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25/02/2024

Guerra reale e “truppe da esposizione”

Anche mettendo da parte le sparate propagandistiche tipiche di ogni soggetto in guerra – minimizzare le proprie perdite, esagerare quelle nemiche, alzare peana alle proprie vittorie, ignorare le sconfitte, ecc – è chiaro che la guerra in Ucraina non sta andando come gli Usa e tutti i loro servi speravano.

La logica era in fondo semplice: le “nostre armi” sono tecnologicamente superiori a quelle russe, ergo le truppe ucraine possono infliggere colpi molto più devastanti di quelli che comunque subiscono.

La premessa non detta è che l’armamento russo fosse in realtà quello sovietico (di 30-40 anni fa), così come il grosso della dotazione di Kiev. Ossia lo stesso armamento, forse appena un po’ migliore, di quello posseduto da Saddam ai tempi delle invasioni dell’Iraq (1991 e 2003).

Ergo, si pensava che aggiungendo qualche Himars e qualche altra “super-arma” (soprattutto antiaerea) lo squilibrio tecnologico avrebbe generato di per sé risultati positivi in tempi relativamente brevi.

Non è andata affatto così, la “controffensiva di primavera” si è rivelata un inutile massacro che ha dissanguato l’esercito ucraino al punto da imporre soluzioni “sbrigative” nel reclutamento di nuovi soldati da mandare al macello, con ovvi problemi di consenso sociale e di efficienza militare (se recluti anche i sessantenni non puoi aspettarti molto…).

Numerosi think tank militari Usa si sono così applicati nel cercare di capire cosa non aveva funzionato, provando anche ad indicare le possibili contromisure. E i risultati cono sorprendenti.

Gli Stati Uniti e gli alleati della NATO sono ora impegnati a rivedere le loro priorità sul campo di battaglia alla luce della rivoluzione militare che si sta verificando nella guerra ucraina.

Essi iniziano con l’ammissione principale che ha reso necessario questo rivolgimento: il vantaggio occidentale non solo è stato eroso, ma lo è stato rapidamente: “Durante l’era post-Guerra Fredda, ad esempio, si sono verificati numerosi scontri unilaterali sul campo di battaglia, in cui i militari alleati hanno rapidamente dominato avversari ancorati a vecchi paradigmi.”

È stata l’epoca (30 anni) delle cosiddette “guerre asimmetriche”, in cui gli Stati Uniti e gli alleati occidentali potevano fare quel che volevano contro avversari armati di ferrivecchi, ma disposti sul terreno secondo i crismi delle “guerre simmetriche” precedenti.

“Sfortunatamente, questo vantaggio – che alcuni hanno definito “overmatch” – si è eroso, e lo ha fatto rapidamente. Mentre la competizione degli Stati Uniti con la Cina e la Russia cresce, cerchiamo nuovi modi di combattere”.

Questo è il punto di partenza per un’altra potente conferma delle differenze tra i sistemi militari occidentali e quelli russi (che nel frattempo, anche senza tutta la tecnologia statunitense, avevano ridefinito l’approccio sistemico alla guerra).

“Negli ultimi decenni, tuttavia, la nostra prospettiva è cambiata. I moderni eserciti riflettono un principio fondamentale del pensiero alleato: ogni essere umano è prezioso. Facciamo tutto il possibile per ridurre il rischio per l’individuo. Gli aerei da combattimento, i carri armati, le navi da guerra e i sottomarini sono lo standard di riferimento per la protezione delle persone che li abitano. Lo stesso vale per l’addestramento realistico e la replica dettagliata dei trattamenti.

Nelle ultime decadi, quando nuove minacce sono emerse, abbiamo sviluppato capacità protettive ad alto costo.

Portato all’estremo, tuttavia, questo approccio è autolesionista.

Negli ultimi decenni ci siamo trovati a spendere sempre più risorse per proteggere sempre meno la nostra gente, con costi sempre più elevati. I leader, giustamente, vogliono ridurre i rischi e sono disposti a spendere molto per farlo.

Le moderne forze armate sono così preziose da creare disincentivi all’uso in battaglia. Oltre all’enorme impatto umano e di capacità, questo sviluppo avrebbe anche effetti politici significativi. I militari alleati hanno poche forze che possono essere considerate ‘attritabili’ senza costi elevati, il che mina il valore di deterrenza convenzionale dei nostri eserciti.”

Con l’intento di garantire la massima “protezione” alle proprie truppe, in pratica, i sistemi occidentali sono diventati così costosi che i loro operatori hanno paura persino di usarli, vanificando l’intero scopo dell’equipaggiamento bellico:

Le “menti strategiche” occidentali hanno impiegato molto tempo per giungere alle conclusioni tratte dalla Russia già secoli fa.

È da tempo che si sta facendo una distinzione importante su un argomento che suscita in molti confusione e fraintendimenti. C’è un equivoco intrinseco sulle differenze concettuali tra i sistemi militari sovietici/russi (leggi: armi) e quelli degli equivalenti della NATO/Occidente.

Sono stati fatti infiniti dibattiti non solo su argomentazioni riduttive secondo cui le armi russe sono fatte “per essere prodotte in serie” e “a basso costo“, come un giocattolo da quattro soldi, mentre le armi occidentali sono fatte per essere complessi di alto valore, avanzati, ma proibitivamente costosi.

Questo viene spesso supportato con il solito assortimento di esempi, come i carri armati russi prodotti in serie nella Seconda Guerra Mondiale che venivano distrutti in rapporto di 10:1 rispetto ai carri armati tedeschi, molto più avanzati ma in numero inferiore. E una generosa manciata di citazioni erroneamente attribuite viene poi sparsa per giustificare questo punto di vista. Come il presunto “la quantità ha una sua qualità” di Stalin, ecc. per non parlare degli stanchi riferimenti alle tattiche sovietiche dell'”onda umana“.

Il generale Mick Ryan e co. hanno chiaramente in mente anche lo Yemen e l’Iran quando scrivono quanto segue:

“I nostri concorrenti lo sanno; hanno speso due decenni per sviluppare sensori e armi progettate per trovare e distruggere le nostre costose risorse. Le tecnologie relativamente più economiche che rendono vulnerabili le armi moderne più squisite sono proliferate tra i nostri potenziali avversari. Questa è la definizione di ‘imposizione dei costi’, e noi siamo stati dalla parte sbagliata per molti anni“.

Quasi tutte le cose per cui l’Occidente un tempo criticava la Russia, ora ci si affanna ad adattarle alle proprie dottrine. I vertici militari del Regno Unito e degli Stati Uniti hanno recentemente sollecitato il ripristino della coscrizione nazionale, cioè del servizio militare obbligatorio, rendendosi tardivamente conto che una “forza interamente volontaria” non è semplicemente fattibile.

Allo stesso modo, è cambiata la mentalità sulle armi “premium“. Questo recente articolo di Forbes, del mese scorso, contiene un’argomentazione assolutamente sbalorditiva:

“Per ottenere il massimo della sicurezza, della durata e delle prestazioni da ogni singolo proiettile, le munizioni d’artiglieria occidentali vengono sovraingegnerizzate e poi, oltre ai già scoraggianti requisiti ingegneristici, i proiettili sono sottoposti a una serie di requisiti nazionali da boutique.

Avere ogni proiettile occidentale realizzato con amore secondo le tolleranze esatte di un motore di auto da corsa di Formula 1 offre vantaggi misurabili. In circostanze ideali, i sistemi di artiglieria alleati superano, sparano e colpiscono più duramente degli equivalenti sistemi russi. Ma le condizioni reali non sono più così ideali.”

In breve: sostengono che i proiettili dell’artiglieria occidentale sono eccessivamente ingegnerizzati e dovrebbero essere privati delle loro noiose misure di ‘controllo della qualità’ per privilegiare invece la “quantità” rispetto alla “qualità”. Una proposta interessante!

“In altre parole, la lavorazione di precisione delle munizioni non fa molta differenza quando il proiettile entra in una canna d’arma da fuoco sovrautilizzata che, in tempo di pace, sarebbe già stata consegnata al macero migliaia di proiettili fa“.

Aggiungono che, in sostanza, l’ingegneria militare occidentale è fatta per le condizioni del tempo di pace, in cui si spara davvero poco o nulla, e per breve tempo; mentre in condizioni di guerra reale è necessario adottare un’etica totalmente nuova e rude.

