I fatti sono questi. Dopo una notte di vantaggio del “No” nel referendum sull’adesione della Moldavia all’Unione Europea (in realtà all’inserimento di questo obiettivo nella Costituzione), arriva la mattina e improvvisamente il “Sì” è passato in vantaggio per un pugno di voti. Il risultato alla fine è stato che il Sì all’ingresso della Moldavia in Ue ha ottenuto il 50,4% (747.347 voti) e il No all’ingresso della Moldavia in Ue: 49,5% (735.104 voti).
Una stranezza che suscita più di qualche sospetto di brogli.
Ma la canea politica-mediatica in Europa ci ha abituato – o meglio, vorrebbe farci abituare – all’idea che i brogli li fanno solo gli “altri”, gli stati inseriti sulla “lista nera” di chi ha diviso il mondo nel Giardino e la Jungla.
In questo caso, invece, sembra proprio che i brogli possano essere ascritti agli amici della Ue e della Nato. Soprattutto attraverso la filiera dei voti dei moldavi all’estero. Gran parte della diaspora è appunto nei paesi europei, e questi hanno ricevuto tutto il necessario per votare. Al contrario, per il quasi mezzo milione di moldavi residenti in Russia il governo Sandu ha messo a disposizione solo 10.000 schede.
Per coprire questa contraddizione e il rovesciamento repentino di un risultato che appariva acquisito, i mass media europei diffondono l’idea che i brogli si che c’erano e che ci sarebbero stati, solo da parte dei partiti anti-Ue e filo-russi ovviamente, ma “prima” del referendum e delle elezioni presidenziali svoltesi domenica.
Per condizionare politicamente e materialmente il voto, il governo Sandu – sostenuto dalla Ue e dalla Nato – nelle settimane precedenti il referendum e le elezioni aveva dato vita a centinaia di arresti di militanti dei partiti dell’opposizione con l’accusa, ormai dilagante e troppo spesso ingiustificata, di essere “filo-russi”.
Su questa repressione di massa in Moldavia l’Unione Europea è stata totalmente silente e complice. Fosse avvenuto in Venezuela gli strepiti si sarebbero sentiti fino su Marte.
Ma la partita potrebbe non essere chiusa. Non solo la polarizzazione si è rivelata comunque enorme, ma la presidente filo-Ue e filo-Nato, Maia Sandu, è costretta ad andare al ballottaggio contro il candidato del Partito Socialista avendo ottenuto al primo turno meno del 42%.
Non sappiamo se gli osservatori internazionali occidentali anche al ballottaggio si gireranno dall’altra parte, ma la prossima volta che un governo o un giornale europeo strillerà ai brogli in qualche altro paese che non gli garba meriterà, senza sconto alcuno, un sonoro calcio nel culo.
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