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16/02/2024

Se la biodiversità richiede meno agricoltura, l’Italia l’ha già massacrata

di Guido Salerno Aletta

La morsa economica in cui vivono gli agricoltori fa davvero paura, stretti come sono tra costi incomprimibili e ricavi non trattabili: non solo si fanno una concorrenza spietata tra di loro, ma tanto nei costi di produzione quanto nei ricavi delle vendite hanno a che fare con imprese multinazionali o con grossisti che operano in regime di oligopolio, colludendo.

In Italia, poi, da quarant’anni a questa parte, dal censimento del 1982, la superficie agricola totale si è ridotta di ben 59 mila Kmq, una superficie più che doppia rispetto a quella dell’intera Sicilia che non arriva a 26 mila Kmq. Questi sono i dati rilevati dall’Istat, che nel 2020 ha effettuato il 7° censimento agricolo. Inoltre, il numero delle aziende agricole censite nel 2020 si era ridotto, sempre rispetto al 1982, del 63,8%, il che significa che sono scomparse quasi due aziende agricole su tre. La velocità di riduzione è stata più accentuata negli ultimi vent’anni: nel 2020, infatti, il numero di aziende agricole è stato di 1,1 milioni, più che dimezzato ai 2,4 milioni censito nel 2000.

Anche il numero delle persone che lavorano in agricoltura si è drasticamente ridotto, di un milione tondo di unità in appena un decennio, passando dai 3,8 milioni del 2010 ai 2,8 milioni del 2020.

La polverizzazione della produzione agricola italiana è rimasta ancora fortissima: è una economia di sopravvivenza, visto che, sempre nel 2020, il numero delle aziende agricole gestito nella forma di azienda individuale o familiare è stato pari al 93,5% del totale delle aziende censite, coltivando il 72,7% del totale della superficie agricola utilizzata (SAU).

E ancora, le aziende che nel 2020 avevano a disposizione fino a 3 ettari di terra erano ben 579 mila, pari al 51% del totale di 1 milione e 133 mila di aziende censite.

Come se non bastasse, anche la Commissione europea ha dovuto confermare la situazione di enorme povertà di chi lavora nel settore agricolo: il reddito familiare di una famiglia contadina (farm family) è ancora enormemente più basso rispetto agli stipendi degli impiegati dell’intera economia della EU-27: nel 2005 arrivava appena al 30,6% ed ancora nel 2020 era ancora della metà, con il 49,1%. Il più confortante 64% che è stato registrato nel 2022 è un dato troppo influenzato dai violenti fenomeni inflazionistici verificatisi di recente

https://agriculture.ec.europa.eu/common-agricultural-policy/income-support/income-support-explained_it#whyfarmersneedsupport

https://agriculture.ec.europa.eu/common-agricultural-policy/cap-overview/cap-glance_it

Nonostante questa amara constatazione e la conferma della necessità di provvedere ad integrare il reddito di chi lavora in agricoltura mediante pagamenti diretti, il mantra ambientalista ha scaricato sull’agricoltura l’intero peso della biodiversità.

Gli obiettivi della nuova PAC, la Politica Agricola Comune, che è entrata in vigore dal 1° gennaio del 2023, prevedono infatti di:
- ripristinare, conservare e migliorare la biodiversità nelle aziende agricole;
- preservare e mantenere le caratteristiche del paesaggio;
- conservare e valorizzare le diverse risorse genetiche;
- facilitare l’ampia gamma di servizi ecosistemici resi possibili dalla biodiversità.

In termini concreti, entro il 2030, si deve:
- espandere la rete “Natura 2000” in modo che il 30% del territorio dell’UE sia protetto;
- collocare almeno il 10% della superficie agricola in elementi paesaggistici a elevata diversità;
- destinare almeno il 25% dei terreni agricoli all’agricoltura biologica;
- ridurre la perdita di nutrienti da fertilizzanti di almeno il 50% e ridurre il rischio e l’uso di pesticidi chimici del 50%.

C’è un primo punto di assoluta criticità: i produttori di concimi, di pesticidi e di sementi continueranno a praticare i prezzi che credono e non avranno nessun vincolo da rispettare, né alcun obiettivo stringente in termini di investimenti in ricerca e sviluppo ai fini di migliorare la qualità dell’ambiente e la biodiversità.

In secondo luogo, neppure gli operatori dei mercati all’ingrosso e la grande distribuzione organizzata sono stati chiamati a garantire giusti margini di compenso agli agricoltori, che spesso vendono sottocosto pur di rientrare in qualche modo nelle spese già sostenute. Solo la vendita diretta al pubblico da parte degli agricoltori consente loro di avere maggiori margini di guadagno: ma di questo, non si parla.

C’è un terzo aspetto, ancora più importante. Per quanto riguarda l’Italia, i Censimenti hanno rilevato che in quarant’anni la superficie agricola totale si è ridotta di un terzo: è una enorme quantità di terra, pari come abbiamo visto a oltre due volte la superficie della Sicilia, che solo in parte è stata utilizzata a fini edilizi. Nella terra abbandonata dall’agricoltura, certamente la meno fertile da coltivare, la natura e quindi la biodiversità hanno certamente ripreso il sopravvento, insieme al degrado del territorio: ma anche di questo non si discute.

Si scarica tutto sugli agricoltori: sono loro i veri forzati della terra, illusi di poter decidere del futuro solo perché padroni di appena un fazzoletto di terra.

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