Il pericolo maggiore per l’escalation del conflitto in Medio Oriente sta nel coinvolgimento dei Paesi Occidentali, colpiti nei loro interessi commerciali dagli attacchi alle navi mercantili e militari in transito sul Mar Rosso, in seguito alla guerra di Gaza. Navi colpite dagli Houthi dello Yemen.
Gli Houthi, chi sono?
Lo Yemen è un paese uscito dallo smembramento dell’Impero Ottomano in seguito alla prima Guerra Mondiale vinta dai Paesi Occidentali, tra cui il Regno Unito che ha esercitato il Mandato sullo Yemen fino al termine della seconda Guerra Mondiale.
Lo Yemen è un paese poverissimo, sfinito dai conflitti intestini e dalle guerre con i Paesi Arabi, sostenuti dalle comunità internazionali (vedi gli Usa). Situato ai piedi della penisola araba, lo Yemen ha i confini sul Mar Rosso, sul Golfo di Aden che conduce all’Oceano Indiano.
Gli Houthi, sostenuti dall’Iran, sono un gruppo di ribelli nato nel 1992 contro la dittatura del governo del generale Saleh, che godeva del sostegno dell’Arabia Saudita. Il movimento Houthi che conta 100/130 mila uomini fa parte di una popolazione yemenita appartenente allo zaydismo, una variante della religione sciita professata in Iran.
Gli Houthi sono una popolazione politicamente ostracizzata, economicamente trascurata, che viene marginalizzata dalla religione sunnita dominante nello Yemen. Gli Houthi sono comunque un movimento combattente forte e agguerrito.
I conflitti civili interni hanno portato gli Houthi a prendere il controllo della provincia settentrionale di Saada e delle aree limitrofe, fino a conquistare la capitale Sana’a.
Al conflitto civile interno, nel 2014 l’Arabia Saudita, sostenitrice del deposto dittatore yemenita Saleh e tesa ad esercitare la sua influenza nello Yemen, ha lanciato attacchi aerei contro gli Houthi, cui hanno partecipato 8 stati, per lo più arabo-sunniti e gli Stati Uniti d’America. Una guerra lunga e sanguinosa che ha comportato migliaia di vittime yemenite e una estrema povertà nel paese.
Nel 2022 si era arrivati finalmente ad un accordo di pace con l’Arabia Saudita, paese dominante nella compagine araba (anche per gli immensi giacimenti petroliferi che possiede). Una pace durata poco.
Nel 2023, in seguito alla guerra di Israele contro Hamas, gli Houthi hanno dichiarato il loro sostegno ai palestinesi considerati fratelli, anche per la similitudine delle condizioni di discriminazione cui sono sottoposti.
Con l’impegno di danneggiare Israele, gli Houthi sostenuti e foraggiati dall’Iran, hanno cominciato a prendere di mira con attacchi missilistici le navi in transito sul Mar Rosso dirette in Israele. Attacchi poi diretti anche alle navi dei paesi amici di Israele.
L’importanza del canale di Suez e del Mar Rosso per i traffici navali
Per capire il danno prodotto dagli attacchi Houthi alle navi sul Mar Rosso, bisogna risalire all’apertura del canale di Suez (1869) progettato dall’italiano Luigi Negrelli di nazionalità austriaca e costruito dai francesi (Ferdinand de Lesseps). Il canale di Suez ha messo in comunicazione il Mar Mediterraneo con il Mar Rosso, il Golfo di Aden e da lì all’Oceano Indiano, lungo le coste dell’Egitto, dei Paesi Arabi e in particolare dello Yemen.
L’apertura del canale di Suez ha consentito alle navi di evitare la circumnavigazione dell’Africa per raggiungere i paesi asiatici come l’India, la Cina ecc...
Il percorso ha accorciato del 63% il tragitto delle navi da Trieste a Bombay, della metà da Marsiglia, del 44% da Londra, del 26% da Rotterdam allo Stretto della Sonda. (fonte) Si tratta di una rotta dove transitano navi commerciali che rappresentano il 15% del commercio marittimo mondiale.
Il pericolo degli attacchi Houthi ha indotto 18 compagnie di navigazione tra cui i giganti MSC e MAERSK a dirottare le navi, passando per il Capo di Buona Speranza. Un percorso che allunga i tempi di percorrenza di due settimane. L’allungamento dei tempi di navigazione ha fatto lievitare i prezzi del carburante da 1.300 a 9.000 dollari, mentre i prezzi dei noli lievitano, così i costi di trasporto si riflettono sui prezzi dei prodotti trasportati.
