La Rai questa volta non se la caverà a buon mercato. Le manifestazioni e gli scontri sotto le sue sedi in molte città (con le manganellate della polizia a Napoli, Torino, Bologna) che erano state convocate per denunciarne il servilismo verso Israele e il negazionismo verso il genocidio dei palestinesi in corso a Gaza, alla fine hanno prodotto un sussulto anche da parte di una quota di giornalisti e di dipendenti dell'azienda.
“Siamo dipendenti della RAI. Le parole dell’Ad Roberto Sergio, pronunciate per mezzo di Mara Venier nell’edizione sanremese di Domenica IN, segnano un punto di svolta inquietante tanto nel metodo quanto nel merito”. Il Comitato di Redazione dei dipendenti RAI ha reso pubblico un comunicato contro l’Amministratore Delegato dell’azienda Roberto Sergio, il quale, in seguito agli appelli per il «cessate il fuoco» e lo «stop al genocidio» a Gaza lanciati rispettivamente dal cantante Dargen e dal rapper Ghali dal palco del Teatro Ariston e la conseguente presa di posizione contro il Festival da parte dell’ambasciatore israeliano Alon Bar, domenica scorsa aveva scritto e fatto leggere in diretta alla conduttrice Mara Venier una nota per esprimere una “sentita e convinta solidarietà al popolo di Israele ed alla comunità ebraica”. Una ingerenza e un servilismo di troppo per i lavoratori dell’azienda.
“La RAI che sogniamo – spiega il comunicato – non risponde ai diktat dei governi, ne’ quello italiano ne’ tantomeno governi stranieri. Non è proprietà dei suoi alti dirigenti, ne’ di ministri o partiti politici”.
“La RAI che desideriamo non ha bisogno di essere difesa da un cordone di polizia in tenuta antisommossa. Apre invece le porte a tutte e tutti, ascolta, perchè è permeabile a ciò che si muove nella società. Davanti alle sedi della RAI non dovrebbero esserci scontri, ma solo incontri” – è scritto nel comunicato, il quale sottolinea che “L’informazione della RAI che vogliamo è fatta dai suoi giornalisti, professionisti liberi e indipendenti, che rispondono solo ai telespettatori. Non si fa dettare veline dalla politica e dal governo. Neppure dall’editore, che nelle aziende editoriali non può mai decidere sui contenuti. Non prende posizione, persegue il diritto alla verità, non nasconde ciò che il potere vorrebbe celare, stimola il dibattito fornendo strumenti di conoscenza della realtà”.
Chi ha detto che le manifestazioni non servono?
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