L’opportuna morte in carcere di Navalny è arrivata come un toccasana insperato e necessario sulla Conferenza per la Sicurezza in corso a Monaco da venerdi e che vede riuniti i massimi esponenti della Difesa e degli Esteri del blocco euroatlantico.
Alla vigilia della Conferenza erano piombate le dichiarazioni di Trump sulla Nato che avevano messo in fibrillazione tutto il mondo euroatlantico. Sul piano più concreto l’esercito ucraino ieri è stato costretto a ritirarsi da Avdiivka, la città sul fronte orientale che da mesi vive una pesante offensiva russa. Mosca ha così ottenuto la sua più grande vittoria dopo il fallimento della controffensiva di Kiev dell’estate scorsa.
Come scritto nero su bianco nel report preparatorio della Conferenza di Monaco, l’Occidente Collettivo aveva visto diminuire nelle proprie opinioni pubbliche la percezioni della Russia come minaccia principale, mandando in fumo quasi due anni di propaganda bellicista e antirussa.
Il caso, la fortuna – o se è altro lo vedremo – hanno voluto che arrivasse la morte in carcere di Navalny a dare linfa ad una narrazione bellicista nei paesi Nato che stava perdendo smalto ma soprattutto pezzi sul terreno dello scontro militare in Ucraina.
Con le incertezze sul futuro da parte degli Stati Uniti alle prese con le elezioni presidenziali e l’ipoteca di Trump, la componente europea della Nato sa che deve cominciare a pensare di cavarsela da sola nello scontro in corso con la Russia. Venerdì l’istituto di ricerca tedesco Kiel Institute ha dichiarato che l’Unione europea dovrà “almeno raddoppiare gli aiuti militari” all’Ucraina per compensare l’inerzia degli Stati Uniti.
Gli argomenti della propaganda della Nato spaziano su tutti i terreni, alla ricerca di qualcosa che possa funzionare e tenere insieme i pezzi.
“Putin deve realizzare che non otterrà quello che vuole sul campo di battaglio, per avere una pace stabile serve quindi continuare a fornire all’Ucraina quello che le serve: dobbiamo passare da un sistema industriale a passo lento, da tempi di pace, a uno dall’alto ritmo, tipico dei conflitti, per produrre di più”, ha detto il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg nel corso di una dichiarazione congiunta con la presidente della Commissione Europa Von der Leyen alla Conferenza di Monaco.
“Tutto ciò non aiuterà solo l’Ucraina ma anche la Nato, con la creazione di posti di lavoro di qualità, come qui in Baviera, dove saranno costruiti i missili Patriot”. Insomma le spese militari e la guerra fanno bene ai posti di lavoro che invece, proprio in Germania, le industrie stanno tagliando a migliaia.
Zelensky è arrivato a Berlino proprio per incontrare il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente federale Frank-Walter Steinmeier. Con Scholz il presidente ucraino ha firmato un patto bilaterale sulla sicurezza tra Germania e Ucraina. L’obiettivo sono impegni e sostegno a lungo termine.
La Germania della coalizione tra Socialdemocratici, Verdi e Liberali si sta rivelando – insieme alla Gran Bretagna – il paese più bellicista d’Europa. L’Italia segue, alternando dichiarazioni di principio bellicose e allineate e la segreta speranza che la guerra in Ucraina termini quanto prima. I paesi europei sono in crisi economica conclamata e le previsioni non sono affatto rosee.
Un “nemico” come la Russia per un po’ di tempo può aiutare a tenere insieme i pezzi ma a lungo andare potrebbe non funzionare più come catalizzatore di interessi comuni. Proprio un commentatore russo sulla Novosti, più o meno due anni fa, sottolineava che il problema dell’Occidente era il tempo: troppo poco per concludere il conflitto in Ucraina, troppo lungo per alimentarlo. Un problema che la Russia ha dimostrato di non avere.
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