La soluzione diplomatica alla crisi siriana prosegue. In attesa di
Ginevra II, conferenza dai contorni ancora poco chiari, sono tornati al
lavoro gli ispettori delle Nazioni Unite. Ieri il team di esperti,
tornato in Siria una settimana fa, ha dichiarato di aver compiuto
"progressi incoraggianti" verso la rimozione dell'arsenale chimico
siriano.
"I documenti che ci sono stati consegnati ieri dal governo siriano
sembrano promettenti, ma saranno necessarie altre analisi tecniche e
alcune domande devono ancora trovare risposta". Ma l'Onu è ottimista:
secondo gli esperti entro la prossima settimana potrebbe partire la
prima fase di smantellamento dell'arsenale.
Finora, il regime di Bashar al-Assad fa i compiti a casa: dopo l'accordo
siglato in extremis da Mosca con cui è stato evitato l'intervento
militare statunitense, Damasco ha accettato di smantellare le armi
chimiche in suo possesso, continuando a negare però di averle mai
utilizzate contro la popolazione civile e accusando le opposizioni.
Opposizioni che, sul campo militare e politico, sono sempre più
divise: da una parte i moderati della Coalizione Nazionale Siriana,
dall'altra i gruppi islamisti che negli ultimi giorni hanno dato vita a
due "federazioni", l'Esercito Islamico e l'Alleanza Islamica.
Obiettivo, far cadere Assad e applicare la Shariaa alla nuova Siria. Le
divisioni interne alle opposizioni sicuramente non giovano alla
soluzione diplomatica cercata dalle Nazioni Unite: nessun gruppo finora
ha accettato la partecipazione a Ginevra II, rifiutando di sedersi allo
stesso tavolo con Assad.
Tensioni con la Turchia
Peggiorano ulteriormente le relazioni tra i due ex alleati, Damasco e
Ankara. Oggi in un'intervista in tv, il presidente siriano ha avvisato
la Turchia: "Pagherete il prezzo" per il sostegno riconosciuto ai
ribelli. "Nel prossimo futuro, questi terroristi avranno un impatto
anche in Turchia - ha detto Assad - E allora pagherete il prezzo per il
vostro contributo al loro rafforzamento". Sono sempre più numerosi i
gruppi di ribelli islamisti al confine Nord con la Turchia, dove sono
in grado di compiere attentati di vasta scala e di assumere il controllo
di cittadine e villaggi.
Da due anni e mezzo, il premier Erdogan - mettendo la parola fine a
relazioni diplomatiche ed economiche lunghe decenni con la Siria - ha
optato per la caduta di Assad, sostenendo sul piano logistico e
finanziario i gruppi di opposizione. Obiettivo, assumere il controllo
della regione ed ergersi a nuovo leader del mondo arabo.
Un'operazione fallimentare: gran parte della popolazione turca -
esercito in testa - ha sempre avuto ottimi rapporti (soprattutto
economici) con i vicini siriani e non ha mai compreso la politica di
Erdogan in merito.
Intanto il parlamento turco ha votato ieri a favore dell'estensione di
un altro anno del mandato che autorizza il Paese ad inviare truppe in
Siria se necessario.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento