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26/10/2024

Ponte sullo Stretto senza termini tecnici e di fattibilità, ma la UE lo finanzia perché “strategico”

Continua la diatriba tra i sindaci delle due sponde dello Stretto di Messina e la società omonima, concessionaria per la costruzione del ponte che dovrebbe collegare Sicilia e Calabria.

Sono stati presentati al ministero dell’Ambiente altri 800 progetti a integrazione della documentazione già presentato, ma presentano non poche problematiche.

I progetti hanno uno “scarso grado d’approfondimento” dice Giusy Caminiti, sindaca del comune reggino di Villa San Giovanni, “senza affrontare tutti gli aspetti della fattibilità dell’opera e i dettagli progettuali, rinviando al progetto esecutivo indagini, prove e progettazioni di opere essenziali”. In pratica, tutti i calcoli verranno fatti a ponte in costruzione.

Per fare un esempio, viene minimizzato il ruolo della faglia Cannitello, sotto i pilastri del ponte, e vieni ignorato il vincolo di inedificabilità assoluta posto dal legislatore. Nella documentazione c’è addirittura una tavola in cui tutte le faglie sono addirittura scomparse.

Il sindaco di Messina, Federico Basile, ha aggiunto: “prendiamo atto che la Stretto di Messina ha proposto soluzioni per lo più descrittive non progettualmente rappresentate in termini tecnici e di fattibilità”.

La società, invece, spinge per ottenere il via libera del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS) entro l’anno.

Intanto, ha ottenuto un’altra importante firma: quella del Grant Agreement per il finanziamento europeo dei costi di progettazione esecutiva. Si tratta di 25 milioni di euro, approvati dalla Climate, Infrastructure and Environment Executive Agency (CINEA) della Commissione UE, un organismo che si occupa di aiutare a implementare il Green Deal.

Parliamo di sovvenzioni a fondo perduto per coprire il 50% dei costi dell’infrastruttura ferroviaria. Pietro Ciucci, amministratore delegato della Stretto di Messina, ha detto che questo accordo “conferma il ruolo strategico dell’opera” e anche Salvini ne ha sottolineato il suo “interesse sovranazionale”.

Questa è la questione centrale, in fin dei conti, oltre alla solita ondata di speculazione e distribuzione di favori che accompagna le grandi opere. Il Ponte sullo Stretto di Messina è stato infatti inserito definitivamente nel Corridoio Scandinavo-Mediterraneo delle Reti Transeuropee dei Trasporti (TEN-T).

Si tratta di nove corridoi strategici, pensati per modificare le linee di connessione e trasformarle da nazionali ad europee, rispondendo così alle esigenze (anche militari) comunitarie. Tra i cantieri che rientrano in questo programma c’è anche la Tav Torino-Lione, come parte del Corridoio Mediterraneo, dalla Spagna all’Ungheria.

Tra la fine del 2023 e la metà del 2024, nell’aggiornamento delle linee guida per lo sviluppo della TEN-T è comparso anche il ponte sullo Stretto. La conferma definitiva è arrivata a giugno, mentre già a gennaio la società Stretto di Messina aveva presentato la sua candidatura al CINEA, che è stata giudicata “rispondente ai criteri selettivi”.

Tutti i fili e gli interessi intorno al ponte si uniscono infine nel salto di qualità che la UE vuole fare come soggetto protagonista della competizione globale. Anche perché sembra difficile credere davvero che una tale opera abbia le “positive ricadute socioeconomiche e ambientali” che anche la Commissione Europea millanta.

Qualche giorno fa, molte associazioni ambientaliste hanno presentato un dossier di oltre 600 pagine in cui si evidenzia che nelle analisi della società che ha in gestione la costruzione manca “una valutazione della somma che i vari impatti connessi alla realizzazione dell’opera producono”. Si tratta di una “violazione della normativa vigente, sia comunitaria che nazionale”.

La propaganda del governo e della transizione verde europea si infrange senza appello su questa realtà.

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