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18/09/2013

Strage di Washington, un terrorismo tutto americano

Nuova strage in una città statunitense, ieri mattina. Non in una città qualsiasi, ma nella capitale, ad appena un chilometro dal Campidoglio e addirittura all’interno di un edificio militare, uno dei posti più ‘sicuri’ degli States. Una strage che ha rivelato il nervo scoperto di un paese alleato di Al Qaeda in numerosi teatri di guerra ma che continua a considerare il fondamentalismo islamico come il nemico numero uno, sia nel discorso politico pubblico sia nel subconscio di milioni di cittadini. Che non si rendono conto di avere, come si dice, "il nemico in casa".

Ma stavolta Al Qaeda non c'entra nulla. A sparare all’impazzata all’interno del Navy Yard, un grande edificio della Marina Militare statunitense, non è stato un islamista ceceno o afghano, bensì un terrorista molto americano. Ben 13 i morti rimasti sul terreno, compreso l’attentatore, scuotendo per l’ennesima volta una nazione sempre più intimorita e insicura, e commuovendo un ormai poco credibile Barack Obama, il presidente delle promesse mancate.

Il mostro si chiama Aaron Alexis, definito come un tipo solitario e con un passato violento che gli valse l’espulsione dalla Marina nel 2011. Una vendetta personale quindi, un terrorismo per ‘futili motivi’. Alexis, che aveva 34 anni, era un veterano militare originario del Texas, ed oggi tutti si domandano come da solo sia stato in grado di penetrare i controlli del quartier generale della Marina e di fare strage di 12 persone prima di essere abbattuto. Alcune fonti raccontano che Alexis aveva lavorato come tecnico informatico per l’impresa The Experts, subappaltatrice della Hewlett Packard, e che forse aveva ancora libero accesso al complesso della Marina di Washington e ad altre installazioni militari.

Quando è stato abbattuto dopo un conflitto a fuoco, l'uomo era armato di un fucile semi-automatico AR-15, di un altro fucile e di una pistola semi-automatica Glock.  Il 4 settembre del 2010 fu indagato dalla polizia per aver sparato dal tetto del suo appartamento verso un complesso residenziale perché qualche giorno prima una vicina lo aveva rimproverato perché faceva troppo rumore. La moglie dello sparatore dice che da quel momento è sempre stata terrorizzata dal marito, effettivo della riserva della marina militare a Fort Worth (Texas) tra il 2007 e il 2011, cioè per alcuni mesi ancora dopo aver tentato di ammazzare la vicina. Poi, quell’anno, la Marina decise di espellerlo anche sulla base di varie denunce interne per cattiva condotta e insubordinazione. Ora i media statunitensi, gli stessi che ieri adombravano la responsabilità di Al Qaeda nei fatti di Washington, hanno cominciato a scavare nella biografia dell’attentatore. Ed hanno scoperto che nel maggio del 2004 la polizia di Seattle lo aveva arrestato perché aveva sparato contro i pneumatici dell’auto di un operaio edile che lo aveva fatto arrabbiare.
Ma per salvare la faccia a un paese che non riesce – non vuole – bloccare la vendita libera di armi micidiali e che quindi arma coscientemente killer fuori di testa come Alexis, qualche media statunitense oggi ricorda che il ragazzo disse alla polizia di esser stato presente a New York al tempo dei tragici attentati dell’11 settembre e di essere stato shoccato. L’alibi questa volta suona come “Tutta colpa dei nemici degli Stati Uniti”. Come se non bastasse il padre ha raccontato agli investigatori che Aaron soffriva di Sindrome da Stress Post-traumatico (anche se non era mai stato in nessun teatro di guerra e non aveva mai combattuto) dopo aver partecipato alle operazioni di salvataggio dei superstiti dopo gli attacchi alle Torri Gemelle.
Un vero eroe americano, dunque. Non come il maggiore dell’esercito degli Stati Uniti, Nidal Hasan, appena condannato a morte per aver ucciso 13 persone nel 2009 a Fort Hood, in Texas: in quel caso l’attentatore, anche se indossava l’uniforme a stelle e strisce, aveva origini straniere e avrebbe agito per punire le aggressioni di Washington contro i paesi musulmani.

Il presidente Barack Obama ha qualificato l’attacco di Washington come ‘atto di vigliaccheria’ prima di sapere che l’aggressore era uno dei suoi. Negli Stati Uniti i codardi supremi sono quegli esponenti della classe politica che, agli ordini delle lobby delle armi, continuano a impedire ogni restrizione alla libera vendita di micidiali congegni da guerra in nome della libertà individuale dei cittadini. Peggio delle dichiarazioni di Obama forse c’è quella del sindaco di Washington, Vincent Gray, secondo il quale “non ci sono segnali che indichino che si sia trattato di un atto terroristico”. E già, perché il terrorismo è quello degli altri, per definizione.

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