S‘è rotto qualcosa. Ancora pochissimo, per carità. Appena una rima di frattura quasi invisibile nel muro bestiale delle repressione. Ma guai a sottovalutare i segni di una crisi nella narrazione dominante, specie se si manifestano sul più consolidato dei mantra neofascisti: “l’ordine pubblico”.
Le manganellate sugli studenti di Pisa e Firenze sono state un primo suicidio politico del governo Meloni davanti al “popolo” che diceva di voler difendere. Naturalmente da qualcun altro (migranti, “estremisti”, “nemici esterni” e interni).
Naturalmente, un grande ruolo l’hanno avuto le immagini e i video. Quei ragazzi a mani alzate, a volto scoperto, senza altro in mano che la propria dignità di esseri umani pensanti e sensibili, in alcun modo potevano essere fatti passare per “violenti”.
Qualche imbecille dei partiti di governo ci ha provato lo stesso, ma le loro stupidaggini sono state accolte dal gelo generale.
Persino i fedeli dog sitter dei media mainstream hanno dovuto sollevare il sopracciglio, preoccupati che nelle prossime piazze – come a Gaza e altrove – possa toccare loro la stessa sorte, visto che queste “forze dell’ordine” proprio non va giù che ci siano testimoni.
Non aiuta il partito dei manganellatori il fatto che il questore di Pisa – Sebastiano Salvo – fosse un vicequestore già a Genova nel 2001. Rimase fuori dalle inchieste della Procura per le torture sui manifestanti (provate e condannate in tribunale), ma indubbiamente è figlio di quel modo di gestire la piazza.
Persino i sonnambuli della cosiddetta “democrazia” – i Mattarella, le Schlein, i Conte, ecc. – si sono dovuto risvegliare dal sonno profondo e bisbigliare qualche “non si fa così”, dopo aver convissuto per decenni con le stesse pratiche.
Va bene anche questo, senza sopravvalutare questi momentanei distinguo.
E ne traiamo una prima indicazione pratica: ogni manifestazione deve avere i suoi “cineasti militanti”, che filmano ogni momento critico. Quel materiale sarà sempre una “prova”, sia sul piano semplicemente politico che in tribunale. Quando comunque la polizia produrrà un nulla taroccato per discolparsi e rovesciare le accuse.
Non è soltanto un consiglio per restare in salute: è un compito politico rilevante. Che può risultare decisivo per sbrogliare narrazioni infami del potere. La verità ha bisogno di ogni supporto, quando dominano i nipotini di Goebbels...
Dobbiamo dare tutti atto ai giovani studenti di “Cambiare Rotta” e delle altre organizzazioni studentesche per aver prodotto questo momento di conflitto, il quale ha fatto emergere davanti agli occhi di tutto il paese una prassi repressiva da dittature che la classe politica dominante indicava come caratteristiche tipiche della “giungla”, ma impensabili qui, nel “giardino” della civiltà liberista e liberale.
I poliziotti di Pisa sono effettivamente indistinguibili da quelli russi che arrestano i tifosi di Navalny o di qualche altro “campione” del liberismo occidentale. Ma in Italia a questi ragazzi, com’è noto, non li paga nessuno, nè governi nè Ong di governo.
Non c’è differenza. E questo incrina la narrazione, la sua credibilità. Il muro...
Qualcosa si è rotto. La diga repressiva non tiene. Le rime di frattura nel muro vanno dunque allargate. Con intelligenza, determinazione, lungimiranza, esperienza. Perché questa classe politica, come si vede dalle reazioni alla grande manifestazione di Milano, non ha un’opzione di riserva. E dunque non riesce a tollerare nessuna critica di massa.
Il conflitto richiede una scienza, se si vuole vincere. Si può fare.
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