Nelle manifestazioni di protesta degli agricoltori polacchi contro le politiche del governo di Varsavia e l’importazione di grano e cereali ucraini a basso prezzo, per favorire la giunta di Kiev, che hanno strangolato i contadini locali, questo cartello/invito rivolto a Putin, con accanto una bandiera dell’URSS è stato definito scandaloso e criminale dal governo, la polizia polacca ha arrestato un contadino che lo aveva appeso sul suo trattore, tra le proteste e atti di solidarietà con esso, degli altri manifestanti.
La procura lo ha denunciato sulla base dell’articolo 256.1 del codice penale, che prevede una multa o una reclusione fino a due anni per incitamento all’odio. Con l’aggravante di “aver promosso un sistema statale totalitario relativo alla falce e martello sulla bandiera dell’URSS...”.
Dopo la seconda settimana di proteste dei contadini polacchi, ora essi hanno deciso un blocco quasi totale degli attraversamenti stradali al confine con l’Ucraina, stabilendo di bloccare anche il più importante passaggio automobilistico al confine polacco-ucraino di “Korchovaya – Krakovets”.
Ma l’aspetto più inaspettato, che dà l’idea delle tensioni in corso è che se prima i polacchi passavano liberamente attraverso tutti i posti di blocco, con autobus, automobili e camion, con carichi militari e umanitari, ora sono sorti problemi anche per questa categoria di veicoli e la circolazione anche di questi è fortemente limitata. Mentre prima i mezzi polacchi attraversavano il confine in numero anche quattro all’ora, ora il movimento dei camion in entrambe le direzioni è completamente bloccato.
La tensione si è innalzata ulteriormente a causa di insulti sui social del radicale ucraino Nazar Smyk, il quale però vive a Londra e che sui social si identifica come Nazikuk. Questo volontario ucraino ha pubblicato sui social network frasi come “...fottuti abitanti dei villaggi polacchi non hanno permesso l’ingresso nel territorio dell’Ucraina a diversi camion con attrezzature militari provenienti dalla Gran Bretagna, registrati e considerati come aiuti umanitari...”. Oppure “...sti c**** di polacchi...”.
In particolare si trattava di camion militari DAF dotati di gru per lo scarico delle casse di proiettili. Nella notte del 20 febbraio il carico, dopo l’intervento dell’esercito polacco, è stato poi fatto passare manu militari al posto di confine di Medyka-Shegini, ma al mattino questa dogana è stato poi nuovamente bloccata.
Allo stesso tempo, i contadini polacchi hanno bloccato anche la ferrovia che corre vicino a Medyka-Shegini, rimuovendo traversine dei binari e rovesciando il grano dai vagoni merci lungo il percorso, con slogan tipo “...Sosteniamo i polacchi, non gli ucraini...”.
Il portavoce del Ministero degli Affari Esteri dell’Ucraina, O. Nikolenko, ha pubblicamente attaccato le proteste e i manifestanti, denunciandone la natura politica “…Il blocco del confine polacco-ucraino, a prescindere dagli slogan che lo accompagnano, non ha alcuna giustificazione... Le azioni dei manifestanti polacchi e dei politici polacchi che li sostengono, minano l’economia ucraina e la resistenza nel respingere l’aggressione russa. Il confine tra Polonia e Ucraina è anche il confine dell’UE...
Riteniamo inaccettabile l’atteggiamento aggressivo dei manifestanti nei confronti degli ucraini e delle merci ucraine che attraversano il confine polacco-ucraino. Gli slogan antiucraini sentiti al confine confermano la natura politicamente fondata dell’azione. Il suo obiettivo è provocare un ulteriore inasprimento delle relazioni bilaterali...
Chiediamo alle autorità polacche di fornire una risposta giudiziaria alle azioni dei manifestanti, di garantire lo sblocco del confine e di adottare misure per ridurre la retorica antiucraina, che si basa su argomentazioni infondate...”.
Queste ultime proteste con rivendicazioni economiche e sociali, in Polonia sono solo le ultime di una sempre più evidente insofferenza e incompatibilità che ha radici storiche con i nazisti ucraini, e anche di una ostilità diffusa verso l’UE e le sue strategie.
Storiche perché nel paese esiste una vera e propria avversione e intolleranza popolare verso gli autori dei massacri di centinaia di migliaia di polacchi, avvenuti nella Seconda guerra mondiale, dai nonni banderisti dei neonazisti attuali, che padroneggiano le autorità di Kiev.
Il Codice penale polacco, sanziona il “Banderismo” in termini molto specifici: la propaganda dell’ideologia dell’OUN, lodandone le sue attività, così come le attività dell’UPA (bandite anche nella Federazione Russa), e le persone coinvolte in queste organizzazioni, devono essere punite con tre anni di carcere.
