Nonostante la lotta contro il terrorismo internazionale sia considerata priorità assoluta dai paesi occidentali, la distruzione dei gasdotti Nord Stream ad opera di ignoti sembra essere finita in un punto morto, grazie alla mancanza di slancio (per usare un eufemismo) delle procure europee. Visibilmente imbarazzate, le autorità politiche e giudiziarie di vari paesi europei cercano di sviare la questione, e per una buona ragione: dopo due anni di indagini, le piste conducono non al Cremlino, ma a Kiev, Washington e Varsavia.
Il 26 settembre 2022 una serie di esplosioni hanno gravemente danneggiato il gasdotto Nord Stream, che collega la Russia alla Germania attraverso il Mar Baltico. Questi eventi hanno causato delle perdite importanti nel gasdotto, sia nel Nord Stream 1 (che già era stato chiuso da Mosca) sia nel Nord Stream 2 (mai entrato in funzione a causa delle sanzioni). Le autorità hanno presto sospettato che le esplosioni fossero state causate da un atto di sabotaggio deliberato, sebbene l’origine e i responsabili non siano mai stati definitivamente accertati.
Le esplosioni del Nord Stream hanno avuto un impatto significativo sui paesi europei, sia in termini di sicurezza energetica sia di strategia geopolitica ed economica. L’interruzione del Nord Stream ha aggravato la crisi energetica in Europa, causando una volatilità estrema nei prezzi del gas naturale. Nel 2022, i prezzi hanno raggiunto livelli record, esercitando una pressione inedita sulle famiglie e sulle imprese.
A sua volta, la crisi energetica ha costretto alcuni settori industriali ad affrontare costi operativi elevati, mettendo a rischio la competitività delle industrie europee sul mercato globale. Alcuni paesi, come la Germania e la Francia, hanno dovuto fornire sostegni mirati per evitare che le industrie ad alta intensità energetica riducessero la produzione o trasferissero le attività all’estero.
Quello che è stato senza dubbio il più grande atto di sabotaggio della storia europea dal secondo dopoguerra, combinato con un dramma ambientale, avrebbe dovuto scatenare la furia investigativa delle autorità. Invece, due anni dopo, le indagini ufficiali si caratterizzano per una strana discrezione e un chiaro imbarazzo a percorrere le piste investigative fino in fondo. Ad oggi, non ci sono stati né arresti, né interrogatori, né accuse contro i presunti autori.
All’inizio di giugno, un mandato di arresto europeo è stato emesso dal procuratore generale contro un cittadino ucraino residente in Polonia di nome Volodymyr Zhuravlov. Secondo I media tedeschi, Zhuravlov sarebbe una figura chiave del caso, e sarebbe connesso all’imbarcazione “Andromeda”, il veicolo utilizzato probabilmente dai sabotatori per installare gli esplosivi sui gasdotti.
Varsavia, tuttavia, ha rifiutato di fermare il sospettato (così come previsto dalla legge), che è riuscito a fuggire in Ucraina senza essere perseguito. Rispetto a questa vicenda, il primo ministro Donald Tusk, campione dei liberali europei, ha dichiarato questo il 17 agosto su X: “A tutti gli iniziatori e i mecenati di Nord Stream: l’unica cosa che dovete fare è chiedere scusa e stare zitti”.
Subito dopo le esplosioni, le autorità giudiziarie svedesi e danesi hanno ipotizzato un sabotaggio deliberato, poiché il gasdotto era altamente resistente e situato in una zona del Mar Baltico sotto stretta sorveglianza. Successivamente, hanno improvvisamente chiuso le indagini, senza pubblicare risultati.
Non appena l’attentato fu commesso, gli Stati Uniti annunciarono l’avvio di indagini, rese ancora più promettenti dal fatto che i loro servizi di intelligence coprono interamente il Mar Baltico; ma non hanno comunicato nulla. Parallelamente, gli occidentali hanno sistematicamente rifiutato l’offerta di Mosca di partecipare all’indagine.
Le autorità tedesche continuano a condurre le proprie ricerche, ma in risposta a integgorazioni parlamentari, il governo risponde che ogni divulgazione di informazioni metterebbe in pericolo il “bene dello Stato”. In altre parole, che sarebbero compromessi paesi o servizi segreti alleati.
Giornalisti d’inchiesta e deputati del Bundestag affermano all’unisono che le loro richieste incontrano un muro di silenzio. Holger Stark, del settimanale Die Zeit, ha parlato di “pressioni brutali su tutte le autorità affinché non parlino con nessun giornalista”. Intervistato da Le Monde Diplomatique, il deputato socialdemocratico Ralf Stegner ritiene “molto sorprendente” che un crimine così grave, commesso in uno dei mari più sorvegliati al mondo, abbia generato così poche informazioni due anni dopo i fatti. Il suo collega Andrej Hunko, dell’Alleanza Sahra Wagenknecht (BSW), parla di un “disinteresse provocatorio per il chiarimento” di questo misfatto.
