di Fabrizio Casari
Alla fine, come pronosticato anche qui, Federica Mogherini, Ministro
degli Esteri italiano, è stata eletta alla carica di Lady Pesc, ovvero
Alto Rappresentante Europeo per la politica estera e di sicurezza. E’
certamente una vittoria politica di Matteo Renzi, che della nomina della
Mogherini in Europa ne ha fatto una questione cruciale, quasi una
ossessione. Berlino, Parigi e Londra non hanno avuto particolari
difficoltà ad accettare il capriccio di Renzi, dal momento che non sarà
certo la politica estera il terreno principale delle contraddizioni
interne alla UE. In cambio, ottenere l’inutile nomina a Mr Pesc ne impedisce altre di maggior peso politico.
Per questo, nonostante
le opposizioni dei paesi dell’Est Europa, ampio era il consenso dei
paesi decisivi e lo stesso accordo tra socialisti e democristiani a
livello europeo, che aveva prodotto la nomina di Junker a Commissario
Europeo con il voto decisivo del PSE, (con il PD italiano in prima fila)
comportava per riequilibrio sia la vicepresidenza del Consiglio
d’Europa che l'Alto Rappresentante agli esteri e alla sicurezza a forze e
paesi diversi.
La nomina della Mogherini era scontata proprio dopo l’avvenuta nomina
di Junker e l’opposizione degli ex appartenenti al blocco socialista
dell’Est non avrebbe potuto impedire l’arrivo della signora romana a
Bruxelles. Ungheria, Bulgaria, Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania,
Croazia, Romania, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia, pur
costituendo un blocco numeroso sono però paesi dal peso politico ridotto
a livello europeo. Vedono comunque bilanciare la sconfitta patita su
Lady Pesc con la nomina di Donald Tusk, ex premier polacco, a
Vicepresidente permanente del Consiglio d’Europa.
Peraltro,
l’opposizione di Praga, Varsavia, Budapest e soci poggiava su un
elemento discutibile, cioè la presunta “morbidezza” della Mogherini nei
confronti di Mosca. Ma si tratta di furore ideologico allo stato puro,
dal momento che Mogherini, come del resto i governi determinanti
europei, non sono inclini a verbosità guerriere contro Mosca. A Varsavia
o a Praga, tutto meno che icone di democrazia, in linea con il
cioccolataio di Kiev si chiede l’apertura di una guerra con la Russia di
Putin, salvo poi, a giorni alterni, chiedere armi e soldi a Europa e
Usa. Un “armiamoci e partite” quindi, che non viene accreditato di
particolare considerazione a Bruxelles.
Anche perché,
differentemente dai parìa dell’Est, proprio a Bruxelles (vista come sede
Ue e Nato) sanno perfettamente la differenza che corre tra una
diplomazia attenta all’interlocuzione e un comizio; e dal momento che
sono Berlino, Parigi, Londra, Roma e Madrid a sostenere lo scontro
politico, diplomatico e commerciale con Mosca, ritengono di dover
affrontare i nodi delicati della partita con la Russia con la precisa
consapevolezza di doversi poi assumere le conseguenze del loro agire
politico.
Ciò detto, rimane da decifrare politicamente la ragione dell’impegno
spasmodico di Renzi per occupare la casella di Lady Pesc, a parte
l’evidenza della volontà del premier italiano di ottenere un successo
personale, aspetto del resto presente in tutta l’attività dell’uomo con
il gelato. Intendiamoci: la nomina a Lady Pesc di una politica italiana
non rappresenta un danno per il Paese, ci mancherebbe altro.
Semplicemente, Lady Pesc - come ha dimostrato la Signora Ashton - è
un ruolo puramente figurativo, privo di qualunque decisionalità
politica, dal momento che Bruxelles non ha una linea politica
continentale nelle relazioni internazionali; sostiene posizioni comuni
solo su questioni di relativa importanza, mentre i dossier decisivi per
gli equilibri internazionali ciascun paese membro della UE li affronta
per proprio conto e d’accordo con Washington.
E,
proprio in relazione a quest'ultimo aspetto, va sottolineato come la
vicinanza di Renzi a Obama abbia visto Washington dare il suo
gradimento alla nomina di Federica Mogherini, ed è ovvio quanto noto
che il sostegno statunitense sulla nomina di un ministro degli Esteri e
della Sicurezza europea pesa come un macigno sulla scelta.
Per
quanto riguarda le ricadute italiane della nomina di Federica Mogherini,
si tratterà di vedere se Renzi riterrà di nominare solo una nuova
titolare della Farnesina oppure se verrò colta l’occasione per un
mini-rimpasto di governo. Nelle scorse settimane erano girate voci
insistenti sullo spostamento di Alfano al posto della Mogherini, ma i
deboli di stomaco hanno espresso diverse riserve.
Se infatti l’uscita di Alfano dal Viminale rappresenterebbe comunque
una buona notizia per l’Italia, le recentissime polemiche su Frontex e
sulla missione Mare Nostrum che il ministro dell’Interno ha scatenato
contro l’Europa potrebbero costituire un’ulteriore difficoltà per lo
spostamento di Alfano alla Farnesina. Voci maliziose sostengono che le
polemiche sarebbero nate proprio in seguito alla consapevolezza di uno
scarsissimo entusiasmo dei partner europei all’arrivo alla Farnesina di
un uomo considerato non certo dotato di genialità politica.
Contemporaneamente,
altri appetiti si scatenano. Casini, infatti, si danna quotidianamente per autocandidarsi a nuovo
ministro degli Esteri e, benché il mantenimento in vita del governo è
garantito dall’alleanza tra PD e Forza Italia, con il NDC e gli ex di
SEL nel ruolo di attori non protagonisti, Renzi potrebbe ritenere utile
blindare anche i voti della pattuglia di Cesa e Casini.
In attesa
della consumazione del rito tutto democristiano del rimpasto, resta
solo l’evidenza di come Renzi, mentre l’economia attraversa una fase
drammatica e la disoccupazione registra la percentuale più alta della
storia italiana dagli anni ’60 ad oggi, si sia impegnato allo spasimo
per la controriforma istituzionale e la nomina di Federica Mogherini. La
prima dannosa per l’Italia, la seconda inutile per l’Europa.
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