Mentre ieri le forze armate israeliane hanno lanciato una delle ondate più distruttive di incursioni aeree nel Libano orientale e meridionale, una rivelazione fatta al quotidiano Al-Akhbar, con sede a Beirut, ha messo in evidenza le macchinazioni statunitensi sul paese dei cedri.
Una fonte di alto rango della sicurezza nazionale libanese ha fatto sapere che, in un recente incontro con alcuni politici del paese l’ambasciatrice USA in Libano, Lisa Johnson, avrebbe invitato ad attaccare direttamente Hezbollah, per sostenere Tel Aviv.
“Israele non può ottenere tutto con la guerra, è tempo che facciate la vostra parte e lanciate una rivolta interna per dire basta”, avrebbe detto la diplomatica. L’apertura di un ‘fronte interno‘ vuole essere preludio a un cambio di governo nel paese, da traghettare in un epoca senza Hezbollah e, ovviamente, allineato agli interessi occidentali.
Lisa Johnson avrebbe continuato affermando: “il popolo libanese deve dimostrare la sua volontà di ribellarsi e di sbarazzarsi di Hezbollah, tornando al contesto emerso dopo l’assassinio di Rafik Hariri (ex primo ministro, ndr), soprattutto perché le circostanze regionali, internazionali e sul campo sono a vostro favore”.
Di fronte a queste parole, sembra che anche i politici libanesi siano stati colti alla sprovvista. “Perché sembrate spaventati?”, ha aggiunto, “Hezbollah è stato sconfitto, la sua leadership è stata distrutta, e noi siamo con voi, e l’intero mondo libero è al vostro fianco”. Persino il quotidiano israeliano ha parlato di una “decisione insolita”.
Johnson ha invitato i politici libanesi a sostenere Joseph Aoun, vertice delle forze armate del paese (in foto con l’ambasciatrice di Washington), come nuovo presidente del Libano. Dalle fonti, sembra che abbia persino tracciato la roadmap del cambio di regime.
“[Aoun] nominerà un comandante forte per l’esercito libanese e noi sosterremo l’esercito nel frenare tutti i sostenitori di Hezbollah. Avrete il sostegno degli stati arabi e dell’Occidente. Ma è il momento di agire adesso”. In pratica, è stato un invito alla guerra civile.
La fonte ha infatti confermato che la Johnson sta già incitando organizzazioni civili e i media a creare una frattura tra la comunità sciita e il resto del Libano. Molti sono sfollati in altre zone del paese, dove si stanno alimentando anche le tensioni religiose.
Ma le mire a stelle-e-strisce vanno ben oltre Hezbollah, e raggiungono i suoi alleati a Teheran. “Non vogliamo solo limitare l’influenza di Hezbollah”, avrebbe affermato l'amasciatrice, “ma colpiremo anche le sue linee di sostegno e stiamo lavorando senza sosta per far cadere il regime anche in Iran”.
A questa operazione si accompagnano anche i movimenti degli agenti di Tel Aviv per destabilizzare il Libano dall’interno, e soprattutto la missione a Beirut di Amos Hochstein, lobbista e diplomatico statunitense nato in Israele. Obiettivo: modificare la Risoluzione 1701 dell’ONU.
Approvata nel 2006, Israele è in evidente violazione del testo con l’occupazione Shebaa Farms. Anche agli occhi del diritto internazionale, quindi, la risposta armata agli occupanti risulta quantomeno giustificata e Hezbollah assume perciò anche un ruolo ‘legale‘.
Questo è il quadro dell’offensiva mossa da Washington e da Israele all’interno del Libano, a sostegno dei continui bombardamenti portati avanti dalle forze sioniste e della violazione delle norme internazionali. Ma soprattutto, è un esempio lampante di come ha sempre operato la diplomazia statunitense, in particolare in Medio Oriente.
Se le mosse occidentali andranno a buon fine, ciò significherà lo scoppio di una guerra civile che andrà a colpire innanzitutto la popolazione, gettando il Libano in una situazione ancora più critica di quella attuale. Un copione che abbiamo già visto in Libia, ad esempio, dove infuriano gli scontri tra fazioni da più di dieci anni.
Gli Stati Uniti e i suoi alleati continuano ad accelerare l’escalation globale, e sono sempre più il principale pericolo per la pace.
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