Il 29 ottobre 2024, la Commissione europea ha concluso la sua inchiesta “anti-sussidi” sui veicoli elettrici prodotti in Cina importati nel mercato comunitario, imponendo sugli stessi i seguenti dazi addizionali compensativi, che si sommano a quelli già in vigore, del 10 per cento:
- BYD: 17,0%
- Geely: 18,8%
- SAIC: 35,3%
- Le altre società che hanno collaborato con l’indagine avviata il 4 ottobre 2023 saranno soggette a dazi del 20,7 per cento.
- A seguito di una richiesta motivata di un esame individuale, a Tesla verrà assegnato un dazio del 7,8 per cento.
- Tutte le altre società che non hanno collaborato avranno un dazio del 35,3 per cento.
I dazi definitivi saranno riscossi a partire dal 31 ottobre 2024 e rimarranno in vigore per cinque anni.
La decisione dell’esecutivo comunitario si intreccia con la crisi del mercato dell’auto europeo, in particolare con l’intenzione di Volkswagen di chiudere almeno tre delle sue fabbriche in Germania, che danno lavoro a circa 15.000 persone. L’azienda sarebbe inoltre decisa a tagliare del 10 per cento gli stipendi e a bloccare gli aumenti per i prossimi due anni.
Il ministero del Commercio di Pechino ha fatto sapere che «la Cina non riconosce né accetta la sentenza definitiva dell’UE sull’indagine anti-sussidi sui veicoli elettrici fabbricati in Cina e ha intentato una causa presso l’Organizzazione mondiale per il commercio attraverso il suo meccanismo di risoluzione delle controversie. La Cina continuerà ad adottare tutte le misure necessarie per salvaguardare fermamente i diritti e gli interessi legittimi delle aziende cinesi».
Lo stesso ministero nel fine settimana aveva reso noto che erano ripartiti i negoziati tecnici per arrivare a un accordo in base al quale le tariffe sarebbero state ridotte o sospese in cambio di un intesa con le aziende su un prezzo minimo per i veicoli elettrici made in China importati nella UE.
Tuttavia, i colloqui si sono arenati sullo scoglio “tecnico” del funzionamento di un simile accordo. Pechino pretendeva che l’intesa fosse applicata a tutte le aziende attraverso una camera di commercio governativa, mentre la Commissione intendeva negoziare con le singole aziende.
Oggi il governo di Pechino ha segnalato che la Cina e l’UE stanno conducendo una nuova fase di negoziati e che «si spera che l’UE, con un atteggiamento costruttivo, possa rilanciare i negoziati con la Cina e raggiungere rapidamente una soluzione accettabile per entrambe le parti aderendo a un approccio pragmatico, principi equilibrati e tenendo conto delle preoccupazioni reciproche per evitare l’escalation degli attriti commerciali». Ovvero una vera e propria guerra commerciale UE-Cina.
Pechino ha già pronta la rappresaglia, che potrà colpire una serie di settori sui quali ha avviato inchieste anti-dumping e anti sussidi. In particolare:
- sulle importazioni di carne di maiale, che arrivano principalmente dalla Spagna (che sull’aumento dei dazi si è astenuta), dalla Danimarca e dall’Olanda (entrambe favorevoli);
- sulle importazioni di latticini, rispetto alle quali i paesi più esposti sono Irlanda, Francia e Olanda (tutti e tre hanno votato “sì”);
- sulle importazioni di Cognac, con la Francia nel mirino;
- sulle importazioni di auto di grossa cilindrata, che colpirebbe Germania e Slovacchia (entrambi i paesi hanno però votato contro l’aumento dei dazi).
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