La notizia pubblicata solo pochi giorni fa dalla Cnn, riguardo la fuga di materiale top secret in mano agli Stati Uniti sui piani militari israeliani contro l’Iran, è già scomparsa dai media italiani, ma si rivela interessante per almeno tre punti.
Il primo è che, se fosse confermato il whistleblowing e non si trattasse di un’operazione di depistaggio, all’interno del deep state statunitense il consenso nei confronti del genocidio e dei massacri israeliani si rileverebbe tutt’altro che solido.
Il secondo è che gli Stati Uniti conoscono e condividono le operazioni militari condotte delle forze armate israeliane, rimuovendo ogni dubbio residuale ancora esistente.
Il terzo è che questa conoscenza avviene non, o non solo, tramite lo scambio di informazioni tra i due Paesi, ma attraverso l’attività di spionaggio statunitense del proprio alleato.
Queste tre deduzioni sono forse sufficienti per comprendere perché una notizia del genere stia venendo silenziata in fretta furia all’opinione pubblica nostrana.
I fatti accertati degli ultimi giorni
Riavvolgendo un attimo il nastro, in questione ci sono i documenti fatti arrivare, come detto, alla Cnn da un informatore anonimo dell’intelligence statunitense, contenenti informazioni riservate sui preparativi di attacco militare israeliano contro l’Iran.
Tali documenti sarebbero dovuti rimanere a esclusiva visione del gruppo dei “Five eyes”, ossia gli occhi dell’imperialismo amerikano sparsi per il mondo anglofono: Australia, Canada, Nuova Zelanda e Regno Unito.
Ma tra il 15 e 16 ottobre sul canale Telegram Middle East Spectator è apparso questo materiale top secret, “sfuggito” dalla National Geospatial Intelligence Agency del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti.
Tale falla nell’impianto di sicurezza, definita come “estremamente preoccupante”, ha immediatamente generato le scuse pubbliche, pronunciate a bassa voce, da parte degli Stati Uniti verso Israele, il quale – c’è da rilevare – non ha fatto troppo rumore sul caso.
I satelliti statunitensi spiano (anche) Israele
Le informazioni raccolte provengono dai satelliti nordamericani, i quali hanno tenuto sotto controllo l’alleato israeliano rivelando i preparativi di quest’ultimo per un attacco – principalmente aereo e missilistico – contro l’Iran.
Da un punto di vista militare, le ricognizioni satellitari avrebbero svelato l’equipaggiamento dell’aviazione israeliana, munita di missili a lungo raggio, potenzialmente in grado di colpire obiettivi iraniani senza violare direttamente lo spazio aereo della Repubblica islamica (ma dentro lo spazio aereo dei paesi intermedi).
Che gli Stati Uniti tengano sott’occhio i loro più stretti alleati non è una novità. Nel 2013 con lo scandalo del “Datagate” salì agli onori delle cronache lo spionaggio da parte della National Security Agency – tra gli altri – nientemeno che del telefonino di Angela Merkel, allora cancelliera tedesca.
Una guerra anche di intelligence
Se ricollegata ai 7 arresti da parte israeliana di spie tra le proprie fila al servizio dell’Iran, la fuga dei documenti top secret mostra un’altra crepa nell’universo dei servizi segreti occidentali e filosionisti, sfatando la pretesa infallibilità rilanciata soprattutto da Israele dopo gli – indubbi – “successi” ottenuti in questo campo nelle ultime settimane.
Ma la guerra, si sa, è un acceleratore formidabile del processi storici e anche quanto costruito in decenni di attività, magari sostenuto anche da un’adeguata propaganda, può essere spazzato via in poche settimane.
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