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26/10/2024

Le bombe di Israele fermano le vaccinazioni contro la polio

L’Organizzazione Mondiale della Sanità denuncia l’impossibilità di portare a termine la campagna di vaccinazione contro la poliomielite nella zona Nord della Striscia di Gaza. Gli intensi bombardamenti impediscono la somministrazione della seconda dose a decine di migliaia di bambini.

Il pericolo di questa malattia era stato confermato la scorsa estate e, sotto la pressione internazionale per la tutela della salute di tutto il Medio Oriente, alla fine Tel Aviv aveva acconsentito alla distribuzione delle dosi. In piccole aree protette, le squadre mediche hanno cominciato l’intervento all’inizio di settembre.

Ricordiamo che la malattia era scomparsa da un quarto di secolo dai territori palestinesi. Il virus ha però trovato il luogo adatto in cui tornare a proliferare tra le macerie di Gaza, dopo che Israele ha distrutto tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue e anche il 70% delle pompe di scarico, come sottolineato da Oxfam un paio di mesi fa.

A inizio ottobre erano cominciate le trattative con le autorità israeliane per partire con la seconda tornata di somministrazioni, per raggiungere la completa copertura per circa 590 mila bambini sotto i 10 anni. I sanitari, distribuiti capillarmente soprattutto nella zona umanitaria fra Deir al-Balah, Khan Yunis e al-Mawasi, hanno completato le inoculazioni previste nel Sud e nel Centro di Gaza.

Ma da inizio ottobre il Nord, dove si stima siano rimaste 300 mila persone, vive sotto un vero e proprio assedio, una pioggia costante di bombe sioniste. Nella zona non arrivano aiuti umanitari dal primo ottobre, ed era evidente che sarebbe stato quasi impossibile portare avanti la campagna vaccinale per i 120 mila bambini lì presenti.

Il 23 ottobre l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha infine annunciato la sospensione delle vaccinazioni. L’istituzione con sede a Ginevra ha elencato “intensi bombardamenti, evacuazioni di massa e mancanza di accesso alla zona Nord” come motivazioni che “hanno costretto a rimandare la campagna”.

Ma è bene sottolineare che questo significa mettere a repentaglio la salute pubblica dell’intera area. Oltre che, ovviamente, quella dei palestinesi più giovani, che sono già morti a migliaia e per le sofferenze dei quali continua a registrarsi un’insopportabile silenzio da parte dei governi occidentali.

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