stati Uniti e i loro alleati hanno plasmato” – scrive il report di quest’anno.
“Mentre il mondo si muove verso una nuova forma di multipolarità – o meglio, verso un “ordine multiplo” o un “mondo multi-ordine” – la cooperazione all’interno dell’ordine esistente è stata soffocata dalla competizione sull’ordine stesso”.
Si capisce da molte cose che l’Occidente collettivo ha nostalgia di un mondo che ormai non esiste più e che lo aveva visto prevalere: “Nonostante gli enormi risultati ottenuti nel periodo successivo alla Guerra Fredda, gli attori chiave dell’Occidente, le potenti autocrazie e i Paesi del cosiddetto Sud globale sono diventati tutti insoddisfatti dello status quo e della loro parte della proverbiale torta” – sottolinea il rapporto che evidenzia però come l’insoddisfazione sia in crescita anche dentro i paesi occidentali.
“Dato che il 50% degli intervistati nel Munich Security Index concorda sul fatto che “viviamo in un mondo largamente plasmato dalle idee occidentali” (e solo il 12% non è d’accordo), è sorprendente che l’insoddisfazione per l’ordine internazionale contemporaneo sembri particolarmente pronunciata in Occidente.
Dal punto di vista di molti cittadini, mentre la torta globale in sé è diventata più grande, le loro quote di essa sono sempre più piccole. Oggi, pochi cittadini dei Paesi del G7 credono che i loro Paesi saranno più sicuri e ricchi tra dieci anni. Inoltre, si aspettano che la Cina e altre potenze del Sud globale diventino molto più potenti nei prossimi dieci anni, mentre vedono i loro Paesi stagnare o declinare”.
Nei paesi dell’Occidente Collettivo (o ‘blocco euroatlantico’, come preferiamo definirlo) è ormai dominante la spinta a ricostruire blocchi contrapposti tra paesi simili (amici) e diversi (nemici). Una spinta che, specularmente, cresce anche nei paesi di quello che viene definito Sud Globale ma che hanno una visione molto meno ideologica delle relazioni economiche internazionali.
“In Occidente, sempre più governi preferiscono limitare la ricerca di vantaggi reciproci agli Stati politicamente affini. Di fronte al revisionismo autocratico e alla “weaponization of economic interdependence”, i leader liberal-democratici hanno incrementato con successo la cooperazione all’interno di gruppi basati su valori, dall’UE e dalla NATO al G7” – scrive il Report preparatorio per la conferenza di Monaco.
Secondo i dati del Munich Security Index, riferendosi alle opinioni pubbliche, gli intervistati dei Paesi del G7 sono molto più restii a cooperare con la Cina, la Russia e altri Paesi non democratici che con le democrazie come gli Stati Uniti o i membri dell’UE, se il loro Paese guadagna meno della controparte.
Sebbene il sostegno alla cooperazione con guadagni diseguali sia generalmente basso, molti intervistati concordano con l’affermazione che “dovremmo commerciare di più con i nostri amici che con i nostri avversari o concorrenti, anche se questo significa che subiamo perdite di benessere”.
Per molti studiosi, questa sensazione diffusa di declino relativo in corso spiega almeno in parte il successo dei politici populisti in tutto il mondo occidentale. Sullo sfondo dell’aumento delle disuguaglianze, molti cittadini “sono arrivati a credere – con una buona dose di giustificazione – che il sistema sia truccato.
Al contrario, le forze populiste hanno ulteriormente amplificato la sensazione che alcuni attori stiano guadagnando a spese di altri, in quanto una forma estrema di liberismo “esacerba chi vince e chi perde dalla globalizzazione economica”.
La Conferenza sulla Sicurezza di Monaco di quest’anno si presenta dunque molto interessante soprattutto per la discussione all’interno dei governi e dei laboratori strategici delle potenze occidentali.
La scossa impressa alle relazioni internazionali prima dal precipitoso ritiro della Nato dall’Afghanistan (che l’occidente ha nascosto sotto al tappeto ma che il resto del mondo ha visto e misurato molto bene, ndr), poi dall’intervento militare della Russia in Ucraina ed ora dall’inaccettabile genocidio dei palestinesi in cui si è trasformato in conflitto in Medio Oriente, indicano crepe pesanti in quella “frammentazione dell’economia globale” capitalista che sconfina sempre più spesso anche sul terreno geopolitico e militare.
Che la pacchia per l’Occidente capitalistico fosse finita lo si era capito da un po’ di tempo. Il come evolverà o involverà questo passaggio di fase storica è materia di analisi ma anche di azione politica, soprattutto per i comunisti, le forze di classe e i movimenti per la pace. Affermare che si tratta si salvare l’umanità e il pianeta dal capitalismo non è affatto una bizzarria.
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