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22/10/2024

Razzismo istituzionale e “in divisa”. L’Italia della Meloni smascherata dal Consiglio d’Europa

Da Strasburgo, dopo la Corte Europea di Giustizia, è arrivata un’altra tegola in testa al governo Meloni. Il rapporto della Commissione sul Razzismo e l’Intolleranza del Consiglio d’Europa (in sigla Ecri, ma da non confondere con il Consiglio Europeo dei capi di stato, ndr), rileva “con seria preoccupazione che il discorso pubblico italiano è diventato sempre più xenofobo negli ultimi anni e che i discorsi politici hanno assunto toni altamente divisivi e antagonisti, in particolare nei confronti di rifugiati, richiedenti asilo e migranti, nonché di cittadini italiani con background migratorio, rom e persone Lgbti”. (1)

Nel documento viene sottolineato come “Purtroppo un certo numero di dichiarazioni e commenti considerati dispregiativi e carichi di odio provengono da politici e funzionari pubblici di alto profilo, soprattutto durante i periodi elettorali”.

Di fronte a tale situazione l’Ecri nel suo ultimo rapporto dedicato all’Italia, e aggiornato ad aprile 2024, raccomanda “che le figure pubbliche, compresi i funzionari di alto livello e i politici di tutti gli schieramenti, siano fortemente incoraggiati ad assumere una posizione tempestiva, ferma e pubblica contro l’espressione di discorsi d’odio razzisti e lgbti-fobici e a reagire con discorsi alternativi, nonché a promuovere la comprensione tra le comunità, anche esprimendo solidarietà a coloro che sono bersaglio di discorsi d’odio”.

Ma c’è un aspetto altrettanto grave che viene sottolineato dal rapporto dell’Ecri. In Italia le forze dell’ordine fanno profilazione razziale durante le attività di controllo, sorveglianza e indagine, soprattutto nei confronti della comunità rom e delle persone di origine africana.

La Commissione evidenzia piuttosto gravemente come “le autorità non sembrano essere consapevoli della portata del problema e non hanno considerato l’esistenza della profilazione razziale come una forma di potenziale razzismo istituzionale”. Non solo.

La profilazione razziale, sottolinea il rapporto dell’Ecri, “ha effetti notevolmente negativi perché genera un senso di umiliazione ed ingiustizia per i gruppi coinvolti, provocando stigmatizzazione e alienazione”. È inoltre “dannosa per la sicurezza generale in quanto diminuisce la fiducia nella polizia e contribuisce alla tendenza a non denunciare i reati”. Per la Commissione, dunque, le autorità dovrebbero sottoporre le pratiche di fermo e di controllo/perquisizione della Polizia ad un esame indipendente.

Infine, con delle osservazioni che coincidono con uno dei temi centrali dello scontro politico in corso tra governo e magistratura, la Commissione contro il razzismo e l’intolleranza del Consiglio d’Europa (Ecri), ha denunciato “le critiche indebite che mirano a minare l’autorità dei singoli giudici che decidono sui casi di migrazione” tra gli esempi di casi negativi che concernono il discorso pubblico e politico che “promuove una cultura dell’esclusione dei migranti piuttosto che la loro inclusione”. Secondo l’organo del Consiglio d’Europa tali critiche “minano l’indipendenza della magistratura che tratta di questi casi”, che deve essere invece “rispettata, protetta e promossa”.

L’Ecri ritiene inoltre che “i partiti dovrebbero adottare codici di condotta appropriati che proibiscano l’uso di discorsi d’odio, invitino i loro membri e seguaci ad astenersi dal pronunciarli, appoggiarli o diffonderli e prevedano sanzioni in caso contrario”.

Praticamente è arrivata una ennesima clava dalle istituzioni europee, in questo caso “allargate”, contro il governo Meloni e il segno reazionario e razzista di cui è intriso da capo a piedi. Il consueto vittimismo aggressivo dei Calimero di governo stavolta non basterà a metterci una pezza, neanche con la complicità dei telegiornali o di Ursula Von der Leyen.

Nota:

(1) Il Consiglio d’Europa è un’organizzazione internazionale il cui scopo è promuovere la democrazia, i diritti umani, l’identità culturale europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali nei Paesi in Europa. È stato fondato il 5 maggio 1949 con il Trattato di Londra e oggi conta 46 Stati membri. La sua sede istituzionale è a Strasburgo. Nel 1989 gli è stato riconosciuto lo status di osservatore dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

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