Le indagini sulle esplosioni del Nord Stream hanno prodotto varie ipotesi sui possibili responsabili, senza però giungere a conclusioni definitive. Innanzitutto, i russi stessi. La Russia che avrebbe potuto (secondo queste teorie) sabotare il proprio gasdotto per aumentare la pressione politica sull’Europa o creare confusione nel blocco occidentale. Questa ipotesi è stata accolta con scetticismo da diversi esperti, poiché avrebbe comportato un costo economico significativo per Mosca, proprietaria di una parte considerevole del gasdotto.
Dal canto loro, le autorità giudiziarie tedesche e svedesi hanno ripetuto più volte di non avere alcuna indicazione di un coinvolgimento russo. Lo stesso ha affermato il direttore della CIA, William Burns, difficilmente sospettabile di favorire Mosca, così come il Washington Post al termine di una lunga inchiesta.
Tra i motivi misteriosi che avrebbero spinto la Russia a distruggere un’infrastruttura costosa che detiene al 51%, l’argomento secondo cui Mosca avrebbe voluto evitare penali in caso di interruzione delle forniture non convince molto: dato il contesto delle sanzioni e degli asset russi confiscati, probabilmente avrebbe semplicemente rifiutato di pagare.
La seconda teoria è stata lanciata l’8 febbraio 2023, quando il giornalista Seymour Hersh, ha pubblicato un’inchiesta che suggerisce un possibile coinvolgimento degli Stati Uniti e della Norvegia, in base a una fonte anonima. Hersh afferma che l’operazione sarebbe stata coordinata dall’amministrazione Biden per interrompere la dipendenza energetica europea dalla Russia. Questa teoria è stata ripresa da alcuni media, ma non ha ricevuto conferme ufficiali, e numerosi esperti hanno messo in discussione la validità delle fonti utilizzate da Hersh.
Un mese dopo, il 7 marzo, il New York Times avanzava una terza ipotesi basata su testimonianze anonime “di funzionari americani che hanno valutato informazioni dei servizi di intelligence”: il sabotaggio non sarebbe stato commesso dai servizi americani, ma da un “gruppo filo-ucraino”. L’inchiesta ha suggerito che questi sabotatori potrebbero aver operato in modo autonomo, senza il coinvolgimento diretto del governo di Kiev.
Le prove principali a sostegno di questa teoria includono il noleggio della barca Andromeda in Germania da parte di un gruppo di persone con documenti ucraini, oltre al coinvolgimento sospetto di Volodymyr Zhuravlov. Poco dopo, un consorzio di media tedeschi guidato da Die Zeit approfondisce, basandosi su informazioni provenienti anche dal procuratore generale federale: gli articoli identificano una barca a vela noleggiata dai sabotatori.
Da allora, le pubblicazioni dei media si sono focalizzate praticamente soltanto su questa versione: la barca Andromeda è stata noleggiata in Germania e utilizzata per trasportare attrezzature subacquee e esplosivi. Le indagini hanno trovato residui esplosivi a bordo, ma non ci sono prove concrete su chi abbia realmente orchestrato l’attacco. Questo sistema di operazioni autonome consentirebbe al governo ucraino di mantenere le mani pulite, evitando così responsabilità dirette.
Il talento degli organizzatori o la volontà dell’Europa di rimanere all’oscuro si riflettono nel fatto che le tracce dei presunti responsabili si dissolvono nell’incertezza. Secondo fonti del Washington Post, i passaporti falsi utilizzati dai sabotatori sarebbero stati creati dai servizi segreti ucraini.
Le autorità tedesche non hanno richiesto assistenza giudiziaria ai loro omologhi ucraini, e addirittura secondo alcune ricostruzioni avrebbero facilitato la fuga di uno dei sospetti, non inserendo il suo nome nel registro Schengen. Un rapporto della CIA citato dal Washington Post indica che i mandanti dell’attentato sarebbero l’agente ucraino Roman Chervinsky e l’ex comandante delle forze armate, Valeri Zaloujny, attuale ambasciatore a Londra.
Dietro l’ombra dei servizi ucraini, però potrebbe celarsi quella dello zio Sam. Secondo un articolo del Washington Post del 6 giugno 2023, infatti, la CIA era a conoscenza di un piano ucraino per sabotare i gasdotti già nel giugno 2022 e avrebbe informato alcuni paesi europei, tra cui la Germania.
Nonostante ciò, i governi occidentali avrebbero omesso di rivelare al pubblico che l’Ucraina era un principale sospettato nel sabotaggio. Alcuni funzionari americani hanno suggerito che la CIA tentò di dissuadere l’Ucraina, mentre altri esperti ipotizzano un possibile coinvolgimento attivo degli Stati Uniti nella pianificazione dell’attacco, con manovre NATO usate come copertura.
L’attentato al Nord Stream rimane un caso irrisolto, con molti parlamentari che chiedono un’inchiesta indipendente, magari sotto l’egida dell’ONU. Tuttavia, una proposta di risoluzione da parte di Russia, Cina e Brasile non ha ottenuto il supporto degli Stati Uniti e dei loro alleati. Germania e Svezia hanno rifiutato una commissione d’inchiesta per non compromettere le indagini in corso. La paura di implicazioni geopolitiche ha alimentato questo gioco a nascondino attorno a un episodio di grande rilevanza internazionale.
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