Una forza militare che sembra incontenibile, dall’Iraq alla Siria. Ovest, Rutba e Trebli, confine con Giordania e Siria. Centro Ovest, regione di Al Anbar per proseguire in Siria. Est, un ramo verso Tikrit, nel Nord a Mosul, e l’altro fino a Kirkuk. E tutta la zona del confine turco verso Aleppo.
Il Califfato segreto, le sue forze e le sue debolezze
Potenza militare. Le aree conquistate in meno di un anno dall’Islamic State, dall’Iraq alla Siria, almeno per ora.
Nell’Ovest, con epicentro a Rutba e diramazioni a Trebli, al confine con la Giordania, e a Waleed, al confine con la Siria.
Centro Ovest, con l’intera regione di Al Anbar e il controllo delle città di Dora, 120 km da Baghdad, Fallujia, Ramadi, Ana, Qaim, per proseguire in Siria verso le città di Al Omar, Tanak, Deir al-Zour e Raqqa e tutta la zona del confine turco fino a 70 km da Aleppo.
Est, la terza direttrice di attacco che parte da Dora, circonda a distanza di 150 km la capitale e si divide in due rami: uno verso Tikrit e Bajil, procedendo nel Nord a Mosul, Mount Siniar e De Kark sul confine siriano, l’altro verso il Nord Est iracheno fino a Kirkuk.
Nascita e gerarchia del Califfato. Al momento solo per la cronaca lasciando da parte la storia. La formazione jiadista Isis si elegge a Califfato a giugno 2014. Califfo autoproclamato, Ibrahim Awad Ibrahim al-Badri, alias Abu Bakr al Baghdadi e si proclama Islamic State, IS.
C’è il Califfo, e sotto di lui una strutturata a piramide.
Dal Califfo dipendono il Consiglio della Sharia, che vigila sull’applicazione del Corano ed è guidato da Abu Baker, Osman al Nazeh al-Asiri e Turki al- Ben Alì.
La Shura, simile a un Governo, gestisce l’amministrazione attraverso Ministri fra i quali Abu Suleiman al-Naser, per la guerra, Hazem Abudul Razzaq al-Zawi, per l’Interno, e Abu Safwan Rifai, per la sicurezza.
Il Consiglio Militare, guidato da Abu Ayman al-Iraqi e Abu Ahman al-Alwani.
Il Capo militare, Omar al-Shishani, responsabile del Nord della Siria, e il Comandante Regionale, Abu Wahib, per la regione di Al-Anbar.
Un apparato mediatico composto da: portavoce, Abu Mohamed al-Adani; predicatore, Abdullah al-Janabi; settore per media e internet, con squadre di specialisti.
Perché le vittorie militari. Elementi combinati a favorire le vittorie sul terreno.
Primo elemento, i generosi aiuti in armamento, logistica e finanziamenti dai Paesi del Golfo, ostili agli sciiti che hanno conquistato il potere in Iraq rafforzando Iran, Siria ed Hezb’ Allah.
Secondo, la debolezza dai Paesi avversari, Siria e Iraq, il primo stremato da oltre 3 anni di guerra civile con quasi 200 mila morti e 9 milioni tra rifugiati all’estero e sfollati, e il secondo distrutto dalle tre guerre contro Iran, Kuwait e USA.
Terzo elemento, le forze dei circa 15 mila combattenti, con armamento pesante, sottratto durante le battaglie contro gli Eserciti governativi di Siria e Iraq.
Anche se alcuni segnali in direzione opposta sembrano indicare una caduta di favore e sostegno popolare inizialmente conquistato da IS.
Primi segni di dissenso. All’autorevolezza, sembrerebbe essere subentrato l’autoritarismo con il corollario di emarginazioni, punizioni pubbliche e pratiche difficilmente riconducibili alla religione anche nei confronti della popolazione non combattente.
L’appello per l’unità della “umma”- l’insieme dei musulmani - e l’invito all’obbedienza al Califfo per ricostruire quanto aveva realizzato il Profeta sono contraddetti dall’emarginazione inflitta da IS ai gruppi confluiti nel movimento.
Che succede?
I fedelissimi di Saddam. IS deve molte sue vittorie - soprattutto quella di Mosul - all’appoggio militare e logistico ricevuto dall’Ordine Naqshabandi guidato da Ibrahim al-Douri, già vice Presidente con Saddam Hussein e suo fedele amico dall’infanzia, baathista nazionalista, eccellente stratega e combattente, attivo dal 2003 a Diyala, Salah ed-Din e Ninawa, e da sempre acerrimo nemico di curdi e sciiti.
Al-Douri è tuttora con Baghdadi ma non ne riceve ordini anche perché gode di grande carisma in seno a sunniti, baathisti e Naqshabandia, questa religione sincretica che coniuga sufismo e Corano con grande pragmatismo finalizzando ogni scelta a un ritorno positivo.
L’anatema saudita? Verso la fine agosto, il Muftì del regno saudita, Abd al-Aziz al-Sheikh, definisce l’estremismo e il terrorismo di IS e Al Qaeda “il nemico numero uno dell’Islam” per cui quelle formazioni non possono essere considerate interne all’Islam.
Poco prima il Consiglio dei Ministri sauditi aveva auspicato l’imposizione di sanzioni internazionali a IS e al Fronte al-Nusra, che opera come braccio amato di Al Qaeda in Siria.
Nel documento si ricorda che diversi cittadini dei Paesi del Golfo sono stati inseriti nella lista nera dei finanziatori del terrorismo da parte del Consiglio di Sicurezza ONU e che un ‘regio decreto’ prevede condanne fino a 20 anni di carcere per chiunque prenda parte ad azioni violente anche fuori dal territorio nazionale o appartenga a movimenti estremisti.
Rientra in questa nuova posizione saudita la donazione di 100 milioni di dollari al Centro Antiterrorismo delle Nazioni Unite.
Segni dell’evidente preoccupazione che IS e formazioni analoghe possano sconfinare nel Regno.
Al Quaeda e frammenti. Per le altre organizzazioni combattenti, è nota la distanza di Al-Nusra da IS e gli scontri seguiti all’intervento del leader di Al Qaeda, Ayman al Zawahiri che espulse Baghdadi alla fine del 2013.
La posizione dei principali altri gruppi.
Ansar al-Islam, di matrice salafita, attivo dal 2001 nel Kurdistan Iracheno, ha avuto rapporti con i qaedisti dell’Islamic State of Iraq, poi con ISIS. Ma dall’arrivo di Baghdadi nel 2010 si limita ad azioni di supporto al Nord.
Il Consiglio Generale Militare dei Rivoluzionari formato all’inizio del 2014 da milizie tribali sunnite e militari a tutela della popolazione sunnita ad Al Anbar, Diyala, salah ed-Din, Mosul, Baghdad e Abu Ghraib, non avrebbe rapporti con IS.
L’Esercito dei Mujahideen, formato da sunniti, ha operato con analoghe formazioni armate ma mai con Al Qaeda e non avrebbe contatti con IS.
L’Esercito Islamico, formato all’inizio della guerra del 2003 da ufficiali baathisti, presente nella capitale e ad Al Anbar, privilegia la lotta agli sciiti e ha l’obiettivo di formare uno Stato confederale. Non ha contatti con IS.
Fra le organizzazioni di matrice qaedista che hanno aderito a IS, nel 2012 Boko Haram nigeriano, e nel luglio di quest’anno AQAP, yemenita.
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