Saranno oltre trecento i morti in mare vittime del naufragio di questa notte al largo di Lampedusa.
Quello
che è successo è già noto, stamani un barcone in fiamme nei pressi
dell'isola dei conigli, un isolotto a circa 30 metri dalla costa
occidentale di Lampedusa, si è inabissato insieme alle circa 500 persone
che viaggiavano su di esso. Di queste, ad ora, ne sono state tratte in
salvo 151, mentre 94 sono le vittime accertate con una stima dei
dispersi che si aggira intorno ai 250 corpi.
Tanto serve per far
scattare un'immensa litania seguita da tutti i politicanti e personaggi
del potere italiano ed europeo: gente che, a vario titolo, non può che
essere ritenuta responsabile di queste morti insieme alle migliaia
(oltre 20.000 dall'inizio del 2013) di vittime delle politiche di
controllo delle immigrazioni in Europa, dalla legge Bossi-Fini alla
Turco-Napolitano, dai finanziamenti alla Frontex al business dei CIE e
dell'"accoglienza". Gente che, però, non può non rispondere ai richiami
dell'evento mediatico del momento: una tragedia umana di centinaia di
persone strumentalizzata a più voci da tutti i partiti responsabili
della loro sorte, oltre che dagli stessi commissari europei che
continuano a puntare sul rafforzamento dei controlli e l'inasprimento
delle barriere in mare e in terra.
Ma più di tante riflessioni è
forse esplicitante la reazione di uno dei lampedusani intervistati
stamattina circa le visite annunciate da Alfano e Boldrini: "Noi siamo
per portarli prima qua, tra i morti, e poi per mandarli via e ributtarli
a mare. Siamo stanchi delle ipocrisie e le lacrime di coccodrillo delle
istituzioni. Se vogliono veramente fare qualcosa, aprano un corridoio
umanitario dalla Libia, invece di spendere milioni di euro per missioni
di pattugliamento e per Frontex. Soldi che alla fine servono per
raccogliere cadaveri".
Così accade che mentre il Papa urla alla
vergogna tutto il parlamento risponde mostrandosi sensibile alla
tragedia e pronto a cavalcarla, ma accade anche che venga alla luce
quanto le politiche di intimidazione nei confronti dei pescherecci e
delle azioni di salvataggio in mare possano dare risultati orrifici. Una
delle notizie date dai superstiti, e ripetuta stamattina dal sindaco
dell'isola, vuole infatti che ben due pescherecci siano transitati
stamattina nelle vicinanze della barca senza prestare aiuto né lanciare
l'allarme. E mentre Alfano continua a ripetere il mantra di "italiani
brava gente" che impedirebbe una simile lettura delle cose, appare
evidente come episodi quali quelli della nave Pinar nel 2009, esempio
estremo delle tante problematiche fatte vivere dalle autorità a quanti
prestano aiuto in mare, abbiano reso possibile quello che fino a poco
tempo fa sembrava fuori dal mondo: che naviganti lasciassero in balia
del mare persone in difficoltà.
Così i moralisti che hanno progettato
e costruito la Fortezza Europa, silenziosi sulla questione durante il
resto dell'anno e fino alla tragedia di quattro giorni fa a Scicli con
"soli" tredici morti, prendono oggi parola per ribadire il loro punto di
vista e rimarcare le responsabilità dei trafficanti di esseri umani,
puntando ancora una volta a rafforzare le frontiere. Il tutto in un
quadro che vede il lavoro dei migranti, nelle loro diversificate
condizioni legali e nei differenti status di maggiore o minore
ricattabilità, essenziale per il mercato del lavoro nostrano, tanto
quanto il ruolo affidato a chi, sulle intenzioni di viaggio di queste
persone, specula fino a rischiare la morte.
Eccoli dunque i veri
responsabili, i veri trafficanti di morte: stanno nei palazzi diffusi
tra Bruxelles e Roma e nelle istituzioni che dall'Europa arrivano fin
oltre mare sovvenzionando centri di detenzione per migranti in Paesi
terzi di transito verso l'Europa e finanziando operazioni securitarie
quali Frontex e affini. Il tutto per inseguire il sogno di un'Europa al
sicuro dall'invasione dei barbari, ma piena di manodopera a buon
mercato, purché, nel momento della tragedia, si pianga tutti insieme con
le mani giunte.
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