Una settimana fa un errore, definito “tecnico” dai vertici dell’azienda, ha portato la multinazionale olandese ASML al crollo azionario peggiore dal 1998. Con un giorno di anticipo, sono stati pubblicati i risultati finanziari del terzo trimestre, i quali hanno dato cattivi segnali per il futuro dell’azienda, e la borsa ha risposto con pesanti ribassi in tutto il settore.
In realtà, la società ha chiuso settembre con ricavi per 7 miliardi e mezzo e di dollari, superiori alle attese, e con le previsioni sul fatturato totale del 2024 che si attestano sui 28 miliardi, in linea con le indicazioni precedenti. E tuttavia, le vendite si sono attestate sui 2,6 miliardi di euro, meno della metà di quanto era stato promesso.
I vertici di ASML hanno fatto sapere che il rallentamento delle vendite potrebbe riguardare anche il 2025, e ciò ha causata un vero e proprio crollo del titolo, che è passato da 343 a circa 269 miliardi di dollari, perdendo quasi 75 miliardi di valore in due giorni. Il panico in borsa si è diffuso anche ad altre compagnie del settore, come la statunitense nVidia.
Ma la capitalizzazione del campione statunitense ha ricominciato subito a marciare, grazie alle aspettative sulla richiesta crescente di chip dall’alta capacità computazionale per l’intelligenza artificiale e il machine learning. ASML invece sconta un rallentamento dell’uso delle macchine litografiche, segmento di cui è fulcro.
Ma soprattutto, la multinazionale olandese deve fare i conti con la tempesta della frammentazione del mercato mondiale, che inficia gli orizzonti degli affari a lungo termine. Alcuni suoi fornitori chiave sono in Germania, ma i principali acquirenti sono fuori dalla UE, che ha solo ASML come azienda di peso globale nel settore.
Intel ha annunciato all’inizio di settembre un taglio delle spese in conto capitale di circa il 20% e ha deciso di ritardare la costruzione del suo stabilimento a Magdeburgo. L’8 settembre Samsung ha inviato una lettera a investitori e clienti scusandosi per non aver rispettato le aspettative e indicando la necessità di migliorare sulla competitività tecnologica.
Queste due grandi firme della filiera dei semiconduttori rappresentano un’enorme fetta delle entrate di ASML, a cui si aggiunge TSMC di Taiwan. L’altro pilastro delle entrate dell’azienda era la Cina, su cui però gli olandesi hanno dovuto sottostare alle pressioni di Washington che da tempo pretendeva una limitazione delle esportazioni verso Pechino.
Il fatturato dei primi nove mesi del 2024 deve essere fatto risalire per metà ai rapporti col Dragone, mentre si prevede che già il prossimo anno scenderà al 20%. Si prevede anche che gli investimenti a stelle-e-strisce potranno compensare nell’arco di qualche anno le perdite nella relazione con Pechino, ma questo “cambio della guardia” per ora non si vede negli ordinativi.
C’è poi l’elefante nella stanza: chi decide per la multinazionale olandese? Il fatto è che i macchinari di ASML contengono componenti prodotte negli Stati Uniti, che hanno dunque una leva effettiva di potere sulle esportazioni dell’azienda, e dunque sulla UE.
Bruxelles, ancora una volta, deve ammettere che non può decidere le proprie politiche commerciali in autonomia. Anzi, una delle poche realtà continentali con un peso mondiale in questo settore strategico aspetta – e continuerà ad aspettare – gli investimenti di Washington per far fronte alle perdite che proprio Washington ha imposto rispetto al mercato cinese.
Intanto, seppur non senza preoccupazione degli investitori, altre grandi aziende del settore sembrano poter aggirare più facilmente le restrizioni. Proprio nVidia, ad esempio, ha modificato le specifiche di alcuni suoi prodotti per esentarli dal blocco e continuare a venderli.
Nel frattempo, è ASML stessa a far sapere di ritenere la Cina l’unico paese al mondo che sta aggiungendo capacità di semiconduttori per applicazioni più mature, mentre cerca anche di impiantare una propria filiera completa di chip all’altezza delle innovazioni che promuove (notizia di stamattina è che Xiaomi avrebbe prodotto il primo chip da 3 nanometri). E Bruxelles rimane col cerino in mano, come si suol dire.
Non è certo un invito a una maggiore autonomia strategica, quello che proviene da questo articolo. Ma è una disamina oggettiva delle condizioni in cui si trova la UE, che invece sarà obbligata ad accentuare lo sforzo per riempire il distacco in questo importante settore facendone pagare i costi ai settori popolari (i fondi per gli investimenti verranno dalla riduzione di altre spese).
Insomma, con ASML si può notare l’arretratezza del polo europeo in un segmento strategico e l’inadeguatezza delle sue classi dirigenti nel destreggiarsi nella competizione globale, nella quale rimane alla mercé di statunitensi e cinesi. Il problema è che la borghesia europea continuerà su questa strada.
E così verranno accentuate le contraddizioni europee e mondiali, mentre è evidente che un’alternativa passa solo dalla rottura con questa catena imperialistica, per un modello di sviluppo che non metta la competitività come metro di misura dello sviluppo. Così si procede solo sulla strada delle tensioni e delle guerre.
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