27/08/2014
Addio Libia: tornano Cirenaica e Tripolitania
Due Parlamenti, due governi e tante bande armate ed eserciti che vanno e vengono bombardando coi loro caccia. Aerei arabi questa volta, a colpire Tripoli. Emirati, Egitto e Arabia Saudita si oppongono alle milizie libiche sostenute dalla Fratellanza musulmana e dal Qatar. Gli Usa silenti guardano.
Esiste ancora la Libia? Due Parlamenti, quello neo eletto insediato a Bengasi, e quello vecchio che resiste a Tripoli, due governi che governano soltanto e male il cortile di casa, e tante bande armate ed eserciti che vanno e vengono bombardando coi loro caccia. Aerei arabi questa volta, a colpire Tripoli. Emirati, Egitto e Arabia Saudita hanno deciso di intervenire direttamente per opporsi alle milizie libiche sostenute dalla Fratellanza musulmana e dal Qatar. Gli Usa, ufficialmente non informati, guardano. Washington, alle prese con la Siria e l’Iraq, ha preferito quindi lasciar fare.
Dunque il mistero è sciolto. Forse. Sono/sarebbero stati caccia degli Emirati Arabi Uniti decollati da basi in Egitto, a bombardare le milizie islamiste libiche nella zona di Tripoli. A rivelarlo è il New York Times grazie a buone fonti americane. I due paesi avrebbero lanciato i raid senza informare gli Usa, cosa che appare abbastanza improbabile. Gli Emirati hanno fornito piloti, caccia e un velivolo per il rifornimento in volo. Gli egiziani hanno offerto un paio di basi, non lontane dal confine libico. Le missioni hanno colpito chi tentava d'impadronirsi dell’aeroporto internazionale di Tripoli.
Blitz aereo inutile con i miliziani che hanno conquistato lo scalo distruggendolo. Ma cosa significa quell’intervento armato? Gli Emirati, con Egitto e Arabia Saudita, si oppongono alle milizie libiche sponsorizzate dalla Fratellanza musulmana e dal Qatar. Uno scontro regionale che concentra tutte le tensioni dirette o indirette tra i diversi paesi. Guido Olimpio sul Corriere della Sera non esclude la creazione di una ‘forza di stabilizzazione’ ‘su Tripoli. Una situazione delicata. Il Cairo smentisce le rivelazioni del New York Times ma «si sente in dovere di agire in Libia per la propria sicurezza».
Libia che rischia di trasformarsi nel santuario di formazioni estremiste che hanno diramazioni in Tunisia, nel Sahel e che potrebbe fare da sponda ai piani dell’Isis. Intanto dalla Cirenaica Ansar al-Sharia invita i mujahidin libici a unirsi contro le forze occidentali, dopo che le milizie di Misurata hanno annunciato il ripristino del vecchio parlamento, sostituito a fine giugno dalla nuova Camera dei Rappresentanti. Scontro insanabile concentrato fra Tripoli e Bengasi che appare oggi il vero preludio di un’implosione a cui da tempo sembra essere condannata la Libia del dopo Gheddafi.
Il parlamento libico, eletto a fine giugno, la ‘Camera dei Rappresentanti’, a differenza del precedente Congresso Generale Nazionale ha una maggioranza di deputati di formazioni laiche o nazionaliste. La presa di posizione contro le milizie filo-islamiche che hanno preso il sopravvento a Bengasi e che adesso minacciano anche Tripoli, è dunque formalmente maggioritaria. Ma le milizie islamiche hanno dato vita a un ‘golpe bianco’, recuperando lo scaduto Congresso Generale Nazionale. Spinte separatiste della Cirenaica che da un anno vogliono un organo legislativo indipendente da Tripoli.
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