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29/02/2024

Anche i manganelli mandano in crisi Meloni

Il muro del governo Meloni mostra sempre più crepe. Dopo quasi un anno e mezzo i limiti diventano molto evidenti. E se prima riguardavano questo o quello degli uomini che Meloni aveva scelto in base al grado di fedeltà nei suoi confronti, ora la coinvolgono in prima persona.

Due sono stati gli eventi che hanno messo in luce questa quasi inattesa debolezza. Le manganellate agli studenti (a Pisa, ma non solo...) e ovviamente le elezioni in Sardegna. Su queste ultime in particolare, pesa il fatto che proprio non si può imporre una “narrazione” che in qualche modo attenui le sue responsabilità. I numeri stanno lì...

Ma anche sul fronte prediletto, quello dell’“ordine pubblico”, il brutale pestaggio di Pisa – la sua evidente sproporzione rispetto al “pericolo” rappresentato da un centinaio di ragazzi forse al loro primo corteo, per di più immortalato da diversi video ripresi dalle più diverse angolazioni – si comincia a sgretolare “il fronte della fermezza”.

La dirigente del reparto mobile della polizia responsabile del pestaggio, Silvia Conti, è stata trasferita ad altro incarico. E naturalmente si deve indorare la pillola amara assicurando che lo spostamento “non sarebbe legato alla gestione dell’ordine pubblico nell’occasione e sarebbe stato chiesto in precedenza dalla stessa dirigente”.

Ma naturalmente non ci crede nessuno. Tanto meno i peggiori sponsor del “manganello libero”, ossia i dirigenti dei vari sindacatini di polizia. Che provano – sì – a rovesciare l’accusa di “violenza” citando dati chiaramente taroccati, ma fanno solo figure ridicole.

Tipo “Nel corso delle migliaia di manifestazioni di piazza che si sono svolte negli ultimi sedici mesi ci sono stati quasi 200 feriti tra le Forze dell’Ordine; meno della metà tra i manifestanti, che non erano certo lì a rappresentare pacificamente le proprie idee.”

Per chi conosce le pratiche di caserma non è un mistero che dopo ogni “bravata” di piazza, comunque sia andata, un congruo numero di agenti si faccia refertare dai medici di polizia “contusioni e traumi” a volontà, scroccando così qualche giorno supplementare di licenza per malattia.

Ma tolti i piccoli Torquemada da caserma, appunto, o gli immancabili corvi dei giornalacci di estrema destra, quasi nessuno difende l’operato dei poliziotti in piazze che non sono mai state così “tranquille” come in questi ultimi anni.

Ma la Procura di Pisa, ravvisando nelle immagini comportamenti non in linea con le normali “regole di ingaggio”, ha aperto un’inchiesta per appurare chi ha preso le decisioni e chi ha dato l’ordine di caricare.

Da qui, secondo logica, sarebbe derivata la decisione di rispedire la dirigente Conti a Pescara, piazza decisamente meno impegnativa.

E comunque l’attenzione della Procura si rivolge a ben quindici poliziotti, evidentemente selezionati come i più esagitati. Troppe cose per far finta di nulla. E dunque dai palazzi ministeriali è partito un deciso – ma negato – scaricabarile.

Giorgia Meloni, dopo un lungo e imbarazzato silenzio, ha preso la parola sui fatti ma solo per dire che “Io penso che sia molto pericoloso togliere il sostegno delle istituzioni a chi ogni giorno rischia la sua incolumità per garantire la nostra. È un gioco che può diventare molto pericoloso”.

Ha provato a strumentalizzare i fatti di Torino – un gruppo di “anarchici” ha bloccato un’auto della polizia che aveva fermato un immigrato senza documenti – come a dire “vedete cosa può accadere se criticate troppo la polizia”. Ma è abbastanza chiaro che episodi come quelli di Pisa, Firenze e Catania possono solo aumentare – non certo diminuire – la critica popolare alle presunte “forze dell’ordine”.

“Gioggia” è stata insomma costretta a non indossare la faccia feroce per non aggravare la situazione e proporsi – a là Salvini – come la mandante delle bastonate agli studenti.

Una classica situazione lose-lose. Non puoi benedire quei manganelli, ma non puoi neanche criticarli. Qualsiasi cosa fai è sbagliata. Ed è questo il segnale più chiaro dei limiti che questo governo ormai incontra.

Un segnale di crisi, che ogni conflitto sociale può e deve accentuare.

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