“Il timore, dopo i costanti attacchi da parte dei ribelli Houthi contro le navi occidentali può comportare un blocco di mesi, capace di creare distorsioni nelle catene su scala globale. Gli occhi sono puntati alle forniture elettroniche di prodotti. Secondo gli esperti di Citi ci sono blocchi nei negozi che già ora superano le due settimane.” (Goria F.; La crisi del Mar Rosso, “La Stampa”, 17/01/2024)
Soprattutto i ritardi nelle forniture elettroniche rischiano di bloccare il lavoro e produrre licenziamenti del personale lavorativo. Wally Adeyemo, numero due del tesoro Usa, ha dichiarato: “Nel lungo periodo alcuni paesi rischiano di pagare un prezzo altissimo. Il rischio più grande è un rallentamento dell’economia globale.” (Semprini F.; Chi cerca l’escalation è Israele, “La Stampa”, 17/01/2024)
In tal senso 8 paesi occidentali, tra cui l’Italia, hanno mandato un avvertimento agli Houthi al fine di sospendere gli attacchi alle navi transitanti sul Mar Rosso.
Houthi, aggressione militare Usa-Regno Unito
Gli Usa e il Regno Unito sono intervenuti militarmente con lanci di bombe sulle basi missilistiche degli Houthi nello Yemen. Interventi che si ripetono.
Un portavoce degli Houthi, Mohammed al Bukhaiti ha scritto su X che gli attacchi “non faranno altro che aumentare la determinazione del popolo yemenita”. Ha poi accusato gli Stati Uniti e il Regno Unito di proteggere gli autori del genocidio che si sta verificando a Gaza, cioè gli israeliani. (Stramaccioli L.; “Domani”, 24/01/24)
Come è stato messo in evidenza, il risultato sta andando nella direzione opposta alle aspettative dei paesi occidentali. Gli Houthi invece di fiaccarsi hanno acquistato importanza e ottenuto il consenso della popolazione yemenita e dei paesi limitrofi. Dopo i bombardamenti Usa-Regno Unito, gli Houthi vengono considerati un movimento di resistenza eroico. Dopo gli attacchi alle navi, la piazza della capitale yemenita, Sana’a, si è riempita di folla al grido “Morte all’America!”.
Continuano i bombardamenti Usa-Regno Unito che colpiscono anche la capitale Sana’a. Ma gli Houthi proseguono gli attacchi alle navi commerciali sul Mar Rosso.
Il successo ingargliadisce gli Houthi nell’impegno di colpire Israele e i suoi alleati, continuando ad attaccare le navi portacontainer sul Mar Rosso.
Usa e Regno Unito coinvolgono gli alleati europei, esclusa la Spagna che se ne tiene fuori. In Italia è il Ministro degli Esteri Tajani che interviene ribadendo lo slogan statunitense e britannico: “I ribelli yemeniti alleati dell’Iran devono essere fermati”.
Le parole di Tajani non giungono nuove. Di fatto, rappresentano un copia incolla dei comunicati delle diplomazie statunitensi e britanniche per giustificare i bombardamenti contro gli Houthi. Di analogo tenore sono anche le dichiarazioni dei responsabili della politica estera tedesca e francese, che perorano un’ampia partecipazione europea all’azione militare guidata dagli americani.
“L’apertura dell’ennesimo fronte bellico viene insomma motivata ricorrendo al vecchio ideale della globalizzazione: se l’Iran e i suoi alleati usano la forza per bloccare la fondamentale via commerciale che passa per Suez è giusto che l’alleanza occidentale intervenga militarmente per preservare il libero scambio tra ovest ed est del mondo.” (Brancaccio E.; Yemen e Occidente, un mare rosso di vergogna, “Il Manifesto”, 24/01/24)
Seguendo il modus operandi Usa-Regno Unito, l’Unione Europea vara la missione Aspides di navi militari e jet-radar, a guida italiana sul Mar Rosso. Il compito dovrebbe essere di vigilanza marittima e protezione del transito marittimo delle navi commerciali.
Il titolare della Farnesina, facendo riferimento alla missione europea Aspides, ha detto: “Noi difendiamo il traffico mercantile, non attacchiamo nessuno, ma non vogliamo essere attaccati (…) se ci saranno degli attacchi, risponderemo difendendo le navi italiane. Questo deve essere chiaro. Non ci facciamo intimidire da nessuna dichiarazione degli Houthi che sono un’organizzazione terroristica.”