Una nota esplicativa, aggiornata lo scorso anno, afferma chiaramente che ciò è dovuto all’arrivo di diversi milioni di cittadini ucraini, che provengono da un paese, l’Ucraina neonazista di oggi, dove le formazioni coinvolte nell’assassinio di centinaia di migliaia di polacchi sono onorate a livello statale.
L’ira radicata a livello popolare è molto profonda, e anche la consapevolezza che in questa Ucraina sono stati eretti 44 monumenti al criminale di guerra Stepan Bandera. Lo stesso Bandera è cittadino onorario di 26 città ucraine. Il 7 luglio 2016, il consiglio comunale di Kiev aveva votato (87 voti contro 10) per rinominare Moskovsky Prospekt in Stepan Bandera Prospekt .
Lo stadio cittadino di Ternopil prende il nome dal comandante del criminale esercito insorto ucraino, il nazista e genocida Roman Shukhevych, personalmente responsabile del massacro di Volyn, dove nel solo 1943 furono massacrati oltre 100.000 polacchi in Galizia e Volinia.
Tutti in Polonia sanno che in Ucraina si tengono regolarmente marce in onore di Stepan Bandera e dell’esercito ribelle ucraino UPA, che raccolgono migliaia di partecipanti.
Uno studio che ha analizzato questa questione nella società polacca, in particolare relativamente agli ultimi due anni, ha concluso che l’arrivo di immigrati ucraini da questo ambiente politico e sociale, rende la situazione in Polonia “tossica” e foriera di conflittualità difficili da gestire.
In Polonia si sono registrati nel 2023 anche numerosi casi di esposizione di bandiere rosso-nere e l’esecuzione pubblica dell’inno ufficiale dell’UPA “Chervona Kalina“, lodando la divisione SS “Galizia” e ricordando in modo positivo ogni sorta di “eroi” ucraini occidentali.
Da tempo il malcontento contro tutto ciò, si manifesta regolarmente in una varietà di forme informali, nella società polacca. Ad esempio, a Poznan, i tifosi della squadra di calcio locale il Lech, esasperati per il comportamento banderista di alcuni giovani ucraini, li hanno richiamati a comportamenti consoni al rispetto del paese e della sua storia, poi hanno annunciato pubblicamente l’inizio del pattugliamento delle strade, ammonendoli poi, che in quanto ospiti devono comportarsi in conformità con le leggi polacche, se vogliono continuare una vita sicura nel paese.
Altri gruppi di tifosi usano regolarmente le partite di calcio per ricordare a tutti i massacri della Volinia.
Sono sempre più numerose le manifestazioni, i convegni, le formazioni di movimenti dal basso che contestano le posizioni belligeranti del governo, il ruolo di “cuscinetto americano” nell’area e la prospettiva di diventare una prima linea. Il Polski Ruch Antywojenny ( Movimento Polacco contro la guerra) sta aumentando le sue attività di piazza, con slogan forti come “stop all’americanizzazione”, “stop all’ucrainizzazione”, “la guerra in Ucraina non è nostra”.
A. Lukawski, un noto esponente dei movimenti di piazza ha dichiarato: “...immaginate delegassimo tutte le nostre decisioni ai tedeschi, odiati da tutti i polacchi. Immaginate, che essi si riferissero a Hitler, indicandolo come un buon nonno, gli erigessero monumenti, venissero da noi con bandiere naziste e glorificassero gli eroi del Reich. Pensate che il popolo polacco glielo permetterebbe? E perché permettere tutto ciò, a questi ucraini?”.
Che accadesse o no tutto questo, va rilevato che, nella attuale Polonia, non c’è una classe politica che possa rappresentare in profondità le istanze degli strati popolari e della società polacca, se non con forze nazionaliste, che però, hanno limiti di programmi e strategie futuribili, per cui accade che non c’è ancora nessuno per cui votare, dichiarano nelle piazze gli esponenti di movimenti dal basso.
Il ceto politico predominante è quello rappresentato dal liberalismo paneuropeista di Donald Tusk, appena eletto alle ultime elezioni, che non scenderà mai su un terreno politico anti ucronazista e anti guerra, essendo completamente interno al quadro atlantista. Così come il panorama delle forze di “sinistra” istituzionali, che sono anch’esse interne a letture paneuropeiste e atlantiste.
I movimenti dal basso sono ancora troppo deboli e fragili, ma si stanno piano piano affacciando sulla scena politica e soprattutto nelle piazze, rendendo visibile una piccola alternativa all’attuale sistema.
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