A Gaza ancora si muore mentre la tregua in discussione sembra di nuovo allontanarsi dall’orizzonte.
Sono saliti a 30 i palestinesi uccisi e 50 i feriti dal fuoco israeliano che ha preso di mira giovani uomini vicino a un sito di distribuzione di aiuti americani a ovest di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza.
L’inviato degli Stati Uniti per il Medio Oriente, Steve Witkoff, ha criticato la reazione di Hamas alla sua proposta di cessate il fuoco, definendola “totalmente inaccettabile e che ci porta solo indietro”.
Witkoff ha insistito sul fatto che Hamas dovrebbe accettare il quadro come base per i colloqui di prossimità, che inizieranno la prossima settimana. Ha affermato che questa era l’unica strada per un cessate il fuoco di 60 giorni che consentisse ad alcuni ostaggi di tornare a casa.
Ieri Hamas ha dichiarato di accogliere con favore la proposta di cessate il fuoco di Witkoff, ma chiedendo alcune modifiche sulle tempistiche, lo ha detto sabato a Reuters un alto funzionario del movimento palestinese. Il funzionario di Hamas ha confermato che il gruppo ha risposto “positivamente” all’iniziativa, anche se le discussioni rimangono in corso.
Middle East Eye ha ottenuto l’intera proposta in 13 punti attraverso fonti palestinesi informate del dossier.
Il documento delinea i termini che Hamas ha accettato condizionatamente, incluso un cessate il fuoco di 60 giorni con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump che funge da garante del rispetto da parte di Israele.
Il piano presentato da Hamas prevede che vengano rilasciati dieci ostaggi israeliani vivi e i resti di altri 18 in tre fasi. Per i prigionieri vivi, quattro il primo giorno, due il giorno 30 e quattro il giorno 60. Per quanto riguarda i corpi, sei saranno restituiti il decimo giorno, altri sei il 30° e i restanti sei il 50° giorno. In cambio, le forze israeliane dovrebbero ritirarsi sulle posizioni detenute prima del 2 marzo 2025.
Secondo la fonte palestinese, all’inizio del processo negoziale, Bishara Bahbah, un mediatore palestinese-americano che lavora per l’amministrazione Trump, ha raggiunto un’intesa con Hamas e aveva un accordo in atto, che Witkoff aveva inizialmente firmato.
Tuttavia, dopo aver incontrato il ministro israeliano Ron Dermer e il primo ministro Benjamin Netanyahu, Witkoff ha invertito la rotta e ha ritirato il sostegno all’accordo.
“Bahbah ha negoziato con Hamas, ha raggiunto un accordo con loro e lo ha concordato con Witkoff. Witkoff ha poi incontrato Dermer e Netanyahu ha rifiutato, il che ha portato Witkoff a fare marcia indietro sul suo accordo”, ha detto la fonte palestinese.
Le osservazioni riflettono la crescente sfiducia dei palestinesi nel processo negoziale, con Hamas sempre più scettico sul fatto che l’accordo proposto possa garantire una fine credibile e applicabile della guerra.
Netanyahu ha immediatamente dichiarato che: “Mentre Israele ha accettato lo schema aggiornato di Witkoff per il rilascio dei nostri ostaggi, Hamas continua ad aderire al suo rifiuto. Come ha detto Witkoff, la risposta di Hamas è inaccettabile e fa arretrare la situazione. Israele continuerà la sua azione per la restituzione dei nostri ostaggi e la sconfitta di Hamas”.
Intanto Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei territori palestinesi occupati, ha messo in guardia dall’incolpare solo il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu per la distruzione di Gaza. “Il problema non si risolverà usando lui come capro espiatorio, ignorando il resto”, ha postato Albanese sui social media, sottolineando come le politiche più ampie di Israele – che vanno dall’occupazione e l’annessione all’apartheid e a quelli che lei ha definito atti di genocidio – devono essere affrontate e smantellate.
La lucida valutazione di Francesca Albanese evidenzia le crescenti critiche agli sforzi per ridurre la crisi in corso a Gaza alle azioni di un individuo, senza affrontare la violenza sistemica che ne è la base.
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