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06/10/2013

Armi chimiche, Damasco fa i compiti a casa

La soluzione diplomatica alla crisi siriana prosegue. In attesa di Ginevra II, conferenza dai contorni ancora poco chiari, sono tornati al lavoro gli ispettori delle Nazioni Unite. Ieri il team di esperti, tornato in Siria una settimana fa, ha dichiarato di aver compiuto "progressi incoraggianti" verso la rimozione dell'arsenale chimico siriano.

"I documenti che ci sono stati consegnati ieri dal governo siriano sembrano promettenti, ma saranno necessarie altre analisi tecniche e alcune domande devono ancora trovare risposta". Ma l'Onu è ottimista: secondo gli esperti entro la prossima settimana potrebbe partire la prima fase di smantellamento dell'arsenale.

Finora, il regime di Bashar al-Assad fa i compiti a casa: dopo l'accordo siglato in extremis da Mosca con cui è stato evitato l'intervento militare statunitense, Damasco ha accettato di smantellare le armi chimiche in suo possesso, continuando a negare però di averle mai utilizzate contro la popolazione civile e accusando le opposizioni.

Opposizioni che, sul campo militare e politico, sono sempre più divise: da una parte i moderati della Coalizione Nazionale Siriana, dall'altra i gruppi islamisti che negli ultimi giorni hanno dato vita a due "federazioni", l'Esercito Islamico e l'Alleanza Islamica. Obiettivo, far cadere Assad e applicare la Shariaa alla nuova Siria. Le divisioni interne alle opposizioni sicuramente non giovano alla soluzione diplomatica cercata dalle Nazioni Unite: nessun gruppo finora ha accettato la partecipazione a Ginevra II, rifiutando di sedersi allo stesso tavolo con Assad.

Tensioni con la Turchia

Peggiorano ulteriormente le relazioni tra i due ex alleati, Damasco e Ankara. Oggi in un'intervista in tv, il presidente siriano ha avvisato la Turchia: "Pagherete il prezzo" per il sostegno riconosciuto ai ribelli. "Nel prossimo futuro, questi terroristi avranno un impatto anche in Turchia - ha detto Assad - E allora pagherete il prezzo per il vostro contributo al loro rafforzamento". Sono sempre più numerosi i gruppi di ribelli islamisti al confine Nord con la Turchia, dove sono in grado di compiere attentati di vasta scala e di assumere il controllo di cittadine e villaggi.

Da due anni e mezzo, il premier Erdogan - mettendo la parola fine a relazioni diplomatiche ed economiche lunghe decenni con la Siria - ha optato per la caduta di Assad, sostenendo sul piano logistico e finanziario i gruppi di opposizione. Obiettivo, assumere il controllo della regione ed ergersi a nuovo leader del mondo arabo.

Un'operazione fallimentare: gran parte della popolazione turca - esercito in testa - ha sempre avuto ottimi rapporti (soprattutto economici) con i vicini siriani e non ha mai compreso la politica di Erdogan in merito. Intanto il parlamento turco ha votato ieri a favore dell'estensione di un altro anno del mandato che autorizza il Paese ad inviare truppe in Siria se necessario.

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