La Russia, in effetti, aveva già da tempo imparato la lezione, essendo stata abituata a vere “guerre totali esistenziali sul suo territorio” (prima e dopo la seconda guerra mondiale), mentre l’Occidente si è abituato a condurre guerre predatorie, in stile coloniale (“asimmetriche“).

L’articolo termina con:

“Le ciotole costose si romperanno. I vecchi metodi di lunga data possono scomparire. Ma, al momento, la priorità assoluta – almeno per le munizioni di artiglieria per uso generale – è il prezzo più basso e la maggiore velocità. Qualsiasi cosa in meno aiuta la Russia“.

Se questo non fosse già abbastanza, l’ultima intervista concessa la scorsa settimana dal popolare podcaster-analista australiano pro-Ucraina, il veterano militare William OAM, ha sottolineato questo punto in modo ancora più urgente: “Abbiamo bisogno di qualità? O ci serve solo la fottuta quantità?“.

E continua sostenendo che 5.000 “schifosi proiettili nordcoreani” fanno più danni di 100 “fantastici” proiettili americani, fabbricati con amorevole cura secondo tolleranze leader del settore.

Il fatto è che l’Occidente ha creato i suoi moderni eserciti su misura per combattere conflitti localizzati e controllati contro avversari mediorientali molto limitati. In un vero scenario di guerra totale, nessun Paese del pianeta ha la capacità produttiva o le catene di approvvigionamento delle risorse per produrre le quantità gargantuesche di “munizioni intelligenti” necessarie per una seria guerra a lungo raggio contro avversari quasi pari.

È possibile percepire la disperazione dell’Occidente quando la realtà comincia a farsi strada tra i suoi principali pensatori. Anni di costruzione di “eserciti da esposizione“, per impressionare i compratori alle esposizioni di armi del MIC, hanno lasciato le dottrine militari occidentali tristemente obsolete per quanto riguarda il modo in cui si combattono le guerre reali...

In pratica, l’Occidente si prepara (o dovrebbe prepararsi) ad abbandonare la narrazione “salvate il soldato Ryan”, assumendo strategie militari intorno alla “guerra di attrito” – come sul fronte ucraino, insomma – per cui vanno preventivate alte perdite umane, grande consumo di armamenti e munizioni, ma di livello tecnologico e costo industriale inferiore.

Per far questo deve riconvertire o ri-sviluppare una grande capacità industriale specifica nel settore, dirottando investimenti pubblici oggi destinati ad altri scopi (dalle infrastutture all’amministrazione pubblica, contando sui risparmi garantiti dall’intelligenza artificiale, e soprattutto dalla spesa sociale).

Questo significa mettere in conto una forte erosione del consenso, che si proverà a gestire concentrando la catena di comando sul sistema dei media e limitando le opzioni politiche “legittimate” a competere elettoralmente.

Anche perché la reintroduzione della leva militare obbligatoria, con la prospettiva pressoché certa di andare a fare la carne di cannone nella “guerra di attrito” – altro che “perdere un anno di vita”, com’era stato nel dopoguerra e fino agli anni Novanta – sarebbe (o sarà) non solo parecchio impopolare, ma anche ostacolata fortemente dalla continua riduzione delle nascite e quindi dei futuri scaglioni di coscritti.

È l’apparente paradosso del liberismo trionfante: aveva appena raggiunto la vittoria completa, tagliando salari ben oltre il limite della sopravvivenza (che si concretizza nella rinuncia a riprodursi), eliminando quasi del tutto la spesa sociale (dagli asili nido alla sanità, ecc), e si ritrova a dover programmare la ricostruzione di eserciti di massa… in presenza di una “manodopera disponibile” già ora insufficiente a sostituire sul lavoro le schiere di pensionandi mantenuti “attivi” fin quasi alla morte.

Il risultato della propria “vittoria storica”, oltre a profitti privati stratosferici, è insomma anche l’impossibilità fisica (carne umana, brutalmente) di affrontare il cambio di paradigma. Proprio come avviene per le conseguenze catastrofiche del cambiamento climatico...

L’equazione non torna più. Restate sintonizzati...

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