La diplomazia come strategia alternativa all’uso delle armi
Voci dissenzienti rispetto alle iniziative Usa sono quelle di Adam Posen, Presidente del Peterson Institute Washington: “L’attuale crisi tra Stati Uniti e Yemen e quindi con l’Iran, può essere molto pericolosa. Potrebbe costringere Usa, Regno Unito e altri alleati ad essere più aggressivi. Alla fine garantiranno (forse) la navigazione ma a quale prezzo?” (cit., “La Stampa”, 17/01/2024)
Il Foreign Office “suggerisce” interventi alternative alle armi: “Un’attenta diplomazia può fermare le armi.” Un appello all’Assemblea delle Nazioni Unite giunge da 30 organizzazioni umanitarie operanti nello Yemen, per le quali l’escalation militare nello Yemen rappresenta un disastro per la popolazione civile. Più di due terzi della popolazione yemenita che conta 21 milioni di abitanti, hanno disperato bisogno di cibo, acqua e assistenza salva vita.
A seguito degli attacchi statunitensi e britannici, molte organizzazioni umanitarie sono state costrette a sospendere le operazioni per motivi di sicurezza: “I leader politici devono considerare le terribili implicazioni umanitarie e astenersi da azioni che potrebbero provocare il rinnovarsi di un conflitto armato su larga scala nello Yemen e il rischio di un più ampio confronto regionale e internazionale che minerebbe la stabilità del Medio Oriente.” (cit., “La Stampa”, 17/01/2024)
Una strategia alternativa alla potenza dell’uso delle armi, l’ha intrapresa la Cina, che procede con la diplomazia piuttosto che con i bombardamenti, per far fronte alla crisi di Suez determinata dagli attacchi degli Houthi. Funzionari del Ministero degli Esteri cinese hanno chiesto alla loro controparte in Iran (paese che sostiene i gruppi armati yemeniti e che dal 1 Gennaio 2024 fa parte del gruppo geoeconomico del Brics), di aiutare a porre un freno alle aggressioni. I funzionari cinesi hanno detto: “La Cina è profondamente preoccupata”.
In effetti la navigazione a Suez è diminuita del 50% circa, secondo fonti dell’autorità del Canale. (Forcade R.; Mar Rosso la Cina tratta con l’Iran, “Il Sole 24 Ore”, 27/01/24)
In prossimità dei colloqui a Bangkok tra il numero uno della diplomazia cinese, Wang Yi, e il consigliere per la Sicurezza nazionale Usa, Jack Sullivan, il portavoce del Ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin, ha espresso l’auspicio che la situazione di Suez si sblocchi: “Siamo profondamente preoccupati – ha detto (al tabloid cinese Global Times) – per la recente escalation nel Mar Rosso. Esortiamo le parti interessate a evitare di alimentare le tensioni e a salvaguardare congiuntamente la sicurezza della navigazione, in conformità con la legge“.
La Cina, fin dall’inizio, “ha compiuti sforzi attivi per allentare le tensioni nel Mar Rosso ed è disposta a collaborare con tutte le parti per calmare la situazione e mantenere la sicurezza e la stabilità nell’area” (Forcade R.; cit.) ma l’Occidente fa vedere i successi solo con l’uso degli ordigni militari, che alimentano l’escalation del conflitto mediorientale invece di operare per il cessate il fuoco e la fine della guerra a Gaza, condizione che sospenderebbe gli attacco Houthi sul Mar Rosso.
I paesi occidentali non ascoltano i suggerimenti e gli appelli per usare la diplomazia al posto dell’uso delle armi.
Esercitazioni navali Iran, Russia, Cina
Gli interventi americani e britannici contro gli Houthi dello Yemen, sono al tempo stesso un’escalation del conflitto regionale in Medio Oriente e una missione incompiuta.
Qualcosa si sta muovendo in Medio Oriente. Alti ufficiali iraniani e sauditi si sono incontrati a Riad per confrontarsi su varie questioni tra cui la cooperazione in materia di difesa e della sicurezza nella Regione. L’incontro è avvenuto in coincidenza dell’annuncio giunto da Teheran: “esercitazioni navali congiunte tra Iran, Russia e Cina nel Golfo Persico, sono state programmate per il mese di Marzo. Le esercitazioni hanno l’obiettivo di rafforzare la sicurezza regionale.” (Semprini F.; Iran, soccorso Russo, “La Stampa”, 06/02/24)
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