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27/02/2024

Regole di ingaggio e manganellate contro le manifestazioni. Vento di democratura

“Non esistono regole di ingaggio codificate per l’ordine pubblico”, spiega in una intervista a Libero Franco Zucchelli un caposquadra del reparto mobile della polizia di Roma, secondo il quale è il funzionario responsabile della piazza – quello con la fascia tricolore – che decide, a sua volta in collegamento con la questura, come agire “a seconda di come evolve la manifestazione”.

Secondo Zucchelli, attualmente sindacalista del Mosip, l’ennesimo sindacato di polizia, il caso più frequente, è quello della vigilanza a tutela di una sede istituzionale in presenza di manifestanti che protestano. “Gridano slogan, fischiano, mostrano manifesti, striscioni, suonano i tamburi e poi se ne vanno”. Ma non sempre è così. “Può accadere che tentino di forzare il blocco per entrare, ad esempio, in un ministero. In quel caso si fa un intervento di alleggerimento”. In questo caso secondo Zucchelli: “La squadra, schierata con gli scudi, fa un passo avanti. In genere, con manifestanti tranquilli, basta questo per riportare l’ordine”.

Le cose cambiano se di fronte al reparto mobile “c’è un’opposizione violenta, che attacca per prima la squadra. E allora l’alleggerimento diventa carica”. Ma anche la carica ha le sue regole. “Secondo il Testo unico delle leggi della pubblica sicurezza, il funzionario deve intimare per tre volte lo scioglimento della manifestazione. Una volta c’era il trombettiere, che suonava tre volte”.

Ma di squilli di tromba nelle piazze ormai si è persa traccia. In rari casi c’è una comunicazione del funzionario tramite un megafono.

“Se compaiono i primi segni che la manifestazione sta cambiando natura, iniziano le cariche”. Il celerino-sindacalista spiega che alcuni segnali per capire che il clima sta mutando sono inequivocabili: i manifestanti iniziano a coprirsi il volto, a indossare i caschi, e poi spuntano le mazze. A quel punto, disatteso l’ordine di disperdersi, parte la carica. Ecco il problema è la lunghezza e l’intensità della carica. “Che deve durare poco, il tempo di allontanare i facinorosi. Raggiunto l’obiettivo, bisogna ricompattare il reparto e tornare in posizione”, dice Zucchelli. E i lacrimogeni? “Vanno sparati solo quando la folla non si disperde”.

“Le manifestazioni devono essere sempre autorizzate. E se chi non è autorizzato a essere in strada tenta anche di passare laddove non dovrebbe, ad esempio verso una sede diplomatica da proteggere, be’, io non vedo alternative alla carica” chiosa il celerino-sindacalista.

Se mettiamo in controluce la descrizione delle regole di ingaggio descritte dall’ispettore di polizia Zucchelli con quanto successo a Pisa – ma anche in situazioni simili come già accaduto – si capisce bene come manchino spesso tutti i segnali e i presupposti per dare vita a cariche violente come quelle abbiamo visto contro gli studenti.

Visto che non c’erano “segnali di cambiamento di natura della manifestazione” come quelli descritti né sedi diplomatiche o obiettivi sensibili da “difendere”, il muro di scudi (non quello dei Vichinghi, ndr) se volevano bloccare gli studenti sarebbe stato più che sufficiente. E invece sono partite subito manganellate ripetute e una carica lunga e cattiva. Come se ci fosse molto di più da infliggere come punizione rispetto alle necessità. Abbiamo visto un accanimento e una “inimicizia” dichiarata che contiene politicamente, psicologicamente e socialmente molto di più di una funzione di ordine pubblico. Una lontana eco dello “spirito di Genova” – in sedicesimi per brutalità – che ha mostrato al mondo i prodromi delle democrature in Europa che si vanno realizzando sotto i nostri occhi.

Tanto che se ne è accorto anche il Presidente della Repubblica Mattarella, forse memore che tra alcuni tutori dell’ordine pubblico lui viene ritenuto un presidente non riconosciuto come tale né votato (sic!). E allora tutto si tiene e deve far suonare allarmi rossi, sia sulle “regole d’ingaggio” che sull’introduzione dei codici identificativi per gli agenti, come già avviene in tutta Europa. Il problema è che la torsione autoritaria e il vento delle democrature ormai spira proprio dall’Europa.

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